Non è una pazzia

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Molte attività possono riempire la vita di un uomo: le passeggiate, la pesca, il bricolage... Si potrebbe continuare all'infinito.
È quasi una soddisfazione trovare il passatempo perfetto che appassiona dopo aver provato tante cose.
Anche Gaetano riuscì a trovare qualcosa che lo appassionasse veramente. Iniziò il suo primo corso di yoga quando era ancora un bambino; inizialmente si vergognava perché era l'unico maschio, ma dopo pochi anni divenne il più bravo e il più diligente. Nel frattempo aveva sperimentato la scultura e la pittura - conserva ancora gelosamente le sue creazioni -, lo studio delle lingue inglese e tedesco che lo appassionavano dai tempi della scuola. Provò anche la pesca e il volo degli aquiloni per cui vinse una medaglia in una gara.
Era un fenomeno soprattutto nella scrittura: la proprietà di linguaggio e la capacità di sintesi lo avevano aiutato a intraprendere la sua carriera giornalistica. Nonostante la carica di inviato speciale, non si mosse mai dall'Italia tranne quando dovette realizzare un un servizio sulla regina Elisabetta II; in quel caso venne incaricato di volare nel Regno Unito.
Dopotutto ne era valsa la pena dal momento che in Inghilterra conobbe Justin, che in breve tempo sarebbe diventato il suo migliore amico e collega.
Anch'egli era giornalista della BBC e entrambi gioirono quando dichiarò di essere stato promosso a inviato della società televisiva britannica in Italia.
Dopo mesi trascorsi da Milano a Roma tra Alpi, Appennini e pianure, si trasferì definitivamente vicino alla casa del suo amico: essendo di origine italiana, per lui non fu difficile ambientarsi tra la cultura del Bel Paese.
«I love la Sicilia. Mi dispiace che sia ricordata come il paese della mafia perché è veramente una regione absolutely fascinating come tutte le altre» disse un giorno a Gaetano con un comprensibile accento inglese. Aggiunse che da piccolo parlava perfettamente l'italiano, ma a suo rammarico non ebbe più l'occasione di esercitare la lingua, andando via via a perderla.
«Vedrai che ritornerai a sapere benissimo sia l'italiano sia l'inglese» lo incoraggiò l'amico.
Oltre al giornalismo, entrambi condividevano l'interesse per i rompicapi: puzzle, cruciverba, giochi di logica. Ogni sera si riunivano a casa o dell'uno o dell'altro, sceglievano un gioco e cercavano di risolverlo entro la sera seguente. Justin, visitando la città per i suoi servizi in televisione, aveva scoperto un negozio che poteva trasformare i dipinti dell'amico in grandi puzzle; a quello piacque l'idea e portò i suoi lavori in quel luogo.
«Cavolo, ma che cosa avevo in testa quando ho dipinto l'orso bianco in mezzo alla neve?» Ridacchiò, mentre mostrava il suo puzzle da 5000 pezzi.
«Good job, my friend. Hai trovato un puzzle interessante. È really difficult, non credo che riusciremo a risolverlo entro domani.»
«Vedrai che ci riusciremo. Ormai siamo diventati veri esperti.»
Infatti - non che ne avessero qualche dubbio - ci riuscirono.
Continuarono così per settimane: che fosse un puzzle, un rebus, un cruciverba, un gioco di logica, i due amici riuscirono sempre a risolverlo entro la sera successiva. Anche durante gli impegni lavorativi riuscivano a trovare una nuova sfida.
«Justin, ho trovato un nuovo gioco» gli diceva Gaetano al telefono.
Quella sera si riunirono a casa dell'italiano che propose l'indovinello all'amico.
Recitava così:

"Quattro amici si trovano in un bar e bevono un totale di 16 birre. Al momento del conto ognuno pretende di pagare solo quello che ha bevuto. Come dividono il conto, sapendo che ognuno di loro ha preso due birre in più ho due birre in meno di un altro?"

«Lo risolviamo, ma dopo andiamo noi a bere una birra al bar» scherzò Justin con la sua divertente pronuncia delle r inglesi.
Cominciò poi a ragionare seriamente.
«Allora, mettiamo che uno degli amici ha preso una birra. Andiamo avanti due per volta: 1, 3, 5, 7»
«E questi quattro numeri sommati tra loro danno proprio 16! Non li abbiamo detti in ordine, ma l'indovinello non ce lo chiede.»
A Gaetano si illuminarono gli occhi.
«We are genius. Andiamo al bar.»
«Yeah, let's go» esclamò l'amico.
L'estate si stava avvicinando e i bar si stavano riempiendo sempre più.
E fu in quel momento che videro la creatura più bella del mondo. Era come se fosse scesa dal cielo, venuta dal paradiso, illuminata da una aureola che solo loro riuscivano a vedere.
«Hai visto? Amico mio, è il tuo momento» disse Gaetano che vedeva che l'inglese non distoglieva lo sguardo dalla donna. Cupido aveva scagliato la sua freccia.
«Tanto offro io, dal momento che sono riuscito a risolvere l'indovinello» urlò per farsi sentire dall'amico che si era precipitato su quella creatura non umana.
Volle origliare i due, ma il vociare era troppo forte. Si fece subito tarda serata e finalmente Justin salutò quella che per lui era già l'anima gemella.
«Allora, com'è andata?» Chiese la mattina seguente.
«Wonderful! È inglese come me, è qui in vacanza e viene dalla mia stessa città. Pensa un po' che coincidenza, non ci ho mai parlato perché mi vergognavo, ma finalmente ieri sera ho avuto la mia occasione.»
«Fantastico! Come si chiama la fortunata?»
«Janet. Bellissimo vero? Mi ha anche dato le coordinate della sua spiaggia. È come durante i nostri giochi: tutti i pezzi combaciano, siamo fatti per stare together»
«Justin, non ti montare troppo la testa. Adesso sbrigati che dobbiamo andare al lavoro.»
La sera, invece che parlare di sport, giornalismo o di puzzle, parlarono di donne per la prima volta. Gaetano non ne poteva più di ascoltare il suo migliore amico nominare continuamente quella ragazza. Lo aveva sempre supportato in tutto e sempre lo farà, ma quella calda sera d'inizio estate non erano solo le alte temperature a soffocare il povero Gaetano.
E questo il buon Justin lo capì subito.
«Ho avuto una bella idea: domani, tra un servizio e l'altro, vado alla sua spiaggia e le chiedo di uscire a cena, così te la presento. Può andare?»
Lui annuì. E anche Janet accettò la proposta molto volentieri.
Scelsero il ristorante sotto il consiglio di Gaetano. Un posticino con piatti tipici della cucina siciliana.
E fu proprio nel suo ristorante preferito che fece un equivoco che si sarebbe ricordato per tutta la vita.
I tre erano già al tavolo che consultavano il menù con i suggerimenti del siciliano. Questi vide arrivare un giovane uomo vestito elegantemente con una camicia bianca e un papillon nero.
«Mi scusi, potrebbe portarci del vino?» Chiese, pensando che fosse il cameriere.
Quello non disse una parola e andò a sedersi vicino a Janet.
«Boys, vi presento mio marito Nick.»
A Justin scomparve quel sorriso che in questi anni non l'aveva mai abbandonato. Era come se qualcuno gli avesse sparato all'improvviso, come se gli fosse arrivata una secchiata d'acqua gelata sulla testa. Dalla sua espressione traspariva chiaramente il suo desiderio di andarsene da quel posto e non tornarci mai più.
Anche Gaetano, che aveva scambiato Nick per un cameriere, per la vergogna, diventò rosso come un peperoncino calabrese.
Nessuno dei due ascoltò le interessanti informazioni su Janet e Nick, sul loro matrimonio in Sicilia e la decisione di tornarci ogni anno per l'anniversario, sul brillante lavoro di Nick come web designer, la loro casa monofamiliare con tre cani e il loro grande desiderio di avere un figlio.
Si potrebbe definire una coppia fantastica, anche se i due amici non la pensavano così.
Tornarono a casa a tarda sera. Ormai non c'era tempo per pensare a un indovinello da condividere, anche se era ormai parte integrante della loro routine.
«Non fare pazzie, mi raccomando» gli disse Gaetano mentre lasciava che l'amico tornasse triste a casa sua.
Justin pensava che forse era segno del destino: non si erano mai parlati allora, quando questi era ancora in Inghilterra, e non si sarebbero più parlati per il resto dei giorni. Entrambi sarebbero andati avanti a percorrere strade diverse e tutto si sarebbe risolto per il verso giusto.
Un bel giorno d'estate, i due stavano camminando lungo la riva del mare: erano usciti all'alba, prima del loro turno di lavoro e prima che la spiaggia si riempisse di turisti. La sabbia scottava, il mare cristallino fu d'ispirazione per permettere al siciliano di iniziare il suo discorso.
«Justin, ti ricordi di quando ti dissi di non fare pazzie? Ecco, la pazzia l'ho fatta io.» L'amico sobbalzò e si fece pensieroso; non sapeva che cosa immaginarsi. L'altro, che ormai lo conosceva come un fratello, vedendo quell'espressione stampata sulla faccia dell'inglese, spiegò: «Mi sono iscritto all'AVIS, l'associazione per donare il sangue.»
«Non è una pazzia, good job. È una bella cosa, molto altruista. Molte persone vivranno grazie a te.»
«Non esagerare. È stata una decisione a cui pensavo da molto tempo, da prima che tu arrivassi in Italia.»
Gaetano aveva davvero fatto la decisione giusta e adesso il suo amico lo riteneva un'eroe. Da bambino si vantava perché non aveva paura né del sangue né tantomeno degli aghi e ciò lo rendeva superiore ai suoi coetanei. Non era nulla, ma da adesso avrebbe significato tutto. Si divertiva a riproporre ai medici gli stessi indovinelli che faceva con il suo amico ogni sera, come routine.
Dopo qualsiasi chiamata si precipitava immediatamente al centro AVIS della sua città dove, dopo aver fatto - e superato alla grande - gli esami richiesti, gli operatori svolgevano professionalmente il loro lavoro.
Continuava a "salvare vite", come riteneva Justin, mentre lui rimaneva modesto e scherzava sul fatto che avrebbe voluto diventare dottore, non giornalista.
«Se non fossi diventato giornalista, non avresti mai fatto amicizia con me» gli ricordava Justin.
«È vero!»
«Quando vuoi che una ragazza si interessi a te, dovresti utilizzare il fatto di essere donatore a tuo vantaggio. Secondo me alle donne piacciono gli uomini altruisti.»
«Justin, io lo faccio per me, per gli altri, non per le ragazze.»
«Hai ragione, my friend. Come dite voi, meglio soli che mal accompagnati; e poi ti auguro di non trovare mai una ragazza come Janet, che ti incontra e non ti dice nemmeno che è sposata.»
Entrambi risero. Si erano lasciati alle spalle quella situazione che allora suscitò tanto imbarazzo. A entrambi piaceva passare del tempo con l'altro: si conoscevano da molto tempo e la loro amicizia era diventata fraterna. Naturalmente avevano anche il tempo per i propri hobbies: Gaetano lo yoga, Justin il golf.
Avevano litigato solo poche volte, ma per sciocchezze. Non a caso, al centro di queste discussioni c'era il ciclismo. All'inglese piaceva e lo seguiva volentieri, l'altro invece lo odiava. L'amico arrivò a prenderlo in giro quando voleva guardare una qualche gara in televisione, ma questi si arrabbiava, riteneva questo lo sport più noioso di tutti i tempi e arrivava perfino a cacciare di casa quello che ormai definiva come un fratello. La sua era un'ossessione. Justin non capiva perché provare tanto odio inutile per uno sport tanto bello e tanto famoso nell'Italia, che per lui era diventata una seconda casa, in cui si svolgeva il Giro d'Italia e tante competizioni degne di essere guardate. Non chiese mai all'amico il motivo dei suoi assurdi comportamenti.
In effetti il ciclismo, pur non essendo così popolare come magari poteva esserlo il calcio, esisteva ancora. Ma il futuro di quello sport, bello o meno, doveva ancora essere scritto. I dati in televisione erano cambiati solo un paio d'anni prima, quando si affermò il grande Gianluca Fabbri. Non era ricordato solo perché nato da famiglia abruzzese e adesso viveva a Messina - quindi eroe regionale - ma aveva vinto il Tour de France al suo esordio, il Giro di Lombardia e il Giro d'Italia per tre anni di fila. Tutti iniziarono a tifare per lui, soprannominandolo "Il pedale", per una voglia che aveva sul viso che ricordava proprio un pedale della sua amata bicicletta, e pregando che andasse alle Olimpiadi, competizione che, diceva, "non mi interessa, per cui lascio il posto a qualcun altro che potrà fare meglio di me. Forse."
A Gaetano tutto ciò non interessava: provava quello che Ebenezer Scrooge e il Grinch provavano per il Natale.
Ma, oltre alla bicicletta, anche il futuro di Gaetano doveva ancora essere scritto.
Non dimenticherà mai quella telefonata. Era sul Monte Bianco per un servizio per la pagina di cultura in televisione. Nel gelido freddo delle vette, gli squillò il telefono mentre stava registrando. Per sua fortuna non era in diretta, ma poi guardò lo schermo e vide che era Justin: cominciò a preoccuparsi, dal momento che sapeva che stava lavorando, quindi doveva essere qualcosa di urgente. Lo richiamò appena tornò in hotel. La voce euforica di Justin gli disse che doveva tornare presto in Sicilia perché aveva un'importante notizia da comunicargli. Così quello, finito di girare il servizio, ritornò a casa con tutto il suo staff.
«Allora, che cosa volevi dirmi?» Chiese mentre lo portava a casa in macchina dall'aeroporto.
«Conosci il figlio di Fabbri?»
Naturalmente, lo conosceva. Tutti lo conoscevano, soprattutto in quel periodo. Fabbri era andato l'anno prima a un evento importante in Svizzera, portandosi dietro, come sempre, anche i suoi figli, Assunta, Cesare e Mona: i primi due, figli della moglie deceduta sei anni prima, Mona, invece, era una bella ragazza egiziana che è stata adottata dai coniugi Fabbri quando era ancora molto piccola.
Quella sera gli era stata consegnata una medaglia per aver rappresentato l'Europa in un'importante gara ciclistica. I figli salirono sul palco a festeggiare l'eroe del momento, e in quel momento Cesare si sentì male e svenne. Lì per lì, tutti diedero la colpa al calore che si era creato nella stanza e l'emozione di avere un genitore così importante; ma i dottori confermarono purtroppo che il figlio era affetto da una grave malattia del sangue
Scoprirono che il ragazzo possedeva un sangue particolare, con l'aimea*, una sostanza che scorre in esso, positiva. Era probabilmente il primo caso al mondo. I medici e la famiglia erano disperati: Cesare iniziò a sottoporsi a ogni tipo di trattamento senza risultato, poi ipotizzarono che una probabile cura potrebbe essere iniettare altro sangue positivo, far reagire e annullarsi a vicenda.
La famiglia si fece coraggio, supportata dai tifosi che, appresa la notizia, iniziarono subito a fare analisi del sangue che però ebbero sempre esito negativo.
La condizione e l'appello a salvare il povero Cesare aveva fatto il giro del mondo, coinvolgendo anche coloro che non seguivano il ciclismo, come il nostro Gaetano.
«Devi fare subito un'analisi. Now. Magari hai l'aimea positiva.»
«No, non voglio. Sai che non mi piace il ciclismo e Fabbri non è così bravo come dicono.»
«Non puoi negare il suo talento. Ma qui non si tratta del ciclismo, si tratta della possibilità di salvare una life, indipendentemente da chi si tratta. Non essere egoista. Just do it.»
«E se lo faccio che cosa ottengo? Una persona che nemmeno mi piace che torna a essere felice grazie a me?»
«Exactly. Facciamo così: se non lo fai, la nostra amicizia si può chiudere qui.»
«Non puoi farlo...»
«Sì che posso, non sarai certo tu a impedirmelo. Preparo le valigie e torno in Inghilterra. Tu non mi seguirai perché ami il tuo paese e non lo lasceresti per nulla al mondo.»
Justin sapeva di essere stato duro con il suo amico, ma non poteva fare altrimenti. Non sopportava l'idea che Gaetano fosse così egoista e testardo da non sfruttare almeno la possibilità di salvare una vita.
Gaetano, dopo mille minacce, cedette e andò con Justin a fare il prelievo.
Qualche giorno dopo si presentarono entrambi con i loro risultati. Erano andati a visitare il cratere dell'Etna, dove l'inglese raccontò ai telespettatori britannici la bellezza del Patrimonio dell'umanità. Si erano promessi di rivelare i risultati dopo il servizio.
«Ok, let's go. Mostrami il tuo foglio.»
Justin: negativo
Gaetano: positivo
«È uno scherzo. Secondo me ci hanno scambiato i risultati» commentò l'italiano.
«Vuoi ripetere gli esami?»
Gaetano non rispose.
«Come on, è una fantastica notizia. Cesare potrà essere vivo grazie a te: diventerai famoso!»
«Non esagerare» rispose mentre sotto sotto si stava già godendo il sapore della fama.
Come i medici avevano previsto, la donazione di Gaetano aveva salvato la vita al figlio di Fabbri, che cercò immediatamente informazioni sul donatore.
All'inizio, Gaetano negò di essere lui, ma la verità venne a galla dai medici che andarono contro le regole di privacy per confermare che lui era quello che Justin e tutti definirono presto "eroe".
Gianluca realizzò una cerimonia per ringraziare il gesto altruista di Gaetano. Egli inizialmente non voleva partecipare, ma poi acconsentii.
«Grazie a te, posso continuare a vivere» gli continuava a ripetere Cesare, abbracciandolo.
l'eroe invitò anche Justin, essendo grande fan del ciclista.
La sua fama durò poco, perché era solito rimanere modesto, ma la sua donazione ammirevole rimase nella storia.




* L'aimea non esiste, è inventata.

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