Il figlio del Duca, Parte I

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«Vi ordino di fermarvi, in nome del Duca di Ceman!»

Le guardie continuavano a seguirli a cavallo, ma non sarebbero mai riusciti a prendere i cinque ragazzi sulle loro bighe. Già da piccolini erano degli eccellenti fantini e, poco più grandicelli, impararono a condurre carri, carrozze, bighe e quant'altro; quindi, quei soldati non avevano alcuna speranza di acciuffarli.

E se anche ci fossero riusciti, li avrebbero dovuti rilasciare immediatamente, visto che loro cinque erano i rampolli delle famiglie più nobili del ducato di Ceman. I ragazzi, di tanto in tanto, amavano sfuggire dai protocolli nobiliari e camuffarsi da plebei, per andare poi a sfidarsi in gare clandestine di bighe, fino a quando le guardie, come in questo caso, puntualmente li scoprivano e li inseguivano.

Finora non li avevano mai presi, perciò gli amici avrebbero continuato a divertirsi in quel modo.

Quando poi la gente, la marmaglia di straccioni che vivevano sotto il controllo del Duca Sanis si scansava buttandosi anche nei posti più impensabili, per paura di essere travolti dalle bighe dei ragazzi, questi si sbellicavano di risate. Così come quando, nella foga dell'inseguimento, le loro bighe finivano addosso alle bancarelle, ai tavoli o ai banconi esterni dei negozi, frantumando tutto,

La loro sì che era una bella vita. Cosa avrebbero potuto desiderare di meglio? Soprattutto lui, il figlio di Vorse Sanis, Duca di Ceman, non poteva neanche immaginare come sarebbe stata la sua vita se i suoi genitori fossero stati dei pezzenti come quelli che girovagavano nelle strade di Zasperan, la città dove risiedeva il palazzo ducale. Il solo pensiero era raccapricciante. Sapeva di essere più fortunato di altri, ma solo perché, se fosse stato nei panni dei suoi quattro cugini e amici, avrebbe dovuto convivere con il pensiero che tutto quello che possedeva ne doveva rendere conto al Duca. E invece lui no, perché lui era il figlio del Duca e un giorno avrebbe ereditato il titolo e le terre da suo padre.

Certo, oltre agli onori, avrebbe ereditato anche gli oneri, dopodiché non avrebbe avuto molto tempo per divertirsi sfrenatamente come adesso perciò, fino ad allora, Stuart Sanis si sarebbe goduto la vita appieno. E i compagni di gioco preferiti erano loro, i suoi inseparabili quattro amici: Lawrence Sanis, detto Laurie, nonché suo cugino stretto, figlio del fratello minore di suo padre; Norman Turan, suo cugino alla lontana, figlio della cugina di suo padre; e infine i gemelli Vasso e Gudo Idnof, fratelli minori della moglie del cugino di sua madre. Norman, un ragazzo di vent'anni, era il più grande tra di loro, poi veniva Stuart che ne aveva diciannove e poi gli altri tre che ne avevano diciotto.

Stuart amava stare in loro compagnia, ma il suo migliore amico, colui del quale non avrebbe potuto fare a meno, era Laurie. Il fatto che fossero cugini buoni e che fossero cresciuti insieme sempre a stretto contatto aveva influito certamente sul loro legame di amicizia. Ma non era solo il sangue che li legava. Era il rispetto e la fiducia che si era instaurata tra di loro. Non c'era nulla che facesse Laurie che Stuart non sapesse, e non c'era niente che facesse Stuart senza che Laurie lo sapesse. Entrambi non avevano mai tradito la fiducia dell'altro, anzi, in più di un'occasione si presero le difese a vicenda.

Ad un certo punto iniziò a piovigginare. Dovevano ritirarsi e portare i cavalli alle stalle prima che il tempo peggiorasse.

Vasso cessò di ridere e con tono serio esclamò: «Ragazzi, sta ricominciando a piovere. Che facciamo?»

«Dividiamoci e torniamo a palazzo.» Rispose Norman. «Disperdendoci, semineremo le guardie.»

«D'accordo, allora. Ci vediamo a palazzo.» Sentenziò Stuart.

Così i cinque amici si separarono. Stuart imboccò un viale sulla destra, ma due guardie lo seguirono ancora. Adesso, per colpa della pioggia, la pacchia era finita ed era giunto il momento di tornare a rivestire il ruolo di figlio del Duca di Ceman. Forse a questo punto avrebbe dovuto fermare la biga e farsi riconoscere dalle guardie per quello che era in realtà, ma non ne aveva alcuna voglia. In fondo voleva ancora divertirsi e godere fino in fondo degli ultimi minuti che la pioggia gli concedeva.

La Resistenza dell'Ovest - La minaccia del RadelgardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora