Deporre Le Armi

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Nella mia mente non stavo andando in ufficio a lavorare tra le scartoffie del caso Morandi/Bassi. Stavo andando in ufficio per prendermi quello che avevo bramato da mesi e, che finalmente, avevo deciso di concedermi: stringere tra le mie mani il corpo vellutato di Cristina.

Quella forte attrazione fisica, che da subito aveva investito ogni fibra del mio essere, era giunta ad un punto di non ritorno.

Si parla molto spesso di attrazione fisica e di desiderio sessuale. Quella misteriosa forza che ti prende il cervello e ti fa compiere le più pericolose pazzie. Tanto è vero che, gli antichi greci, esperti in materia, erano convinti che l'attrazione fisica fosse un'arma talmente potente da creare il caos tra uomini e gli Dei.

Io, che nel mio piccolo avevo sempre avuto dentro quel tipo di caos, ero sempre riuscito a domarlo e a conviverci facendolo esplodere al momento giusto.

Guardai la grande targhetta dorata che spiccava lateralmente all'ingresso dell'edificio, ricordandomi quando fossi fortunato a lavorare per quella grande azienda capeggiata da Fabrizio.

Senza pensare ad altro, passai davanti alla hall e ai soliti sguardi affascinati e pieni di ammirazione per il sottoscritto.

Altra cosa che amavo.

Proprio quando avevo terminato di dispensare sorrisi e sguardi ammaliatori, sentii il cellulare vibrare da dentro il cappotto. Quello che vidi mi fece sfuggire un ghigno divertito. Aspettavo quella chiamata.

« Signorina Mantovani, come va il suo mal di testa? Ero in apprensione. », dissi sorridendo sfregando la mascella con la mano destra.

« Non c'è male avvocato. »

« Bene, ne sono felice. I mal di testa possono essere insidiosi. », dissi mettendo la mano destra in tasca mentre aspettavo l'ascensore.

« Mai come una donna che vuole far pagare ad un uomo, un atto scortese e villano come quello di desiderare un'altra donna in sua presenza. »

« Sai che non avevo capito minimamente che tu stessi bluffando? », ammisi falsamente entrando in ascensore.

« Sto iniziando a credere che tu sia davvero un ingenuo caro avvocato... »

« E tu sei una sadica. », dissi voltandomi verso lo specchio dietro di me. « Senza offesa ovviamente, mi piace il sadismo. E sono anche molto bravo nel praticarlo. »

« Ma davvero? »

« Già, so essere davvero molto sadico quando voglio. Quindi ti conviene non mettermi alla prova... »

« E se ti dicessi che adoro le sculacciate? »

Cazzo.

« Dico che non ti conviene provocarmi... », risposi prima di fare una piccola pausa di riflessione e cercare di recuperare un po' di saliva.

« E a te non conviene instillare in me false illusioni. »

Rimasi basito. Voleva davvero essere sculacciata?

Nel medesimo momento nel quale si aprirono le porte dell'ascensore, capii che mi stava mandando il cervello a puttane.

« Signorina Mantovani, cercherò di non instillare in lei false illusioni, anche perché una volta instillate in me, difficilmente si torna indietro... »

« Lo spero avvocato. Anzi, ci tengo davvero Saverio... », scandì il mio nome con tale enfasi da farmelo drizzare immediatamente nei pantaloni.

Cazzo.

« Signorina Mantovani... », la salutai cercando di camminare con disinvoltura pur avendo l'arsenale pronto a fare fuoco.

Fortuna volle, o sfortuna, dipende dai casi, che incontrassi per i corridoi che davano alla cucinetta, Cristina. Lei con i suoi occhioni azzurri mi osservava cacciatrice senza timore. Poi, con tutta la sensualità che possedeva, si addosso al muro adiacente alla porta della cucina aspettando il mio arrivo.

Quello Che Non Sai Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora