Capitolo 46

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Il periodo natalizio, per me, ha sempre significato tanta gioia e speranza; quando ancora non conoscevo mio padre, restavo affacciata alla finestra della mia camera sperando che bussasse alla nostra porta. Puntualmente restavo delusa, ma forse, quella speranza, riusciva a non farmelo odiare.

Ogni anno mi piaceva guardare tutte quelle persone che, di nascosto, entravano in casa con dei sacchi pieni di giocattoli per i loro figli. Mia madre aveva addirittura comprato un costume di babbo natale, una volta e si era anche travestita, l'avevo scoperta mentre si cambiava in camera da letto, ma per accontentarla, avevo finto di restare sorpresa.

Da piccola mi ero anche inventata una storia buffa con i miei compagni delle elementari. Dicevo che mio padre era babbo natale e che non viveva con me e la mamma perché tutto l'anno doveva preparare i doni per i bimbi; non poteva lasciare da soli elfi e renne, altrimenti avrebbero sofferto di solitudine.

Ho sempre avuto una fervida immaginazione, ma quando da bambina mi veniva chiesto dove fosse mio padre, non potevo far altro che inventare una storia, per sopperire la sua mancanza.

Quest'anno però, era tutto diverso, lui era presente nella mia vita, lo avevo perdonato per quello che aveva fatto in passato e forse, anche per quello che mi era successo, non volevo portare rancore, ma vivere la vita giorno per giorno; essere stata in coma mi aveva insegnato che fare progetti futuri non serviva a nulla, perché bastava un pirata della strada a portarti via tutto.

Io ed Elena eravamo in giro per negozi, stavamo cercando il regalo giusto per Rebe. Non era facile comprarle qualcosa, aveva dei gusti particolari e noi, ogni anno, eravamo in difficoltà, ma poi riuscivamo sempre a trovarle qualcosa.

In centro c'era un albero di Natale gigante con migliaia di luci e anche le vetrine erano addobbate a festa con scritte luminose. Ci eravamo soffermate davanti ad un negozio di quadri artigianali, c'erano dei paesaggi fantastici, io ed Elena eravamo estasiate, era come se si potesse immaginare una vita dentro ad ogni dipinto.

<<Guarda questo! É bellissimo>> Elena mi aveva indicato un quadro con una donna che passeggiava un cagnolino con attorno dei negozi e sullo sfondo la torre Eiffel. Quell'immagine mi aveva nuovamente riportata ai miei sogni di quando Riccardo mi aveva promesso che, appena compiuti diciotto anni, mi avrebbe portata a Parigi.

Avevo iniziato a piangere senza rendermene conto, le lacrime erano uscite da sole senza riuscire a controllarle. Speravo non se ne fosse accorta, ma prendendomi per un braccio e portandomi fuori dal negozio mi disse:

<<Andy che succede? Ho detto qualcosa di sbagliato?>>

Anche se le avevo già raccontato i miei sogni, non ero scesa troppo nei particolari, quindi non riusciva a capire cosa mi avesse scatenato quel pianto.

<<Non è colpa tua>> risposi singhiozzando,

<<E allora qual è il problema?>> mi chiese ancora.

Avevamo trovato una panchina e sedendoci iniziai a spiegarle tutto. Era rimasta a bocca aperta, dalla sua espressione vedevo che si sentiva in colpa e mi dispiaceva molto, ma controllare le mie emozioni, alle volte mi veniva davvero difficile.

<<Ti ho sempre detto di non parlargli, ma adesso, vedendoti così, credo che Riccardo debba sapere>> mi disse lei prendendomi le mani.

<<Sa quasi tutto Elena, ve l'ho detto. La cosa che mi ha fatto più rabbia è stata vederlo impassibile. Se solo mi avesse detto qualcosa, probabilmente me ne sarei fatta una ragione>> risposi rassegnata.

Eravamo rimaste ancora un po' sedute in silenzio, guardavo la mia amica pensierosa, come se stesse escogitando qualcosa; ero davvero fortunata ad averla al mio fianco, ha sempre cercato di proteggermi in ogni situazione.

<<Facciamo una passeggiata?>> le avevo proposto, non volevo più restare ferma a pensare, non sarebbe cambiato nulla e preferivo passare il pomeriggio per negozi piuttosto che rimuginare su Riccardo.

<<Prendiamo un frappè alla fragola con una montagna di panna?>> mi chiese provando a cambiare discorso. Avevo annuito, mi sentivo un po' meglio, averle parlato dei sogni in modo più dettagliato mi aveva aiutata.

Da quando mi ero svegliata dal coma, avevo cercato di non parlare molto di quello che mi fosse successo, e, se lo avevo fatto non ero mai entrata nei particolari; ad esempio non avevo mai detto a nessuno che io e Riccardo avevamo fatto l'amore.

<<Io e Giovanni ci siamo lasciati>> mi disse, di punto in bianco, mentre aspettavamo il turno in gelateria.

In quel momento mi ero sentita una stupida, da quando ero stata dimessa tutti avevano solo parlato di me e anche io non avevo fatto altro che pensare ai miei sogni, senza riflettere che anche le mie amiche potessero avere dei problemi e aver bisogno di una mia parola di conforto.

<<Scusami tesoro, non ti ho neanche chiesto>> mi sentivo piccola piccola e tremendamente egoista.

<<Tranquilla, sto bene, siamo troppo diversi e non avrebbe funzionato tra di noi. Volevo solo che lo sapessi>> mi rispose. Era tranquilla, come se lo avesse accettato senza soffrire.

<<Come fai a non stare male?>> la domanda mi era sorta spontanea,

<<non era vero amore Andy, l'ho capito proprio quando hai iniziato a parlare di Riccardo, il tuo sguardo cambia...>> disse con un sorriso abbozzato.

<<Mi è venuta un'idea pazzesca per la Vigilia di Natale!!!>> le dissi, questa volta ero io a voler cambiare discorso.

Ogni anno io e le mie amiche ci riuniamo la Vigilia di Natale per passare una serata insieme e a mezzanotte scambiarci i regali. Era una tradizione che avevamo da anni, noi la chiamavamo "La serata delle serate" perché potevamo fare quello che volevamo senza che qualcuno ci ricordasse che il giorno dopo ci fosse scuola.

<<Andy ogni anno stiamo insieme per la vigilia hai perso la memoria?>> mi chiese storcendo il muso.

<<Voglio fare una festa grande, non soltanto noi tre>> le spiegai. Invitare anche altre persone era quello che ci voleva per farci stare meglio e adesso che anche lei stava soffrendo, più che mai ne avevamo bisogno.

<<Potrebbe essere una buona idea, ho già in mente qualche addobbo da comprare>> mi disse. Questa volta il suo sorriso non era solo abbozzato, ma sincero.

Sembrava davvero contenta della mia idea, per un attimo sia io che lei non stavamo pensando a nulla, ma soltanto a come organizzare la mia casa come un vero e proprio villaggio di babbo natale.

Molti negozi in centro avevano articoli per la decorazione, eravamo appena entrate in una boutique, c'era un tavolo enorme con sopra dei carillon natalizi, ne avrò contati almeno una quarantina. Ce n'erano alcuni piccoli con un albero di Natale luminoso che girava su se stesso, altri più grandi che mostravano un vero e proprio paesaggio.

Eravamo rimaste affascinate da un carillon sonoro con un pupazzo di neve, una casa e dei ragazzi che pattinavano sul ghiaccio; guardandoci avevamo sorriso.

<<Questo starebbe benissimo sul tavolo del tuo salone>> mi disse con gli occhi che le brillavano, ed io ero d'accordo con lei.

<<Prendiamolo! Il primo addobbo della nostra "Serata delle serate">> dissi come una bambina con il suo giocattolo nuovo in mano.

Ero felice, il periodo natalizio mi faceva questo effetto. Anche se Riccardo non era il mio ragazzo, al mio fianco avevo delle persone pronte a rendermi felice sempre.

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