Il ragazzo del Pansy

12 2 0
                                    

Si svegliò e si ritrovò nel letto di una delle camere del piano di sopra. Le lenzuola di raso color rosa scuro erano completamente sfatte. Non si ricordava molto della sera precedente ma, a giudicare dal profumo che sentiva, doveva aver passato una notte con le ragazze all'insegna dell'alcol e del divertimento. Si sedette e si appoggiò allo schienale del letto. Di sicuro quei letti erano più comodi della brandina nella stanzetta del sottoscala. Ma sfortunatamente, a parte le rare occasioni in cui lui si divertiva con le più giovani tra le ragazze, le quali avevano più o meno la sua età, quelle comode stanze erano riservate solo a costoro e ai loro clienti.

Al contrario degli altri uomini, Conner non considerava le ragazze come degli oggetti, ma era della convinzione che fossero come tutte le altre donne normali, con sentimenti ed emozioni. Avevano solamente scelto di procurarsi da vivere offrendo la loro compagnia a uomini soli, o in cerca di maggiore affetto di quanto ne ricevessero dalle proprie mogli.

Anche sua madre era una di loro, prima che morisse dando Conner alla luce. Tutto ciò che sapeva di lei erano i racconti di Gwendolyn Drenynd, la maitresse del bordello, e di alcune ragazze meno giovani, quelle che erano lì da prima che Conner nascesse. In uno dei salotti al piano di sotto c'era un ritratto di sua madre. Gwen gli raccontò che quel dipinto fu donato alle ragazze a sua madre da un pittore innamorato di lei. Forse quel pittore era suo padre, ma ormai a Conner non importava più di tanto, visto che in tutti i diciassette anni della sua vita non si era mai fatto vedere.

L'unica immagine che aveva Conner di sua madre era quella del ritratto: una donna bionda, molto avvenente, con un bell'abito di seta rossa e pizzi neri con un'ampia scollatura e dei stupendi occhi neri. Sicuramente da lei aveva ripreso i capelli biondi, ma non gli occhi, dato che quelli di Conner invece erano azzurri come il cielo, un po' infossati.

Il ragazzo però col passare degli anni fu sempre meno nostalgico di sua madre. Ormai la sua famiglia erano Gwen e le ragazze, soprattutto quelle più grandi, e la sua casa era il bordello di Bards Haven. Era lì che era nato e cresciuto e quella sarebbe sempre stata la sua casa.

Ovviamente, non essendo una donna, non poteva di certo intrattenere i clienti del bordello, sebbene in passato, quando era un fanciullo, un paio di uomini avevano avanzato richieste particolari, le quali però Gwen rifiutò accompagnando i "signori" fuori dal bordello prendendoli a calci nel deretano. Il ragazzo, quindi, decise di procurarsi da vivere in un'altra maniera, benché Gwen non fosse molto d'accordo sul modo in cui scelse di farlo. La donna gli diceva spesso che lui non era come quei farabutti che frequentava e che, se avesse voluto, avrebbe potuto aspirare a fare grandi cose. Sua madre, Jane Shyster, avrebbe voluto che lui lasciasse Bards Haven per trovare una vita migliore di quella. Per un paio di volte Gwen aveva tentato di spingerlo verso una vita più onesta. Gli aveva donato una grossa somma di denaro dicendogli di andare via da Bards Haven e di cercarsi un mestiere per poi aprire una bottega tutta sua, di andare a studiare, o se avesse avuto voglia di viaggiare per il mondo, di comprarsi un carro, della merce buona e andare in giro per le città a vendere e a comprare. Ma, entrambe le volte, Conner non andò più lontano di Almoordash, dove sperperò tutto il denaro nel gioco d'azzardo e nei vari divertimenti che offriva la vita di città, tornando tutte le volte da Gwen a testa bassa. Da allora Gwen, stanca e delusa dal comportamento dissennato del ragazzo, gli lasciò fare ciò che voleva.

Nonostante tutto, però, la donna continuava a volergli bene come se fosse suo figlio.

Poco dopo nella camera entrò Mimì con un vassoio tra le mani. Gli stava portando la colazione. La ragazza aveva diciassette anni come Conner ed era una delle ragazze con cui si era divertito la sera precedente.

«Mimì, sei un tesoro! Come posso ringraziarti?» Le disse mentre spiluccava un chicco d'uva dal vassoio.

Mimì gli porse il vassoio ridacchiando e ammiccando. «Quando hai finito di mangiare vestiti e libera questa stanza. Lo sai che non puoi stare qui, zuccherino.»

La Resistenza dell'Ovest - La minaccia del RadelgardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora