Il mio romanzo

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Sono una scrittrice.
O forse no?
Quando pubblicai il mio primo libro in self, ero finalmente convinta di aver raggiunto il mio obiettivo. Ma forse mi sbagliavo.
Le vendite andavano male o non andavano nemmeno. Mi iscrissi a concorsi letterari, ottenni buoni risultati, ma le vendite non aumentavano.
Mi iscrissi a un corso di scrittura per migliorare il mio stile, provai a indirizzarmi verso generi che erano graditi al pubblico di quel momento, ma niente. Anche il mio secondo romanzo fu un flop: gli unici che lo acquistavano erano i miei genitori, i vicini, i colleghi del bar in cui lavoravo tra cui la mia migliore amica Sarah.
«June, non ti disperare» mi consolava Sarah.
Io non rispondevo. Pensavo alla me ragazzina che trascorreva le notti insonne a battere sulla tastiera del laptop; i miei dormivano, mentre io ragionavo d’amore con i miei personaggi che, piano piano, prendevano vita tra le righe e il numero di pagine che aumentava di giorno in giorno. Ricordo ancora quei pomeriggi trascorsi in biblioteca nei periodi in cui, finiti gli esami, mentre i miei amici andavano in spiaggia, al lavoro o in viaggio, io mi concentravo sulle mie storie.
Esistevo solo io e la scrittura.
C'era anche Sarah, ovviamente, che mi portava il caffè d'asporto in biblioteca quasi ogni giorno.
Un giorno non si presentò e io avevo il blocco dello scrittore. Mi guardai intorno, perdendomi tra i volumi che riempivano scaffali e scaffali. romanzi rosa, perché è questo il genere di cui mi occupo. La vista sul mio quartiere della Florida mi dava la giusta ispirazione.
Sentii alcuni passi dalle mie spalle. Pensai fosse il bibliotecario, ma mi voltai e vidi un ragazzo.
Aveva un sorriso stampato in volto, un'andatura agile e un fisico atletico. I suoi occhi trasmettevano qualcosa di misterioso.
Lo salutai, gli chiesi se aveva bisogno di aiuto perché ormai conoscevo a memoria ogni volume di quegli scaffali.
«Starei cercando un romanzo rosa, sai, uno con un romanticismo non troppo forzato.» La sua voce era così dolce.
Era la prima volta che vedevo un ragazzo interessato alle storie d’amore. Gli consigliai alcuni titoli, ma lui non sembrava interessato a nessuno.
Non so come mi venne l'idea di raccontargli la trama del mio primo romanzo.
«Due ragazzi che si sono conosciuti durante il liceo, iniziano una relazione a distanza quando frequentano due college in città diverse. Un'ulteriore problema metterà la relazione ancora più difficile.»
«Proprio quello che cercavo. Come s'intitola?»
«“Non amarmi”.»
Fece passare ogni libro ma non trovò nulla che corrispondesse al titolo che gli avevo suggerito.
«Non lo troverai tanto facilmente» lo avvertii con tono di sfida.
«Perchè?»
«Ecco, in realtà… L'ho scritto io.»
Non finiva più di complimentarsi con me: il fatto che fossi una scrittrice lo entusiasmava. Gli raccontai che le vendite non erano mai andate bene, ma lui non ci credeva: era convinto che fossi troppo brava e creativa per non riuscire a trovare un'agenzia letteraria per supportarmi.
Gli feci leggere alcune righe e rimase ammaliato dal mio stile.
«Signorina, è magnifico. Sei magnifica.»
«Signorina? Chiamami June.»
«E tu Alex.»
Alex uscì dalla biblioteca. Io scrissi più di venti pagine. Mi sentivo così ispirata e… Innamorata.
La mattina seguente, al lavoro, raccontai a Sarah di Alex. Tante parole di descrizione non servivano, dal momento che lo vidi entrare nel bar. Andai in panico.
«Oddio, è lui! Che cosa faccio?»
Sarah suggerì di prendere una piccola pausa e offrirgli qualcosa. Presi un caffè e mi diressi verso di lui.
«Ehi, June!» Adoravo il modo in cui pronunciava il mio nome. Feci per chiedere come sapesse che io lavoravo qui.
«Mi è bastato digitare il tuo nome seguito dalla parola libri su internet e ho trovato tutti i tuoi contatti. Mi sono permesso di leggere le trame dei tuoi romanzi e… Li ho subito ordinati. Arrivano domani.»
Nemmeno il mio percorso di maturazione di scrittura potrebbe trovare le parole giuste per descrivere la gioia che stavo provando in quel momento. Alex avrebbe letto i miei due romanzi.
«Ne scriverai un altro, vero? In biblioteca ti ho vista molto concentrata.»
«Veramente non lo so. Le vendite dei primi due non sono state buone ma, sinceramente, spero proprio che questo vada meglio.»
«Non ti scoraggiare, io so che puoi farcela. Se per te non è un problema, ci vediamo a casa tua un pomeriggio e ne discutiamo insieme.»
Risposi che era una bella idea e lui aggiunse che anche Sarah - che è stata sempre accanto a noi - sarebbe potuta venire.
Così, un pomeriggio ci preparammo nel mio appartamento in attesa del suo arrivo.
«Non lo toccare. È mio!» Ammonii la mia amica con un sorriso non troppo ironico.
Quando arrivò trascorremmo ore e ore a parlare del mio nuovo romanzo, di scrittura in generale. Un compagno della squadra di football di Alex conosceva molti professionisti che mi avrebbero affiancata nella scrittura, nella pubblicazione e tutto quello che ci stava in mezzo.
«Allora, June, hai già pensato al protagonista maschile?» Esordì Alex.
«Avrà un fisico atletico, capelli corti e neri, sguardo oscuro ma amorevole, modi di fare altruisti… Bellissimo» risposi guardandolo negli occhi.
«Praticamente uguale a me.» E io annuii.
Finalmente, dopo mesi e mesi di scrittura, editing e tutto quanto, il mio libro fu pubblicato. Ricordo quando ebbi tra le mani la copertina del mio primo romanzo: ero così emozionata, continuavo a piangere. Anche quella volta fu magnifico vedere i colori accesi sulla copertina flessibile, l’illustrazione che aveva realizzato Sarah mi aveva lasciata senza parole.
La mattina che seguì la pubblicazione in tutti i negozi online, accesi il telefono e venni bombardata dalle notifiche: il mio romanzo era andato in sold-out!
Incredibile! Non ci potevo credere, doveva essere un sogno. Sarah mi chiamò e subito dopo Alex. Non sapevano più come congratularsi. Allora era tutto vero.
Ce l’avevo fatta!
Scoppiai in lacrime. Anche al bar tutti i colleghi si complimentavano con me. La sera andai a festeggiare a cena con Alex e il giorno dopo la mia amica mi accompagnò a fare shopping.
Il resto accadde in fretta. A meno di un anno dalla pubblicazione in self, una casa editrice si offrì di pubblicarlo, venne tradotto in undici lingue e tutti volevano il mio autografo: in poco tempo ero diventata una delle autrici più amate del momento e tutte le riviste più importanti d’America avevano la mia foto in prima pagina.
Ero felice, come potevo non esserlo? Forse non avrei dovuto essere troppo precipitosa.
Mi trovavo molto lontano da casa, quando ricevetti una chiamata. La voce era metallica, parlava un inglese quasi incomprensibile.
«June Sweater, vero? Non provi a negarlo. Noi conosciamo bene quello che fa e non ci piace. Non provi a dare la colpa alla casa editrice o ai suoi collaboratori perché se c'è qualcuno di colpevole, quella persona è solo lei. Provi a ragionare: come mai, dopo tutti i suoi fallimenti, questo libro ha avuto tanto successo? Ha una bella trama, certo, ma non importa. Adesso lei si starà godendo la suite di un lussuoso albergo a Seattle, dopo aver parlato per ore e ore del suo percorso come scrittrice davanti a un numeroso pubblico. Tutto quello che sta vivendo è merito nostro e noi pretendiamo qualcosa in cambio. Seguiranno istruzioni più specifiche: o le segue e sarà ricordata come una persona importante, oppure lei, la sua amica Sarah e il suo fidanzato ne pagherete le conseguenze. Finché quel libro continuerà ad essere comprato, saranno guai.»
Ero terrorizzata. Aggiunsero anche che se avessi parlato con la polizia o l’FBI, mi avrebbero fatto passare le pene dell’inferno, quindi non rivelai nulla.
Aspettai altre indicazioni che arrivarono presto: ordini assurdi come attraversare la strada bendata, entrare nella gabbia di un leone e altre crudeltà.
Fino a quando sarebbe andato avanti? Fino a quando avrei dovuto cercare di sopravvivere?
La mia amica e Alex mi vedevano strana: continuavano a farmi domande, non riuscivo più a trattenermi, così raccontai la telefonata e il resto.
«Oh, June, è terribile! Non possiamo nemmeno distruggere il romanzo perché ormai ha fatto il giro del mondo.» Sarah era molto agitata, Alex, al contrario, era pensieroso. Pensavo che nascondesse qualcosa perché mi era stato vicino durante tutto il processo che ha portato alla nascita del mio romanzo.
Ricevetti un’altra chiamata, con Alex che era pronto ad ascoltare, quindi non c’era lui dietro tutto questo. Forse.
«Le avevamo detto di seguire le nostre regole, signorina Sweater e lei non l’ha fatto. Adesso ci saranno conseguenze per nulla gradite. Dica pure addio a questo mondo crudele.»
Alex mi abbracciò per darmi conforto. Che cosa mi sarebbe successo?
Era tardi. Non volevo dormire, avevo paura. Il mio ragazzo e Sarah fecero di tutto per tenermi sveglia, ma si addormentarono. Anche io avevo così sonno e chiusi gli occhi.
Non mi sarei svegliata mai più.

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