Capitolo 33

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Dopo due giorni dall'incontro con la psicologa mi sentivo ancora spiazzata, non ero ancora pronta per vedere le mie amiche e neanche per tornare alla vita di tutti i giorni; quella camera d'ospedale, a tratti, mi faceva sentire protetta.

Non avevo mai avuto paura in vita mia come in quel momento. Tornare alla quotidianità mi metteva in soggezione. Ricordare tutto quello che avevo passato mi aveva messo tristezza, avevo vissuto per un mese dentro ad una bellissima bugia e credevo di non avere la forza per affrontare quello che sarebbe arrivato dopo.

Mia madre era appena arrivata portandomi il pranzo; ero stanca di mangiare costantemente pasta in brodo e pollo arrostito, lo mangiavo già tre giorni. I medici, finalmente, avevano detto che potevo tornare a gustare qualcosa di più "saporito".

<<Le ragazze vorrebbero venire a trovarti>> disse mia madre, mentre assaporavo il mio primo boccone di lasagne.

<<Oggi non mi sento bene, magari domani>> le risposi con la bocca piena; non mi andava di dirle ancora nulla dei sogni. Adesso stava bene e preferivo non appesantirla con altri pensieri.

Erano quasi le due del pomeriggio, mia madre aveva ricevuto una chiamata di lavoro, non voleva lasciarmi da sola, ma dopo un po' ero riuscita a convincerla ad andare; preferivo restare sola e riflettere.

Anche la notte, adesso che stavo bene, non mi piaceva l'idea di farla dormire su una poltrona scomoda.

Dopo qualche ora era andata via, l'avrei rivista il giorno dopo perché avrebbe finito tardi e poi avevo dottori e infermieri a mia disposizione se mi fossi sentita male.

Tutto lo staff medico era molto carino con me, aveva imparato a conoscermi e molte volte faceva delle eccezioni anche sull'orario delle visite; diciamo pure che i miei genitori avevano libero accesso a qualsiasi ora del giorno.

Mi ero affacciata al balcone della mia stanza, a breve sarebbero iniziatele visite.

La vista non era niente di che: c'era un grande parcheggio e molto verde attorno, però, da lì riuscivo a vedere tutti i visitatori con i mano fiori, peluche e ceste. Pensavo già alle mie amiche che sarebbero venute il giorno dopo portandomi chissà quante cose. L'idea mi faceva sorridere, le immaginavo già urlare da dentro l'ascensore, facendosi conoscere da tutti.

Qualcuno aveva bussato alla mia porta, che strano, il dottore era passato poco prima per il classico check up. "Avrà dimenticato qualcosa" pensai.

<<Avanti>> dissi restando in piedi davanti la finestra.

<<Ciao Andy>> Riccardo era appena entrato in camera mia con un pacchetto in mano.

Oh mamma, era esattamente come lo avevo sognato, i capelli erano un po' più corti di come li ricordavo, ma quei ricci erano sempre qualcosa di stupendo.

<<C-ciao, cosa ci fai qui?>> ecco, avevo cominciato a balbettare e ad avere la tachicardia.

<<Ti disturbo?>> mi chiese posando il pacchetto sul letto.

<<No, no affatto. Ero solo un po' pensierosa>> era la prima cosa che mi fosse venuta in mente da dire in quel momento.

Ci eravamo seduti e mi sorrideva, quel sorriso mi faceva impazzire anche adesso "smettila Andy, erano soltanto dei sogni, lui neanche ti conosce" continuavo a ripetermi nella mia mente. Non sapevo cosa dire, ma dovevo rompere quel silenzio assordante, così gli dissi:

<<Grazie per quello che hai fatto quel giorno>>

<<Nessun grazie, ti prego>> disse continuando a sorridermi.

Non riuscivo ancora a crederci, eravamo da soli nella stessa stanza, avrei voluto abbracciarlo, baciarlo come facevo nei miei sogni, ma non potevo, dovevo solo accettare la realtà dei fatti: eravamo due perfetti sconosciuti e probabilmente dopo quella visita, non lo avrei rivisto mai più.

Avevamo parlato per un po', mi aveva chiesto come fossi stata in questi giorni dopo il risveglio, sembrava davvero interessato e anche se non era molto, mi aveva fatto piacere rivederlo (questa volta di persona e non in sogno).

Dopo aver continuato a parlare per un po' mi aveva detto di avere un impegno ed era andato via. Ero in fibrillazione per la sua visita e mi si era stampato un sorriso enorme sul viso, per fortuna ero da sola in camera, altrimenti mi avrebbero presa per un'ebete.

Di colpo, mi ero resa conto di non averlo ringraziato per il pacchetto che mi aveva portato, ma ormai era andato via. Aprendolo, trovai una tavoletta di cioccolato al latte, era la cosa più bella che potessi ricevere, sotto c'era un biglietto con scritto

"Non sapevo cosa prenderti, scusa, riprenditi presto. R."

Era stato carino a scrivermi anche un pensiero, forse era davvero dolce come lo avevo conosciuto nei miei sogni.

La mia testa, come sempre, aveva iniziato a viaggiare. Pensavo a chissà quali cose mi aveva detto durante le visite. Mi avrà parlato di lui? Forse per questo lo avevo sognato tutto il tempo, ma perché stavamo insieme nei miei sogni?

Basta! Non dovevo più pensarci, la mia vita sarebbe andata avanti senza di lui. Sembrava tutto così vero, che adesso facevo fatica a distinguere i sogni dalla realtà.

Erano quasi le undici e la luce della stanza era già spenta, lasciando soltanto un piccolo neon sul letto. Dovevo dormire, le mie amiche sarebbero venute il giorno dopo e adesso non mi dispiaceva, ero quasi eccitata all'idea di rivederle dopo quasi un mese.

Il mio cellulare era ancora dentro il cassetto spento, decisi di metterlo in carica e accendendolo, avevo ricevuto tantissimi messaggi; addirittura i miei compagni di classe avevano creato un gruppo su un social con scritto: "Quando ti sveglierai". Era davvero bello sapere che molta gente sperava nel mio risveglio, e leggere tutti i messaggi che c'erano scritti anche da gente sconosciuta, mi aveva messo una grande carica addosso.

Forse la mia vita mi mancava, volevo davvero riabbracciare le persone che mi volevano bene e adesso sentivo anche la nostalgia della scuola. Ero pronta a tornare alla vita quotidiana, Riccardo era stato un sogno, ma magari fuori da quell'ospedale c'era davvero qualcuno pronto ad amarmi e a farmi vivere una vera storia d'amore.

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