undici

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«finalmente, mi sei mancato!» la sua voce era squillante come la ricordavo, mentre entrava in stanza.

prese posto sul letto e portò una gamba sopra l'altra. l'aderente gonna rossa le scivolò lungo le cosce snelle e allungate, mostrando porzioni di pelle ben visibili.

portò una mano ben curata sul materasso e la battè diverse volte per farmi cenno di sedermi al suo fianco.

non l'ascoltai. rimasi ritto sulla schiena, poggiato contro la porta del bagno. non faceva altro che scrutarmi, con un sorrisetto fastidioso imperlato sulle labbra tinte dello stesso rosso dell'abito.

la osservai, poi portai lo sguardo altrove. sentivo una stretta dolorante allo stomaco per come avessi lasciato yoongi.

socchiudendo gli occhi, potevo ancora ricordare il suo sguardo vitreo e per nulla luminoso. al contrario era spento, stanco, svanito quasi del tutto. e la sola idea che fossi stato io la causa del suo malessere, mi faceva star ancora peggio.

portai una mano alla camicia che indossavo e quando la sollevai, sentí il suo profumo invadermi le narici. l'avevo ancora impresso addosso e sorrisi leggermente.

«vorrei che parlassimo di quanto accaduto.» chaeyoung parlò, ancora quell'orribile sorriso.

annuí soltanto in risposta e lei continuò. «in questo periodo ho molto da fare a lavoro e ti sentivo distante taehyung. mi dispiace averti mollato, ho fatto un grande errore.»

scossi il capo e lo abbassai, facendomi scappare una risata gutturale. non riuscivo a credere alle mie orecchie. mi aveva lasciato con uno stupido messaggio ed aveva anche il coraggio di dirmi che fosse a causa del lavoro?

«è assurdo.» mormorai a voce bassa e la sentí chiedermi di cosa stessi parlando. «di questo, cazzo. è assurdo!»

gettai le mani in aria, incredulo. lei si alzò e provò a portare le braccia attorno alle mie spalle in un abbraccio, ma la strattonai. non avevo voglia che mi toccasse ancora.

«questa è la tua scusa?» domandai e quel sorriso era svanito per dar spazio ad una smorfia.

«se non vuoi credermi fai pure.» sbuffò, tornando sul materasso. rimase li, con gli occhi fissi sui miei e le braccia al petto. come fosse una bambina.

«jimin mi ha detto di averti vista con un'altro.» gettai in fretta, incapace di tenermelo ancora dentro.

«non è come credi..» sollevò le mani in aria in segno di scuse ma continuai a scuotere la testa come un forsennato.

non avrei lasciato che mi ingannasse ancora e che mi usasse a suo piacimento.

chaeyoung parlò velocemente, gesticolava con le dita e il suo viso si era arrossato dalla rabbia. d'altra parte non stavo neanche ascoltando cosa avesse da dirmi, con lo sguardo continuavo ad osservare fuori la finestra, sperando in un suo ritorno.

lo immaginavo lí, davanti la porta d'ingresso con le sue labbra fine e rosee aperte in un sorriso. le braccia aperte e la sua voce che mi sussurrava che mi avrebbe perdonato il gesto impulsivo.

sapevo cosa volevo.

«esci dalla mia stanza.» dissi e finalmente si zittí, guardandomi. potei notare i suoi occhi inumidirsi ma non me ne importò. era il suo momento di star male.

«ho altro a cui pensare.» presi la sua borsa e le aprí la porta, facendole cenno di uscire.

cercò di supplicarmi e di aggrapparsi con le unghie al mio braccio ma imperterrito e con una calma infondata, continuavo ad indicarle la porta.

«torna a seoul e non pensarmi più.» fu l'ultima cosa che aggiunsi.

andò via e sentí subito il cuore alleggerirsi. eppure, quel macigno era ancora li, che mi ricordava quanto fossi stato egoista.

presi il cellulare e corsi fuori dalla camera. l'avrei cercato ovunque.

till death | taegi ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora