Il principe Azzurro e il drago di smeraldo

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C'era una volta un luogo molto lontano di cui, ad oggi, sappiamo davvero poco. Le scarse informazioni su questo luogo ci giungono attraverso racconti orali dei quali sono ignoti sia l'autore, sia la lingua di origine perché tutti, nelle diverse parti del mondo, hanno sentito almeno una volta storie come questa.
Siamo certi che quel luogo era beato, popolato da montagne, colline, prati verdi, un sole che scaldava tutti, una notte chiara e la pioggia arrivava solo il giusto per aiutare i raccolti, riempire i fiumi e portare tutti i suoi benefici.
La popolazione era felice, nessuno era povero, tutti seguivano le leggi e amavano la loro monarchia più di ogni cosa.
Il re e la regina avevano dato luce a un bambino dagli occhi azzurri come il cielo e, per questo, chiamarono loro figlio Azzurro.
Per la presentazione del piccolo Azzurro al popolo, era stata organizzata una grande festa: giullari che divertivano la corte, cuochi che la saziavano… Davvero tutti quanti partecipavano a quell'evento: non mancava nessuna discordia, nessuna strega malvagia.
La regina si divertiva a guardare i mangiafuoco con suo marito accanto e il figlio in braccio. Quella festa era per lui ma Azzurro era troppo piccolo per divertirsi e capire quello che stava succedendo e si limitava a spalancare i suoi occhi del colore del mare.
La celebrazione più importante si svolgeva nella sala da ballo, le pareti bianche con dettagli dorati facevano sembrare la stanza più grande di quello che era già in realtà; i soffitti erano decorati con affreschi che ritraevano la storia della famiglia reale e da essi cadevano numerosi lampadari che illuminavano i gioielli dei reali e degli ospiti e facevano quasi dimenticare che fuori era ormai notte fonda. La musica era dolce, gli ospiti ondeggiavano nei loro ampi abiti, le donne facevano a gara a chi avesse la gonna più bella e grande. Gli unici che non ballavano, oltre alle guardie immobili e sempre all'erta, erano il re e la regina che non si mossero dai loro troni bianchi per tutto il tempo e quando capirono che era troppo tardi anche per loro figlio (a cui la musica cominciava a dare fastidio), intimarono gli ospiti di andarsene e si ritirarono finalmente nelle loro stanze.
Il piccolo Azzurro cresceva, quando imparò a camminare nessuno lo fermò più. Capitò un giorno quando il re e la regina si assentarono per tutta la giornata per risolvere questioni di grande importanza del regno; il bambino era stato affidato alle cure di una amorevole tata che era stata scelta tra più di un centinaio di candidate per quel compito così importante. Quando i due tornarono a tardo pomeriggio, trovarono la tata che singhiozzava a dirotto, mentre ripeteva che il loro figlio era scomparso.
«Azzurro! Azzurro!» Lo chiamavano i genitori, i servi, i cavalieri e tutti quanti ma invano. Quando anche la madre stava ormai per rassegnarsi, si vide consegnare il figlio tra le braccia dal giardiniere.
«Era in giardino, tra le rose blu. L'ho trovato addormentato e pieno di graffi a causa delle spine» spiegò l'anziano signore che si era occupato dei metri quadrati - per la grandezza direi chilometri quadrati - di verde che circondavano il castello.
Quando compì dieci anni, gli venne regalata la sua prima spada e ebbe la fortuna di avere suo padre come maestro di combattimento.
«Guarda, figliolo. Se ti trovi in una situazione simile, devi fare questo movimento» e lui ripeteva ogni mossa per ogni caso di necessità o pericolo.
Era intelligente e capì in fretta come usare la spada, come cavalcare il suo cavallo bianco. Veniva istruito dai migliori maestri del regno, poteva consultare i libri della biblioteca reale di cui una parte era accessibile a tutta la popolazione.
In poco tempo era diventato un ragazzo adulto ma i suoi occhi azzurri rimanevano curiosi come quando era bambino.
Per il ventesimo compleanno del principe, venne organizzata una grande festa. In quel regno compiere vent’anni era considerato un grande prestigio perché il numero 2 era simbolico e ricordava i due storici fondatori del regno.
Il re e la regina avevano organizzato tutto per la festa del loro unigenito che, un giorno, avrebbe preso il potere e sarebbe salito alla guida del regno. Avevano dato l'ordine di mandare un invito a a ciascuno degli abitanti su carta pregiata.
La mattina presto tutti gli invitati arrivarono in giardino con abiti eleganti, le donne con il ventaglio e gli uomini con i bastoni da passeggio, e iniziarono a cibarsi delle prelibatezze che erano preparate su tavoli imbanditi di quanto sarebbe bastato a una famiglia di sei persone per cibarsi in un mese. Ognuno era felice, mangiava e si divertiva in quello splendido giardino che era allestito con fiori bianchi, blu e azzurri come i ricami del tavolo. Salutavano con grazia il re e la regina per congratularsi del compleanno di… Azzurro!
Azzurro non era con i suoi genitori, non era tra gli invitati, non era nel castello: a dire la verità non si trovava da nessuna parte.
«Una festa tutta per lui e non è nemmeno presente» commentò una signora sistemandosi la gonna e guardandosi in giro.
Qualcuno sentì un galoppo, un nitrito e poi una voce.
Il principe in groppa al suo cavallo bianco si fermò proprio in mezzo alla moltitudine di persone: una vera entrata di classe.
Scese dal cavallo con un salto e tutti applaudirono. Con la spada ancora in mano, si inchinò davanti ai suoi genitori.
«Figlio mio, devi smetterla di andartene in giro senza dire niente a nessuno» lo rimproverò il re.
«Perdonate, padre. Volevo solo cavalcare il mio cavallo tra i boschi. Adesso sono qui pronto a festeggiare con il popolo.»
Verso sera, la festa si spostò verso l'interno, in una sala che non era mai stata utilizzata ma era stata pulita e sistemata per l'occasione. Al centro di essa i cuochi del castello fecero entrare la torta: era a tre piani, bianca con decori, fiori commestibili bianchi e azzurri dappertutto e in cima un cigno bianco.
Azzurro ebbe l'onore della prima fetta e, ovviamente, mangiò il cigno. Era un buongustaio e capì subito che era fatta con ingredienti di qualità - non che gli altri cibi che mangiava non lo fossero -.
Dopo la torta fu il momento del ballo. Per il principe era arrivato il momento di trovarsi una ragazza degna del ruolo di principesse ma lui stette solo per tutta la sera.
La festa si concluse con il regalo per il festeggiato: un suo ritratto che era stato realizzato poche settimane prima. Il principe era bellissimo, il suo sguardo fiero e deciso era come distratto a guardare qualcosa oltre il dipinto, gli abiti che indossava richiamavano il suo nome, eleganti, regali con ricami dorati.
Anche agli ospiti piacque quel ritratto pieno di luce ma con sfondo comunque nero.
Il mattino seguente - in realtà poche ore dopo la festa - il principe fu costretto ad abbandonare il suo comodo letto perché venne svegliato da un intenso vociare che proveniva da tutto il castello. Raggiunse i suoi genitori in sala pranzo e si affrettò a chiedere spiegazioni per il loro umore così preoccupato.
«Poco fa è arrivato il messaggero con solo brutte notizie. Ha detto che è tornato il drago di smeraldo.»
«Il drago di smeraldo? Che cosa significa?» Domandò il principe ancora assonnato ma di certo la sua espressione così confusa e disordinata avrebbe fatto breccia nel cuore di tutte le ragazze del regno. Non aveva mai sentito niente del genere, nemmeno leggendo gli archivi delle storie di famiglia.
Raccontarono che pochi mesi prima della nascita di Azzurro, la città venne assalita da un drago gigante spaventoso, che non sputava fuoco ma pietre di smeraldo che si scagliavano come meteoriti sulle case dei sudditi. Nessuno sapeva dove si nascondesse, né da dove venisse, ma poche settimane prima era stato avvistato nella Selva Sussurrante; erano stati mandati cavalieri, guerrieri, gli uomini più forti e coraggiosi ma nessuno era più tornato vivo.
«La mia gloria è ormai passata, ma tu sei la nostra unica speranza. Devi riuscire a liberare la città da questo grande pericolo.»
Azzurro era più confuso di prima.
«Ma padre, io non sono forte e coraggioso. Mi sento di declinare l’offerta, ho paura di non essere all’altezza.»
«Avere paura non è degno di un futuro re. In secondo luogo, non ti ho fatto nessuna offerta: sarai allenato come meglio non è possibile e andrai a sconfiggere il drago di smeraldo.»
Azzurro capì che non aveva scelta e quel pomeriggio iniziò un corso di addestramento per sconfiggere la creatura.
Il primo pomeriggio si presentò in uno dei giardini del castello un allenatore forte e muscoloso tanto da sembrare un gigante. Quando camminava, la terra tremava, aveva un sorriso smagliante ed era completamente pelato.
«Il solo segreto per sconfiggere il drago di smeraldo è con la forza. Ti insegnerò le tecniche di combattimento migliori e se questa sera ne uscirai vivo… Beh, buon per te, significa che sei pronto.» La sua voce era possente e il principe si domandava perché non affidare l'impresa direttamente al suo allenatore.
Quello prese la spada con una stretta che sembrò romperla, mentre Azzurro cercava di imitare i movimenti con risultati senza dubbio eccellenti.
Si allenava sodo ma con la sola forza non riuscì a smuovere l'uomo neanche per un millimetro: sperava tanto che il drago non fosse così grande e forte, ma dopotutto era un drago.
Anche a cercare di coglierlo di sorpresa, il gigante dai denti bianchi aveva dei riflessi prontissimi e in un attimo scaraventò il principe a terra. Si rialzò subito dopo tutto sporco di terra e decise di provare una mossa che gli aveva insegnato suo padre. Funzionò perché il suo allenatore non se l'aspettava.
Continuarono a combattere con la spada fino a tarda sera e, alla fine, Azzurro era sfinito.
«Bravo ragazzo, sei vivo. La luna ti saluta» disse e se ne andò via.
Visto il duro allenamento, la regina non si stupì che il figlio avesse così tanta fame all'ora di cena.
Il pomeriggio seguente il nuovo allenatore era un uomo con baffi lunghi e sottili, aveva un monocolo e squadrava tutto quello che vedeva, compreso l'erede al trono.
C'era molto vento quel giorno che faceva svolazzare il mantello blu chiaro ma i capelli dell'allenatore rimanevano immobili al loro posto.
«Il solo segreto per sconfiggere il drago di smeraldo è con l'astuzia: ti sottoporrò a diverse prove e se riuscirai a superarle tutte… Beh, buon per te, significa che sei pronto.»
Azzurro cominciò a capire: ma se fosse anche quella una delle prove?
Rimase immobile in attesa che accadesse qualcosa fino a quando sentì un suono assordante. Il principe si accucciò a terra con le mani sulle orecchie e il viso che mostrava che non trovava sollievo.
«Alzati e scopri le orecchie.»
Riconobbe la voce del suo allenatore.
«Questo rumore è fastidioso e sembra ipnotizzarti ma devi convincere te stesso che non esiste e starai subito meglio.»
Il principe fece come richiesto, si impegnò a eliminare quel rumore e sembrò poi sparire in un attimo per sempre. Aveva capito: la paura, tutte le emozioni negative che poteva provare di fronte al drago non esistevano.
Successivamente gli venne posto un indovinello che l'uomo lesse su una pergamena con l'aiuto del suo monocolo:

"In un labirinto, ci sono tre torce. Solo una ti mostrerà il percorso sicuro, le altre due conducono a trappole mortali. Una luce guida, una inganna e l'altra oscura. Come puoi capire quale torcia usare?”

Azzurro ci pensò un attimo, non era bravo in queste cose.
Si figurò l'immagine del labirinto nella sua testa con le torce e finalmente si illuminò.
«Osservo le ombre. La torcia che proietta un'ombra che segue un percorso chiaro e sicuro è quella giusta.»
All'allenatore cadde il monocolo per lo stupore.
«Davvero notevole, caro ragazzo. La luna ti saluta.»
E come un pipistrello, prese il volo e andò via.
Azzurro era motivato a superare alla grande anche il terzo giorno di allenamento.
Il suo allenatore non corrispondeva per niente alle sue aspettative. A dire la verità, si aspettava un uomo slanciato, raffinato come quello del giorno prima. Era invece basso, indossava una camicia bianca troppo stretta per la sua corporatura - i bottoni si staccavano in continuazione -, aveva due guance rosse rosse e minuscole scarpe ai piedi.
«Il solo segreto per sconfiggere il drago di smeraldo è con la gola. Ti insegnerò a cucinare i piatti migliori senza poterli mangiare. Se resisterai… Beh, buon per te, significa che sei pronto.»
Ormai il povero principe aveva perso la speranza e non ascoltava più quella voce così divertita: a che cosa sarebbe servito imparare a frenare il peccato di gola per sconfiggere il drago di smeraldo?
La cucina del castello era immensa e conteneva utensili di ogni tipo e dimensione. Le dispense poi… Piene di ogni delizia. Di solito compiti del genere erano riservati ai cuochi ma Azzurro diventò quasi più bravo di loro.
La torta con panna e ciliegie era la sua preferita e l'allenatore lo sapeva bene: tenuta a distanza ravvicinata, Azzurro pregò che lo legassero alla sedia così da non cedere e dare un morso.
Ma non la mangiò: dopo un'ora era ancora lì, intatta. Quando l'allenatore dichiarò la fine della sfida, sperava almeno di ricevere un assaggino, ma niente.
«Sei pronto, ragazzo. La luna ti saluta.»
Il re e la regina videro il figlio tutto fuorché determinato. Aveva un'aria confusa mentre si addentrava nella Selva Sussurrante a bordo del suo cavallo bianco. Pensava a quanto potesse essere grande il drago, come utilizzare tutto quello che aveva imparato. Troppe domande gli frullavano per la testa quando le sue orecchie percepirono un rumore di passi che diventava sempre più forte.
Il drago si stava avvicinando.
Azzurro impugnò la spada e sfiorò appena in tempo una pietra verde. La raccolse e sì… Era proprio smeraldo.
«Non uccidermi, ti prego. So quello che vuoi fare ma fermati. Lascia prima che ti dica una cosa.»
Azzurro non sapeva se credere o no a quella voce così misteriosa ma alla fine rispose: «Ti ascolto. Parla, drago!»
Quello non attese un secondo di più, anche perché non bisognava far aspettare un principe quando ordina qualcosa.
«Anni fa vivevo in pace con la mia famiglia. Mio fratello era un drago malvagio e ha distrutto tutti i cavalieri come te. Da quando uno di loro è riuscito a sconfiggerlo, sono arrivato io.»
«Per questo pensano di non averti mai sconfitto. Era tuo fratello, non tu.»
«Esatto! Secoli fa (i draghi vivono molto) sentii che c'era bisogno di pietre preziose, così ho deciso di sfruttare il mio potere a vostro vantaggio. Non… Non volevo sembrare pericoloso.»
«Adesso non abbiamo più bisogno di queste cose. Il popolo sta bene, è felice: non serve tanto smeraldo. Poi, se ce n'è troppo, perderà il suo valore, capisci?»
Il drago capiva e uscì dagli alberi rivelando la sua vera essenza. Due occhi color oro stavano dentro il cranio verde squamato della creatura. Un collo largo, anch'esso luccicante e squamato, permetteva di muoversi con una certa eleganza. Il corpo terminava con una lunga coda di pelo verde, mentre le unghie erano affilate come i denti.
Azzurro si aspettava che avesse le ali ma non le vedeva.
Il buon ragazzo credette alla spiegazione del drago che gli offrì in cambio un sacco di pietre di smeraldo.
Il principe tornò al castello cavalcando il cavallo trionfante per aver trovato un nuovo amico molto molto grande.
Imparò che l'amicizia è preziosa, preziosa come lo smeraldo.

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