Il Mago e la Studentessa, Parte I

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            Sator. Erano anni che non ci tornava, eppure non era cambiata di molto. Sì, c'erano edifici nuovi, negozi nuovi, ma sembrava essere sempre la stessa. Il paesaggio delle sue strade innevate era sempre così suggestivo. Però non abbastanza da convincerlo a vivere in una città. Passando per le vie dei quartieri alti, ricordò la vita lussuosa da cui si era allontanato, o più che altro alla quale non era più tornato. Tuttavia, quel lusso non gli mancava granché.

Non ricordava se quella fosse la strada giusta per la Prima Accademia di Magia dei Territori Indipendenti dell'Ovest, d'altronde era passata una vita dall'ultima volta che ci era stato. I dubbi si dissolsero quando alla sua sinistra vide un parco cittadino innevato, dove una miriade di ragazzini – sicuramente tutti studenti dell'accademia – giocavano nella neve, lanciandosela, rotolandocisi, o costruendo statue. Riconobbe in quel parco cittadino il famoso Giardino delle Magnolie per via della fontana del ciancione al centro, ormai completamente ghiacciata in quel periodo dell'anno. Riconobbe altri punti d'interesse lungo il tragitto, come il Gran Teatro di Sator, la sede de "La Cornacchia dell'Aldar" e l'enorme stadio di dimplethree. Aveva vari ricordi legati a quegli edifici: ricordò di quella volta che insultò l'intelligenza del capitano della squadra di dimplethree di allora, poi gli venne in mente di quando salì sul palco del Gran Teatro durante uno spettacolo, ubriaco, tentando di dimostrare agli attori come si recitava, e poi come poteva scordarsi dell'infinito battibecco che tenne con il vecchio direttore della Cornacchia? In effetti non tutti i ricordi legati a Sator erano così tristi.

Ad ogni modo non era lì per perdersi nel passato. Era lì per affrontare Padan Talberon e fargli l'ennesima lavata di testa. A Thor non importava quale inutile carica politica e accademica ricoprisse quel pomposo, non gliene avrebbe risparmiata nemmeno una.

Gli ci vollero una ventina di giorni per arrivare a Sator da Wheldrake. Se si fosse affidato agli assurdi tragitti delle diligenze ci avrebbe messo molto di più, per fortuna che aveva il carro di Jackson con sé. Ormai, al pover'uomo, non serviva più... Il suo Jackson adesso riposava a Pitrone, o in un'altra città dell'Omand che ospitava un'ambasciata della Magocrazia. Appena ne avrebbe avuto il tempo, si sarebbe informato, tanto la Magocrazia teneva dei registri pubblici per questo genere di cose. Non che rendere gli omaggi a Jackson fosse meno importante di prendere Padan a parole, anzi, ma il punto era che doveva convincere quello spocchioso di un magocrate a prendere misure più drastiche nei confronti delle ricerche circa le attività sospette nella zona lederiana. E questo era per il bene comune, Jackson avrebbe voluto che Thor agisse in quel modo.

Superando le arcate dell'entrata dell'accademia sospirò pensando al grande lavoro che lo attendeva. Lasciò il carro e il cavallo al personale delle scuderie, raccomandandogli di prendersene particolare cura con una lauta ricompensa. Si diresse quindi all'ambasciata della Magocrazia, convinto che Talberon fosse là, ma un insulso impiegato gli disse in modo scortese che al momento Padan stava tenendo una conferenza sulla "musica e l'arte nella Magia" in biblioteca, perciò il vecchio Mago di Prima Casta si diresse là. Se Jackson fosse stato lì, gli avrebbe fatto notare che l'impiegato avrebbe risposto più garbatamente se non lo avesse definito servetto.

Entrando in biblioteca, vide una folla numerosa riunita a semicerchio ad ascoltare le futili chiacchiere di Padan.

Si soffermò ad osservare il suo vecchio rivale.

Era ingrassato dall'ultima volta, chiaro segno di quanto la vita da Consigliere e Arcimago lo aveva reso pigro. Si era fatto crescere la barba, notò Thorniel, sicuramente per darsi un'aria da gran saggio. La pateticità era sempre stata insita nel carattere di Talberon. E per gli Dei, quanto era ridicolo con quella tunica e quell'assurdo cappello a punta.

In quel momento stava indicando agli astanti la copia di una famosa opera d'arte, poggiata su un cavalletto alla sua destra. «...Questo è un famoso dipinto del celebre artista Petr Spacek, che per coloro che non lo sapessero, visse a cavallo tra il secondo e il terzo secolo della Quinta Era. Spacek era figlio di maghi, ma da loro non aveva purtroppo ereditato il dono della magia. Tuttavia, in gioventù, mentre studiava comunque in una delle più prestigiose delle accademie di magia della zona pendusiana, scoprì di avere un grande talento per la pittura e l'arte in generale. Ma se notate bene quest'opera, potete vedere come comunque la magia era intrinseca nella sua arte, tanto che si diceva che quando impugnava il pennello, il suo sangue di mago lo guidava nella creazione delle sue opere...»

La Resistenza dell'Ovest - La minaccia del RadelgardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora