𝐏𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐨

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Il bicchiere di vetro colpito da quel poco di luce solare che filtrava dalla finestra produceva strane immagini luminose contro la cupa parete dell'ufficio principale di Malfoy Manor

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Il bicchiere di vetro colpito da quel poco di luce solare che filtrava dalla finestra produceva strane immagini luminose contro la cupa parete dell'ufficio principale di Malfoy Manor.

Draco Malfoy se ne stava seduto scomposto sulla sedia che fino a poco tempo prima era appartenuta a suo padre, con lo sguardo perso nel vuoto. Aveva allentato la cravatta, che sembrava sempre soffocarlo negli ultimi tempi, e aveva aperto i primi bottoni della camicia; la giacca che indossava quando era entrato nella stanza giaceva sgraziatamente su una poltroncina dall'altro lato della scrivania.

Si passò distrattamente una mano tra i capelli, mentre con dei movimenti circolari del polso giocava con il liquido ambrato all'interno del bicchiere, facendolo ondeggiare pericolosamente; una bottiglia di Firewhiskey era aperta, poggiata casualmente sul legno pregiato del tavolo, ormai vuota a metà.
Se lo avesse visto, sua madre lo avrebbe rimproverato per non essersi premurato di far scivolare qualcosa al di sotto. "Quello è mogano!" avrebbe obiettato, guardandolo con disapprovazione.

Ma a Draco non importava.
A dirla tutta, non gli importava quasi di niente in quei giorni.

Non avrebbe saputo dire se aveva bevuto tutta quella quantità di alcol quella sera stessa o se parte di essa l'aveva consumata la sera prima.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter spegnere i suoi pensieri e non era ancora pronto ad arrendersi all'evidenza, ad accettare il fatto che l'alcol non gli sarebbe stato di alcun aiuto in tal senso.

Non ad un ragazzo, - uomo? Giovane uomo? -, come lui, che portava sulle spalle il fardello di una famiglia antica e nobile, ma ormai sull'orlo del declino; non ad un ragazzo di soli diciassette anni che aveva visto troppe cose, cose terribili, che nessun suo coetaneo avrebbe mai dovuto vedere; non ad un ragazzo che aveva fatto cose orribili a sua volta e che doveva convivere con i demoni spaventosi che infestavano la sua mente ormai da due anni. Non ad un ragazzo che avrebbe dovuto avere tutto e che invece si era ritrovato con un pugno di mosche e un passato da cui riscattarsi. Non ad un ragazzo i cui rimorsi e sensi di colpa stavano lentamente logorando l'anima.

Sbuffò sonoramente, facendo sollevare un paio di ciocche di capelli biondo platino che gli erano ricadute pigramente sugli occhi.

Il suo processo davanti al Wizengamot si sarebbe tenuto il giorno dopo.
Sapeva di non avere scampo, aveva quel maledetto marchio sbiadito, ma sempre visibile, sul braccio.
Sapeva che sarebbe finito ad Azkaban.

Il suo Magi-Avvocato gli aveva detto che la sua opzione migliore per difendersi era quella di giocare la carta dell'età, - dal momento che era minorenne quando lo avevano praticamente obbligato a prendere il Marchio Nero -, e il fatto che non si fosse mai macchiato di crimini definitivi; dubitavano che si sapesse dell'uso della Cruciatus su Thorfinn Rowle, ma l'avvocato era certo di poter raggirare la cosa in suo favore in caso la vicenda fosse divenuta di dominio pubblico; Voldemort gli puntava contro la bacchetta mentre lo costringeva a farlo, quindi rientrava nella categoria di azioni eseguite sotto minaccia, e Rowle stesso era tutt'altro che innocente: era un Mangiamorte a sua volta.

Salazar's Code | DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora