2. Il coraggio non esiste

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Il coraggio non esiste

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Il coraggio non esiste. È il timore del rimpianto e del rimorso che ci spinge ad agire in modo sconsiderato.

A dirla tutta, forse sono stati i tre calici di champagne che ho bevuto come se fossero una medicina ad avermi calmato i tremori di cui ho sofferto nell'ultima settimana, da quando ho saputo che lui sarebbe venuto alla mia festa. 

«Figuriamoci se Nick si perde il tuo compleanno. Lo sai che ti vuole bene...» ha detto papà e avrebbe potuto troncare la frase lì, sarei stata molto più contenta, invece ha aggiunto «come se fossi sua nipote.»

La parola nipote mi fa solo venire voglia di urlare, ma posso solo farlo silenziosamente. Tutte le volte che accenna al rapporto di finta-parentela dettato dall'amicizia, io vorrei che i due uomini della mia vita non si conoscessero affatto oppure che io non fossi inesorabilmente innamorata di Nicholas da tutta la vita.

È da due anni che sogno il giorno del mio compleanno, ma nell'ultima settimana non ho fatto altro che pregare perché lui non venisse... È da due anni che Nicholas fa di tutto per non rimanere solo con me. L'ho capito che non era casuale, non sono stupida. E ora, all'idea di rivederlo, provo imbarazzo per come mi sono comportata. 

L'ho baciato. Sulla bocca. Con le labbra socchiuse, non come avevo sempre fatto e, se non si fosse tirato indietro, l'avrei anche accarezzato con la lingua come si fa coi baci veri, quelli che si scambiano gli amanti e non i bambini. 

Invece mi ha allontanata e poi mi ha fatto un discorso sugli ormoni, sull'amicizia con papà, sull'essere minorenni, sulle aziende farmaceutiche, sulle droghe e sulle pulsioni sessuali. Un monologo senza capo né coda che mi ha fatto vergognare di me stessa perché l'unica cosa che ho capito era che lo avevo messo in imbarazzo. Quando sono scoppiata a piangere, mi ha asciugato le lacrime e mi ha promesso che mi avrebbe baciato il giorno in cui sarei diventata maggiorenne. Cioè oggi. 

Se ne sarà dimenticato?

Non può averlo fatto. È tutto perfetto. L'Italia, il profumo del mare, la via lattea ben visibile perché non c'è la luna, il vestito a sirena con lo spacco vertiginoso che ho chiesto a papà in regalo e che, per fortuna, mi ha comprato la sua segretaria perché lui non l'avrebbe mai fatto, i sandali col tacco di dieci centimetri. 

È, soprattutto, lo sguardo di Nick però che mi veste di desiderio facendomi sentire nuda. Non mi ha tolto gli occhi di dosso da quando ho fatto il mio ingresso, continua a deglutire e a inumidirsi le labbra con lo champagne. Non ha pronunciato parola nemmeno quando mi ha dato il suo regalo, non era un ciondolo ciò che mi aspettavo da lui. E lui lo sa, se ne rammenta, lo percepisco dai suoi modi e dall'aria che si è fatta elettrica e che mi increspa la pelle. 

Stringo mani grandi e piccole e sorrido nel ringraziare persone che non conosco nemmeno e, pur non vedendolo più, sento che lui sta parlando con mio padre e sua moglie, proprio dietro di me. Avverto il suo sguardo sulla schiena nuda e, poi, all'improvviso un senso di vuoto. Mi volto appena per vederlo prendere la porta finestra e andare in giardino. 

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