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San rimase interdetto solo per qualche secondo. Ben presto si riprese dal suo stato di trance e si avviò verso il fondo della classe. Il professore non gli fece richiami, ed i suoi compagni non gli mandarono occhiatacce di disappunto. Quella era la routine: Choi San non arrivava mai in orario. Non a scuola almeno.
Il ragazzo si sedette al suo posto, sotto lo sguardo vigile di una sola persona. Jung Wooyoung. I suoi lineamenti si erano fatti più definiti, il corpo era visibilmente allenato, gli occhi erano invece vispi come sempre.
I due si guardarono a lungo negli occhi, incapaci di cominciare una conversazione.
San poggió con poca grazia lo zaino vuoto sul banco lustro, si tolse il giubbotto e lo infilò nella sacca nera. Ci poggió sopra la testa, con lo sguardo rivolto alla finestra, e chiuse gli occhi. Voleva un'altra sigaretta e altre ore di sonno, non chiedeva altro.
Quando si svegliò era l'intervallo. Si stiracchió, guardandosi attorno con gli occhi ancora stanchi. Il posto al suo fianco era vuoto, così come l'intera classe. Si alzó in piedi, tiró fuori dalle tasche del giubbotto sigarette e accendino e si diresse ai cessi.
Aprí la finestra, si infiló la sigaretta tra le labbra screpolate ma all'apparenza morbide, e l'accesse. Si appoggió al davanzale, fissando il paesaggio urbano fuori dalla scuola. Il cielo era grigio, le strade e i tetti degli edifici bianchi di neve. Tutto sembrava uguale. Tutto in bianco e nero. Sembrava una scena tratta da un vecchio film.
La porta del bagno si aprì, ma il ragazzo non ci fece caso. Se anche fosse stato il bidello, questo gli avrebbe chiesto una sigaretta, invece di sgridarlo. San si era fatto diversi conoscenti solo grazie quelle sigarette dal pacchetto bianco e rosso.
«Choi San.»
Una voce conosciuta ma leggermente differente lo fece voltare.
La sigaretta sempre fra le dita.
«Jung Wooyoung.»
Disse buttando fuori il fumo della stecca bianca.
«Ti ricordi di me?»
«Ho appena detto il tuo nome, non ho sparato a caso.»
Disse San prima di voltarsi nuovamente.
«É tanto che non ti vedevo. Sei cambiato.»
Il ragazzo dietro di lui continuava a dire cose ovvie. Era piú stupido di quanto se lo ricordasse.
«Mi pare ovvio. Se sembrassi ancora un ragazzino di 14 anni allora sarebbe imbarazzante, non trovi?»
San percepí il telefono vibrargli nella tasca adei pantaloni, ma lo ignoró. Sapeva chi era a chiamare.
«Già, lo sarebbe.»
Jung Wooyoung si accostó a lui, tenendo le appropriate distanze, tipiche di chi non si conosce o non si vede da tanto tempo.
«Fumi?»
Chiese San.
L'altro fece no con la testa, spalancando un po' gli occhi già grandi, come se quella domanda lo terrorizzasse.
Il biondo rise di gusto, prendendo poi un tiro dalla sua sigaretta.
«Certo, Jung Wooyoung non fumerebbe mai. Che domanda stupida che ho fatto.»
Il moro al suo fianco era visibilmente a disagio.
San sospiró, buttó il mozzicone giù dalla finestra, mirando ad uno dei tanti cumuli di neve che circondavano la struttura, e richiuse subito per poi andarsene, non aggiungendo nulla alla conversazione tra lui ed uno dei suoi tanti fantasmi del passato.

𝐂𝐢𝐠𝐚𝐫𝐞𝐭𝐭𝐞𝐬 𝐚𝐧𝐝 𝐥𝐨𝐯𝐞 •𝐖𝐨𝐨𝐒𝐚𝐧•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora