Una torta di mele

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Quando dico di vivere in un condominio, sorgono nelle persone pensieri contrastanti: chi pensa che sia noioso, chi si preoccupa della privacy e degli spazi personali - come ad esempio il giardino o il parcheggio - e chi mi riempie la testa di domande sui miei vicini come se fossi la segreteria dell'intero piccolo palazzo situato fuori dal centro caotico della città.

A dire la verità, il condominio in cui vivo è un insieme di tutte le supposizioni; credevo di sapere tutto sui miei vicini, ma presto mi accorsi che non era mai stato così.

Ogni volta che qualcuno veniva a casa mia per un progetto scolastico o cose del genere, quando mi chiedevano di presentare i miei vicini, rispondevo sempre allo stesso modo, elencandoli uno a uno: al primo piano vive la signora Rosaria, una cuoca eccezionale sulla settantina, la cui specialità sono le torte di mele; accanto a lei vivevano due coniugi ma si erano trasferiti alcuni mesi prima, e l'appartamento era rimasto vuoto; anche l'appartamento sopra Rosaria è disabitato, ma attualmente in vendita, da parte ad esso vivo io con i miei genitori. Sopra di me vive la mia migliore amica Gioia che, a discapito del suo nome, è spesso triste senza motivo e molto sensibile. Sul suo stesso e ultimo piano si era trasferito da poche settimane Christian con i suoi genitori che però sembravano non esserci quasi mai.

«Jas, scommetto che ti sei innamorata di Christian» mi disse Gioia appena il ragazzo si affacciò al balcone della sua nuova casa con una sigaretta in bocca.

Non risposi, ma dovevo ammettere che corrispondeva esattamente alle caratteristiche del mio ragazzo ideale: riccioli biondi, occhi azzurri, una collana.

Sì, trovo molto attraenti i ragazzi con le collanine.

«Amo il fatto che tenga la camicia sbottonata» confessai.

«Poi gli auricolari… chissà che genere di musica gli piace?» E così scoprii che anche la mia migliore amica era cotta e bruciata del mio stesso ragazzo. Quando si decise a rivelarmelo, non ci parlammo per giorni; o meglio, così ci eravamo giurate, ma nessuna delle due poteva fare a meno dell'altra.

Così ci ritrovammo, come ogni giorno, a mangiare una fetta della torta di mele di Rosaria.

Casa sua era strutturata come gli altri appartamenti dal punto di vista di muri e disposizione delle stanze, tranne che quella che io e Gioia avevamo arredato come nostra personale stanza da letto, lei conteneva numerosi scaffali e mensole piene di libri, dal momento che leggere è sempre stata la sua passione.

Le nostre giornate erano sempre piuttosto monotone: andavamo alla stessa scuola in un'altra città, i nostri amici ci conoscevano da sempre, durante il pomeriggio, quando non avevamo compiti da fare, andavamo a giocare a bowling, al cinema o in discoteca; ogni tanto, andavamo nella piccola biblioteca del paese a leggere libri che Rosaria non aveva in casa da prestarci.

Una mattina Gioia aveva dormito a casa mia dopo essere tornate a casa dalla discoteca, entrambe ubriache fradice. Era quasi mezzogiorno quando ci svegliammo e, dopo che i nostri genitori ci avevano rimproverate e vietato anche solo di avvicinarci alla discoteca, la mia amica si precipitò a casa mia.

«Jas, hai visto? Si è appena trasferito qui un uomo.»

Io, ancora assonnata, non riuscivo a comporre una parola che non suonasse come un'imprecazione.

«Jasmine, Jasmine, mi senti? Ti ho appena detto che hai un nuovo vicino, un uomo, che è venuto ad abitare al tuo stesso piano.»

“Finalmente in questo noioso condominio di periferia succedeva qualcosa di eclatante”, pensammo entrambe.

Nessuna di noi vide il nuovo vicino. Quando tornammo a casa da scuola il pomeriggio seguente, notammo un nuovo nome sul campanello: Gianmarco Cucina. Una macchina era parcheggiata nel garage; mi intendevo poco di macchine e quella marca mi era nuova.

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