13. Sono come mia madre

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Prima non avevo memoria, avevo solo ricordi

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Prima non avevo memoria, avevo solo ricordi.

Immagini slegate, fuggevoli, luoghi e volti, scene che si avvicendavano caotiche rinchiuse in un'alta torre appena illuminata dal moccolo di una candela.

In modo inconsapevole, tenevo quei ricordi separati dalla mia vita e, non appena uno di essi riusciva in qualche modo a superare il muro, ecco che ero pronto a combattere per rinchiuderlo.

Dopo la battaglia, a volte mi occorrevano giorni prima di ritrovare la maschera di uomo tutto d'un pezzo che la società ammira di me. Per farlo avevo la necessità di isolarmi, di stare lontano da chiunque - Fred mi ha sempre coperto le spalle - e il tempo è miracoloso nel fare cicatrici.

Nei giorni seguenti la buriana, nella memoria tornavano ad abitare solo sensazioni leggere, sottili: le feste a bordo piscina, le serate trascorse a passeggiare sulla battigia con lo sguardo perso tra le onde lunghe dell'oceano, l'odore della pioggia primaverile.

Questa mattina mi sono ritrovato a vivere nel passato, una sensazione che mi teneva legato a mia madre attraverso il cordone ombelicale, stretto nel suo utero e totalmente alla sua mercé.

I ricordi erano stati liberati, tutti in una volta come i prigionieri della Bastiglia all'alba del 14 luglio. Riversi nelle strade della mia coscienza, combattevano ognuno per prendere il sopravvento per avere il controllo di ciò che io ero stato e chi sarei voluto diventare. Lottavo per impedirne l'accesso, mi ci opponevo con tutto il mio essere perché si trattava di una memoria di cui mi vergognavo e che mi faceva venire voglia di piangere e spaccare tutto.

Davanti agli occhi fissi di Claudia, che sostava in piedi in mezzo alla stanza con una mano sul cuore e una sul ventre, rimanevo immobile a mia volta, mentre le immagini di mia madre si affastellavano caustiche come non mai.

Anche se è da folli pensarlo, nei miei ricordi ho due madri.

Una che mi racconta le storie per farmi addormentare e che mi bacia la sommità della testa quando qualcosa non va come vorrei. L'altra che urla con mio padre, accusandolo di pensare solo al lavoro e di averla sposata per via del suo status sociale, una donna che si asciuga le lacrime per non doversi giustificare col figlio adolescente e che sposta il cibo nel piatto senza trovare la forza di portarlo alla bocca.

Tra quei ricordi galeotti ci sono anche quelli di una persona che abbraccia uno sconosciuto, che ride e che si fa sorprendere nuda mentre tenta di nascondersi sotto lenzuola spiegazzate. Pur avendone le sembianze, non è mia madre quella donna-ricordo. Ha smesso di esserlo quando, messa di fronte alla scelta tra me e quello sconosciuto, ha rinchiuso la porta alle spalle, senza voltarsi, senza nemmeno avere la decenza di telefonarmi o cercarmi sui social.

Quel cordone ombelicale metafisico che lega per sempre una madre alla sua prole è stato strappato dai suoi stessi denti, lasciandomi privo di un amore che dovrebbe essere incondizionato.

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