diciassette

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«non ci credo che sarà l'ultimo giorno.» namjoon sollevò lo sguardo nostalgico sulle attrazioni oramai spente, il villaggio contava appena una famiglia e regnava la quiete più assoluta.

i suoi occhi poi si spostarono sui miei, fissi sullo schermo del cellulare. avevo ricontrollato decine di volte eppure il suo nome non apparve mai.

erano passati sessantasette giorni dall'ultima volta che avevo sentito la sua voce. la prima settimana pensai che avesse dimenticato di scrivermi e che sarebbe apparsa una sua notifica da un momento all'altro. la seconda settimana pensai che avesse da sistemare le sue cose a seoul e che fosse talmente impegnato con il fratello, da non avere un attimo libero.

la terza settimana provai a scrivergli, ma cancellai dopo la sgridata di namjoon: secondo lui dovevo soltanto stare sereno ad aspettarlo.
alla quarta ho smesso di sperare e alla quinta mi sono convinto che non avesse nessun impegno che glielo impedisse.

«amico, ehi.» mi strinse la spalla e mi ritrassi al tocco. non sopportavo più che qualcuno mi sfiorasse o mi parlasse vicino all'orecchio.

eppure a volte mi ritrovai a pensare che se fosse tornato da me e l'avesse fatto lui, sarei crollato dalle sue braccia. mi resi conto troppo tardi difatti di dipendere da lui: dalle sue gesta, dal suo timbro calmo e profondo, dalle sue labbra sul mio corpo e dalla sua risata acuta.

«vedrai che ti scriverà.» fece una pausa mentre pensava a cosa dire. «alla fine è terminata oggi la sessione estiva, no? probabilmente è stato soltanto molto occupato e adesso che il villaggio chiuderà potrete tornare a vedervi e anc-»

«ho fame.» lo interruppi, non volendo ascoltare dell'altro.

annuì ed aspettammo che il posto si svuotasse del tutto per poter richiudere i cancelli principali. gettai un'ultima occhiata al suo interno e voltai le spalle, dirigendomi verso la strada più vicina.

ci fermammo al primo ristorante che incontrammo, in realtà sentivo di non riuscire ad ingerire nulla che non fosse liquido. evitai di dirgli che non toccavo cibo da poco più di tre giorni e finsi di masticarne un pò e buttarlo giù. sentì un conato salirmi in gola e allontanai il piatto, attirando la sua attenzione.

«yoongi.» sapevo che fosse arrabbiato e non ebbi il coraggio di guardarlo, continuai solo a fissare il piatto ancora pieno. «devi mangiare qualcosa.»

si sporse in avanti e cercò di sfiorarmi la fronte come a voler sentire la mia temperatura, ma strisciai di scatto la sedia indietro producendo un rumore fastidioso. mi alzai e feci un leggero inchino in segno di scuse, poi andai via.

avrei voluto colpirmi da solo, prendermi a pugni il viso sino ad essere irriconoscibile. mi sentì così stupido nell'aver creduto alle sue parole e così stupido, nell'essermi ridotto a causa sua in quel modo.

mi sedetti sul marciapiede con un sospiro e fissai la strada davanti. pullulava di macchine in coda e strilli continui. sentì la testa esplodermi e portai le mani sul capo, abbassandolo tra le ginocchia.

non seppi neanche dire quanto tempo rimasi in quella posizione. probabilmente finchè non sentì i muscoli cedermi dalla scomodità.

quando risollevai lo sguardo qualcosa attirò però la mia attenzione. mi alzai e recuperai un volantino appeso al muro. il contenuto diceva poche semplici righe, cercavano del personale in un'agenzia di fotografia a pochi passi dal centro di busan. colsi l'occasione e ripiegai il volantino mettendolo in tasca.

till death | taegi ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora