Capitolo 41

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Il ristorante dove avremmo cenato era molto "alla buona". Eravamo quattro ragazzi, quindi, non potevamo permetterci un posto di lusso; a dirla tutta, girando per la città, di ristoranti costosi ne avevamo visti tanti, ma un amico di Federico gli aveva consigliato di andare in questo perché la cucina era molto "casalinga" e i prezzi accessibili.

Il menù era pieno di prelibatezze romane, dalla carbonara alla coda alla vaccinara; mi sarebbe piaciuto provarla ma le mie amiche mi avevano guardata come fossi un alieno.

<<Carbonara per tutti?>> ci chiese Federico. Elena e Rebe avevano detto di sì ma io, come sempre, dovevo uscire fuori dal coro, tanto da dire:

<<Io prendo l'amatriciana, la carbonara non mi piace.>> C'era stato un attimo di silenzio dentro il locale, come se mi avessero sentita e come se avessi offeso qualcuno.

<<Avresti provato la coda alla come si chiama... ma non mangi la carbonara?>> Mi chiese Rebe sistemandosi il tovagliolo sopra la maglia.

<<Sarò strana, ragazzi, cosa posso dire?>> avevo fatto spallucce, in realtà avevo provato la carbonara soltanto una volta e ricordavo che il sapore mi aveva fatto venire il voltastomaco.

La cena era stata squisita, il cameriere ci aveva portato il conto ed ognuno aveva pagato la sua parte. Quel momento mi aveva ricordato la cena del mio sogno con Riccardo, mi ero un po' intristita ma era passato dopo un attimo. Dopotutto non era stato reale quindi avevo poco da fare, prima accettavo che erano stati solo dei sogni, meglio era per me.

Eravamo ancora stanchi della giornata passata in giro, che nessuno di noi si sentiva in grado di continuare a camminare, così tutti e quattro andammo in camera mia e di Rebe.

Le mie amiche si erano fiondate sul letto come se fosse stata la cosa più bella che avevano visto in tutto il giorno, io invece non volevo ancora andare a letto anche se ero molto stanca, così decisi di uscire in balcone; la vista non era un gran che ma si respirava una bella aria. C'era un piccolo tavolino tondo con due sedie, veniva davvero voglia di sedersi lì.

Federico era appena arrivato e mi aveva vista un po' assorta nei miei pensieri.

<<Non vuoi accasciarti sul letto anche tu?>> disse ridendo, restando in piedi accanto a me.

<<Non sono venuta qui per riposare, preferisco stare un po' fuori. A proposito, anche se in ritardo auguri di buon compleanno>> risposi sorridendo.

<<Grazie, sarebbe stato bello se ci fossi stata anche tu alla mia festa>> era sincero e mi aveva fatto piacere che lo avesse detto.

<<Sai, ero un po' in coma>> dissi divertita e lui aveva riso a sua volta.

Io e Federico non avevamo mai avuto una vera e propria conversazione, era sempre stato più un botta e risposta alle sue battute, ma sentivo che era arrivato il momento perché si era seduto vicino a me e accendendosi una sigaretta disse:

<<Io devo farlo, altrimenti credo che non troverò mai più il coraggio.>> Non riuscivo a capire di cosa parlasse, fino a che non si era avvicinato a me, pronto per baciarmi.

<<Non posso>> lo avevo allontanato mettendogli tutte e due le mani sulle spalle.

<<È per Riccardo?>> come faceva a saperlo? Ero certa che Elena non gli avesse detto nulla.

<<Lo conosci?>> gli chiesi.

<<Sì, giochiamo a calcetto insieme e abbiamo la stessa comitiva di amici>> mi rispose in maniera vaga.

<<Ti ha detto qualcosa lui?>> Provavo a fare la gnorri, sperando di sapere qualcosa in più.

<<Qualche giorno fa tu e le altre eravate in videochiamata, urlavate così tanto che non ho potuto fare a meno di sentire>> disse fermandosi per un attimo, aspettava una mia risposta.

<<Cosa hai sentito?>> gli chiesi, mi sentivo impacciata e stavo iniziando a sudare freddo.

<<Tu raccontavi del sogno che avevi fatto mentre eri in coma e... il resto lo sappiamo tutti e due>> era calmo mentre parlava, io probabilmente se fossi stata rifiutata non sarei rimasta neanche un secondo di più, invece lui era lì a parlare di un altro ragazzo.

<<Si! Mi sono innamorata in un sogno, ma credimi, sembrava così reale...>>

Ecco che arrivava il nodo alla gola che mi faceva capire che se avessi detto un'altra parola avrei iniziato a piangere. Federico era rimasto fermo a pensare, aveva fumato tre sigarette in quella mezz'ora, mi dispiaceva vederlo in quello stato, in questo viaggio si era rivelato totalmente diverso da come lo conoscevo.

<<Se ho capito bene... preferisci essere innamorata di un sogno, piuttosto che baciare me che sono qui?>> Non avevo trovato molto senso alle sue parole. Io non avevo "deciso" di amare Riccardo, così risposi con un sorriso che non mi aspettavo:

<<Sai, nei miei sogni faceva uscire il meglio di me, ero diversa. Credo che, oltre di Riccardo, io mi sia anche innamorata della vera me.>> Le sensazioni, le emozioni che avevo sentito durante il coma, potevano risultare assurde per gli altri, ma io sapevo che in un modo o nell'altro, erano state reali. Nessuno riusciva a capire come mi sentissi. Le mie amiche, anche se non mi avevano detto nulla, sapevo che mi credevano esagerata, ma non potevo fare altrimenti...

Non eravamo riusciti a dire altro, ce ne stavamo ognuno seduto sulla propria sedia a pensare. Non avrei mai immaginato una storia con Federico, almeno per adesso.

Eravamo rimasti ancora un po' fuori, non aveva detto altro, ma non sembrava arrabbiato, forse era più triste, ma non era colpa mia, Federico era reale, forse mi avrebbe amata davvero o magari sarebbe finita dopo una settimana, ma non era Riccardo. Non volevo immaginare la mia vita insieme a qualcuno solo per fare chiodo schiaccia chiodo; tutti e due meritiamo delle persone che ci fanno perdere la testa di un amore ancora sconosciuto.

La mattina successiva eravamo andati a Cinecittà, sarei voluta entrare ma non ci era permesso, avevo provato a corrompere alcune persone che avevo visto ma era stato inutile; stavano registrando un programma ed il pubblico non era ammesso. Ero andata via, da lì, delusa, vedere uno studio televisivo mi avrebbe reso la giornata più bella.

Federico camminava in disparte, era costantemente con il cellulare in mano, sembrava quasi che stesse litigando con qualcuno. Ogni tanto alzava lo sguardo dallo schermo e mi fissava, poi continuava a pigiare i tasti sul telefono, come se stesse parlando di me; forse non era rimasto poi così calmo come sembrava la sera prima, e speravo che la notizia del mio rifiuto non fosse già di dominio pubblico. Ma perché continuava a guardarmi? Non volevo più pensarci, mancava sempre meno e dovevamo ancora visitare alcuni posti, non avevo tempo di provare a capire il comportamento di Federico.

Avevamo visto quasi tutto ormai, mancava solo il corso principale dove c'erano i negozi più prestigiosi; io, Elena e Rebe avevamo deciso di entrare in ogni negozio; anche Federico era tornato normale, avevamo ricominciato con i nostri botta e risposta di sempre e la cosa mi aveva tranquillizzata.

Non volevo perderlo, quello che avevo visto in questa vacanza con lui mi piaceva e anche se non corrispondevo il suo sentimento volevo comunque avere un'amicizia con lui.

I giorni passavano e quella sarebbe stata la nostra ultima sera a Roma.

Anche se breve, avevo vissuto intensamente quell'esperienza. Erano stati dei giorni indimenticabili.

Eravamo tornati a cenare in quel ristorante vicinoil B&B, questa volta avevamo preso una bottiglia di spumante per brindare aquei giorni tutti insieme, probabilmente non avremmo avuto possibilità diripetere quel viaggio da lì a poco, ma sicuramente questa esperienza mi avevaaiutata a capire che una persona non si deve giudicare dall'apparenza. Ilcomportamento delle persone, alle volte, è strano per molte ragioni; adesempio, Federico, si comportava in modo odioso con me perché gli piacevo.

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