LIVELO 7: LA TORRE (parte 1)

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L'uomo (perché, guardandolo da più vicino, l'essere con il mantello aveva fattezze decisamente umane) aveva osservato Frank saltare senza dire una parola o avere reazioni eccessive. Semplicemente, lo aveva lasciato fare, tranquillo come un fratello maggiore che osserva il suo fratellino giocare con i suoi soliti compagni. Aveva solo accennato un'espressione di stupore quando lo aveva visto simulare quel gioco per bambini, ma per il resto i suoi occhi chiari non erano sembrati indagatori o glaciali come al solito. Scrutandolo meglio, Frank poté notare quanto l'azzurro delle sue iridi fosse cambiato. Non era più quello quasi bianco del ghiaccio infernale dove sono immersi i traditori. Era più il celeste di un cielo limpido e sgombro dove un gabbiano vola placido accanto ad alcuni aquiloni.

Il suo mantello era più curato, senza abrasioni, di un nero più lucido ed elegante. Il cappuccio era leggermente spostato all'indietro, rendendo l'ombra meno pesante e permettendo a Frank di scorgere i tratti delicati che prima non aveva notato. Aveva appoggiato una mano curata alla cintura color latte fresco, circondandola con quelle dita non più curve e macchiate, ma lunghe e affusolate da far invidia ad un pianista.

Al ragazzo parve di udire un "grazie" bisbigliato timoroso con il tono di chi confida un gran segreto. Poi pensò di essersi sbagliato, perché quella voce così vellutata non aveva nulla a che fare con quella profonda e oscura dell'uomo. Poi ragionò che dopo quel cambiamento fisico anche la voce dell'uomo poteva essere diversa; aprì dunque la bocca per chiedergli quello e altre mille domande che gli frullavano in testa, ma l'uomo si girò con l'atteggiamento di una diva che non vuole rispondere alle domande dei paparazzi. Frank alzò lo sguardo per vedere dove fosse indirizzato quello dell'uomo, ed il suono della domanda che voleva fare gli morì in gola.

Il ragazzo non poteva credere di non aver notato tanta bellezza che si erigeva proprio davanti ai suoi occhi, nascendo dal terreno dove lui era atterrato dopo il salto.

L'aspetto di ciò che vide era superbo come una guardia reale: piante di ogni sfumatura di verde immaginabile si innalzavano ordinate, in fila con certe distanze che seguivano le proporzioni auree. Erano tempestate di fiori che si sviluppavano in ogni direzione, emanando profumi delicati e piacevoli. Frank si beò di essi, mentre muoveva un passo in avanti per ammirare tanta magnificenza con nei minuziosi dettagli. In particolare, in tutto quell'immenso giardino lo aveva incuriosito una pianta dalle foglie grandi color smeraldo, che luccicavano come i suoi fiori i quali, da lontano, sembravano blu.

Frank appoggiò una mano sulla corteccia di un ramo. In quel preciso momento il ragazzo avvertì una scossa di energia potente come una frustata ma indolore, che gli fece spalancare gli occhi e inarcare la schiena.

Un attimo dopo, vide il fiore che aveva adocchiato vicinissimo, pur mantenendosi vicino all'uomo. Sembrava avesse impugnato uno dei migliori cannocchiali per la quantità di dettagli che riusciva a percepire. Poteva innanzitutto contare i suoi petali, cinque in tutto, di un blu così intenso da farli assomigliare ad un pezzetto di cielo notturno. In aggiunta, a contribuire con questa somiglianza c'erano tredici puntini dorati che illuminavano il perimetro ed il centro del petalo. Ulteriori punti luce erano aggiunti dal giallo degli stami e antere del fiore, che emanava un delicato aroma di lavanda, agrumi come arancia e limone e molti altri che Frank non riuscì a decifrare, ma avrebbe descritto come "profumo di notti estive".

Spostò lo sguardo di pochi centimetri, ed ecco le venature sporgenti di una foglia, accompagnata da molte altre sue sorelle che danzavano con il vento attaccate ad un lungo ed attorcigliato rampicante. Frank lo seguì con lo sguardo, non potendo fare a meno di notare la corteccia dell'albero a cui il rampicante si appoggiava che svettava toccando il cielo. Percepiva l'odore selvaggio degli animali che erano passati di lì, graffiando il tronco con le loro unghie.

Di novo spostò lo sguardo, ammaliato, inquadrando una parete di minuscoli fiori da otto petali ognuno, ben aperti a mostrare il loro colore pastello. Frank, con la giusta attenzione, avrebbe potuto metterli a fuoco ancora meglio, esaminandoli molecola per molecola, ma si accontentò di contare i fiorellini del capolino. 233 in tutto. Questi odoravano di frutta, acqua salata, terra umida e sole che filtra timido ma caldo tra le foglie.

Ovunque guardasse e qualsiasi odore sentisse era accompagnato da un gradevole aroma di vaniglia, che si propagava come proveniente da un potente diffusore. Ma mai eccessivo.

Tutto in quel giardino risultava imponente, ma mai eccessivo. Era il giusto per accogliere un re come si deve, senza però esagerare con il lusso o la sfarzosità.

 Frank tolse la mano dal ramo e i suoi sensi  tornarono normali, stordendolo un po'. Poi, l'uomo indicò con lo sguardo ciò che occupava lo spazio centrale del giardino: una torre che sfidava la gravità, perdendosi tra le nuvole. Frank si sentì come una coccinella davanti ad un baobab. Minuscolo.

La torre era costruita in marmo, un marmo bianco completamente diverso da quello del vuoto. Era un bianco soffice di nuvole a ciel sereno, il bianco delle stelle, della purezza e del candore. Rifiniture dorate lo impreziosivano, correndo una dietro l'altra a formare un luminoso disegno astratto. Una scala a chiocciola dei medesimi colori circondava la torre, percorrendola in tutta la sua lunghezza.

L'uomo fece ondeggiare il mantello, avviandosi verso il primo gradino. Frank lo imitò, seguendolo per l'ultima volta. Poggiò le dita sul corrimano dorato, non facendo caso a quanto quella torre richiamasse le pareti del labirinto.


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