ventitre

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mi appoggiai al muro ed estrassi una sigaretta, portandola alle labbra. poco m'importò che si sentisse la puzza fin dentro l'edificio, avevo i nervi tesi e la condizione di taehyung non faceva altro che peggiorare le cose.

era poco distante da me, le cosce ancora nude coperte dal leggero strato dell'intimo. aveva indossato la camicia, stracciata e notai che il primo bottone era saltato via per l'impatto con il pavimento.

lo sguardo era basso ed impegnato sulle proprie dita, con cui continuava a giocare distrattamente.

«ne vuoi una?» scosse soltanto il capo e sembrava che qualsiasi cosa fosse più importante del guardarmi.

ma avevo bisogno di leggere i suoi occhi per capire cosa gli passasse per la testa.

gettai fuori la nicotina e feci un passo in avanti. mi liberai in fretta della sigaretta, per nulla interessato al momento. piuttosto presi il suo viso tra le mani e lasciai che mi fissasse.

non disse nulla, semplicemente si sporse in avanti a baciarmi le labbra. un tocco leggero rispetto al precedente, quasi soltanto una pressione. si allontanò dal mio viso con un sorriso appena accennato e recuperò i pantaloni che indossò in fretta.

diede una sistemata alle ciocche arruffate sulla fronte e prima di sparire dietro la porta si voltò a guardarmi.

«pranziamo assieme.» non aggiunse nient'altro e andò via.


più tardi lo raggiunsi al piccolo ristorante fuori sede, soltanto a qualche metro di distanza dall'edificio principale. poche persone erano lì, sedute sui tavoli rotondi a gustarsi il proprio cibo. lo cercai con lo sguardo e sospirai di sollievo nel notare che nessun presente fosse un dipendente dell'agenzia.

potevamo parlare sereni e questo mi sollevò molto.

aveva già ordinato una tazza di caffè e la stava sorseggiando lentamente. quando mi vide mi sorrise e mi fece segno di prendere posto al suo fianco. mi sedetti e presi una ciotola di riso. nell'attesa che arrivasse allungai una mano sopra il tavolo e afferrai la sua, che strinsi cauto. taehyung si mosse a disagio sulla sedia e gettò un veloce sguardo tutt'attorno, poi la rimosse.

sospirai ed il petto riprese a far male. parve accorgersi del mio malessere e provò a rimediare con un debole sorriso.

scossi il capo e smisi di guardarlo. la ciotola calda arrivò in poco tempo e presi a mangiare. nessuno riusciva a prendere parola per primo e sperai che lo facesse lui. gustai il cibo in silenzio e taehyung sembrò ascoltare i miei pensieri perchè parlò a bassa voce.

«non toccarmi in pubblico.» improvvisamente pensai che una lama trafitta nel petto potesse fare meno male di quella frase. «non posso farlo, per favore.» cercò di spiegare ma lo zittì prima ancora che continuasse.

mi alzai e lasciai il posto, estrassi una banconota e la sbattei sul tavolo. non riuscì ad andare via perchè taehyung mi afferrò il polso e quando mi voltai a guardarlo era supplicante.

«ti prego rimani.» lo strattonai ma lui insistette. «non volevi sapere cosa è successo in questi mesi? te ne parlerò, ma ti prego resta.»

mi convinse all'istante.

ripresi posto e cominciò a gesticolare per aria. trasse un profondo respiro e sussurrò piano.

«minjun ha parlato del villaggio a mio padre. di quello che è successo tra noi.» spiegò e strinsi i pugni sulle cosce, immaginavo già cosa stesse per dire. «la sola idea che fossi stato con un ragazzo lo ha mandato in bestia. hyung, non ho avuto scelta.» lo guardai mentre parlava e potei notare come risultasse sincero in tutto ciò che dicesse.

«ha sempre voluto che sposassi una donna e che prendessi la sua agenzia tra le mani, con una famiglia alle spalle ad attendermi.»

fece una pausa bevendo un sorso di caffè. «sono costretto a stare al suo fianco. i suoi genitori hanno già prestabilito la data.» sperai non continuasse ma lo fece comunque. «dovrò sposarla.»

mi sentì svuotare da ogni possibile emozione umana. improvvisamente percepì una lacrima scorrermi sulla guancia e non riuscì a controllarla. in realtà, non riuscì a gestire nulla. non seppi neanche capire quando avessi cominciato a star male, semplicemente mi ero portato una mano sul viso e avevo cercato di spazzare via quell'espressione turbata e intrinseca di dolore. gli avevo sorriso e avevo afferrato la sua mano.

stavolta non la tirò via, la lasciò lì senza afferrare la mia. e quello fece ancora più male. «non puoi lasciare che accada..» probabilmente balbettai ma non me ne importò.

«mi dispiace..» baciò le mie nocche e si alzò, pagò il conto e andò via.

till death | taegi ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora