Rose rosse

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Essere la sorella della regina è un grande onore. Da quando i nostri genitori sono morti, mia sorella maggiore Lucrezia ha preso il comando del regno d'Italia. È una grande responsabilità e io sono felice di aiutarla.
A dire la verità non ho mai provato gelosia: sarebbe bellissimo essere al comando di una nazione e essere amata come mia sorella, ma non credo che avrei tutta la forza e determinazione che ha avuto lei quando si è trovata incoronata regina. Ha cercato un marito da assumere come re, ma tutti i tentativi di organizzare balli, feste e cerimonie si sono rivelati inutili.
La cosa che Lucrezia ama di più al mondo, oltre che gestire gli impegni di corte e con i sudditi, è il suo cespuglio di rose rosse. Era stato il regalo di nostra madre e mia sorella ne è molto affezionata.
Certe volte si sveglia nel cuore della notte.
«Liliana, Liliana. Vieni subito qui!»
Io e il maggiordomo ci precipitiamo nella sua stanza.
«Che succede, vostra maestà?» Domanda lui con un inchino.
«Ho sentito le mie rose piangere. Forse hanno sete o freddo. Si sentono così sole.»
«Sorella mia, le rose non piangono. Vai a dormire e domani mattina chiederò al giardiniere di annaffiarle.»
Ma il giorno seguente insistette che doveva bagnare lei le sue preziose rose rosse.
Essere la regina significava anche decidere il futuro del nostro paese, incontrare i capi delle altre nazioni, firmare negoziati, trattati, unioni. Tutto il mondo aveva appena assistito a una guerra molto dura e l'Italia è ancora provata da questo conflitto.
Il mio ruolo consiste nell'affiancare vostra maestà in ogni momento e compiere le scelte insieme a lei. La mia partecipazione è piuttosto attiva, dal momento che, se dovesse succederle qualcosa, non avendo marito, sarò io che salirò al comando del regno.
Invece io un marito ce l'ho, o meglio, non siamo ancora sposati ma celebreremo presto il nostro matrimonio. Il mio futuro sposo è Markus Gruber, principe d'Austria non ereditario. Ci siamo conosciuti durante un incontro in Regno Unito e quando l'ho presentato a mia sorella lei si arrabbiò moltissimo: prima di allora, nessuno straniero, senza essere italiano di sangue aveva rappresentato il regno. Provò a vietare la nostra unione, aveva perfino assunto delle guardie che mi controllassero ogni momento per evitare che noi due ci incontrassimo. In verità il matrimonio ci avrebbe fatto guadagnare molto, perché il regno d'Austria era molto ricco e una cospicua parte della loro eredità sarebbe andata a noi per diritto.
Così mia sorella si arrese, noi ci sposammo e i sudditi ne rimasero entusiasti, orgogliosi e pieni di speranza: avevamo più denaro a disposizione, quindi tutto il popolo si aspettava delle ricompense a breve, ma loro non sanno come funziona la vita di corte e le sue procedure.
Lucrezia si deve occupare di tutto per garantire la sicurezza e un futuro a questa grande nazione. Forse è grazie a tutte le pressioni a cui è sottoposta che ha incominciato a trascurare la sua salute.
Aveva sempre la febbre alta e da un certo momento in poi, non riuscì più ad assistere agli incontri o agli eventi in cui la sua presenza sarebbe stata molto gradita.
Il nostro maggiordomo le stava vicino, a tal punto che in molti arrivarono a ipotizzare che l'avesse avvelenata. Serviva la nostra famiglia da molti anni, era sempre rimasto fedele a noi, che motivo aveva di avvelenare la regina Lucrezia?
Mi trovavo nel continente americano, quando mi arrivò una lettera che diceva che la regina si era sentita molto male. Dopo giorni in viaggio, io e Markus, che si era italianizzato in Marco, ci precipitiamo subito da lei.
I dottori non riuscivano a identificare la causa di quel male, ma dissero che le rimanevano solo pochi mesi.
Intanto, io scoprii di essere incinta: io e Marco avremmo avuto una femmina e l'avremmo chiamata Luisa, come la nostra mamma.
La regina quando lo scoprì mi fece chiamare nella sua stanza.
«Mi hai fatto chiamare, sorella?» Mi sedetti vicino al suo letto. Era pallida, guardava il soffitto pieno di affreschi, cercando con tutte le sue forze di tenere gli occhi aperti ancora per un po'.
«Tu sai che io amo tanto le mie rose rosse, ma ormai sono vecchie anche loro e non crescono più belle come una volta. È come se volessero anche loro morire con me.»
«Non dire così, Lucrezia.»
«Quando nascerà la mia cara nipote Luisa, regalale un bel mazzo di rose bianche, più bianche della neve e più bianche delle nuvole. Ti prego, fallo per me, per la tua regina. Gli italiani mi mancheranno.»
E così, mano nella mano, la accompagnavo al suo destino a cui nessuno può sfuggire e nemmeno ricoprire la carica di guida di un popolo può permettere di evitare quello a cui tutti, chi prima e chi dopo, siamo chiamati ad affrontare.
Quello che ne seguì fu la stessa cosa di alcuni anni prima con i nostri genitori.
Proclamammo una settimana di lutto nazionale, vennero persone da tutto il mondo per onorare Lucrezia e eleggere me come nuova regina.
“Regina Liliana" era bello da sentire, ma la cosa che più mi stupì fu la tristezza e il dolore negli sguardi dei nostri sudditi. Mia sorella li ha aiutati a tornare a essere una grande nazione con un grande popolo come una volta.
Luisa nacque la primavera successiva e nel nostro giardino successe qualcosa di incredibile. Le rose rosse tanto care a mia sorella, vecchie e ormai senza petali, erano cresciute bianche, più bianche della neve e più bianche delle nuvole, belle e con numerosi petali.
Il nostro giardiniere non riuscì a dare una spiegazione a questo miracolo. Ma non era l'unica cosa straordinaria: quando le facemmo toccare a Luisa, lei non si punse nonostante le spine.
L'anno dopo non crebbero più, il cespuglio era troppo vecchio.
Ero di nuovo incinta; io e Marco decidemmo che avremmo chiamato Federico il nostro bambino.
Né Luisa né Federico avrebbero potuto conoscere direttamente la mia adorata Lucrezia, ma di certo sarebbe rimasta sempre nelle memorie degli italiani e di tutto il mondo.

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