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La routine era ormai divenuta la stessa da più di qualche settimana, era passato metà mese e il Natale era sempre più vicino. Accanto a lui il tempo passava in modo vertiginoso, i giorni passavano a doppio e la maggior parte delle volte perdevi la cognizione del tempo. Ti sentivi fuori dal mondo ma non ci davi importanza poiché tutto quello che ti bastava era nel tuo sguardo, che ti invadeva i pensieri lasciandoti senza parole. Cercavo di avere un discorso lineare con lui, ma ogni parole era complicata, ogni spazio era un sentimento più forte dell'attrazione. Ogni mattina mi alzavo ed indossavo il body, lo vedevo giù casa e andavo a scuola. Poi tornavo a casa e ci lasciavamo, separando con un'immensa controvoglia le nostre mani che si passavano calore costantemente, studiavo fino all'esaurimento nervoso e mi ritrovavo addormentata sul letto, sfinita dalla giornata. Tutto nella mia vita era stato programmato, ero una squallida persona con una vita monotona, e non posso negare che l'arrivo di codesta persona mi ha modificato il mondo, facendomi ritrovare persa o in panico la maggior parte delle volte.
"Niccolò devo studiare"
"Io voglio stare con te"
"Non fare il bambino capriccioso e fammi andare via" dissi con impazienza, ormai stufa dalla scenetta che si ripresentava difronte al portone di casa ogni giorno. Cercai di allontanarmi ma qualcosa mi afferrò, con più forza del solito.
"Oggi vinco io" disse lui sicuro.
"BASTA NICCOLÒ" urlai rimanendo scossa dalla mia rabbia improvvisa nei suoi confronti, non capivo cosa realmente stesse succedendo in me, la vita mi stava cambiando lasciandomi sola con la rabbia che nel tempo avevo accumulato. Lui mi lasciò, quasi spaventato dalla mia reazione. Io non ebbi il coraggio di guardarlo nuovamente, un nuovo mostro stava trovando rifugio in me ed io non facevo niente per mandarlo via, mi sentii viscida nei suoi confronti, lui non lo meritava. Non ebbi il coraggio di guardarlo di nuovo, scappai in lacrime dentro casa lasciandolo li, lasciandomi con la mia peggiore nemica, me stessa.
Mi distesi sul letto, non capivo e non avevo idea di cosa mi stesse uccidendo lentamente e cosa stesse uccidendo tutte le persone che mi erano vicine. Sentivo il silenzio della mia camera bruciarmi addosso, procurandomi dolore aprendo sempre più le ferite che portavo costantemente, la paura di perderlo da un momento all'altro. Incominciai a sospirare, ad avvertire la gola più secca del solito e il cuore in gola. Lo stomaco sotto sopra mi avvertii, mi fece percepire l'arrivo del mio coinquilino. Non riuscii a fare niente se non prendere il telefono e mandare un messaggio a Matilde, poi incominciai a piangere nella speranza di aiuto. Mi racchiusi tra me e incominciai a tremare come i fiori d'inverno. Mi stavo disintegrando con le mie stesse mani, ero un granello di sabbia come tanti che stava per volare via. Non ero nessuno, ero una come tutte, anzi, avrei voluto essere una come tutte poiché io ero quella sbagliata. Sperai in un'apparizione istantanea della mia migliore amica, avvertivo all'istante le sue braccia intorno al busto, avevo bisogno della sua presenza. Matilde ci mise un po' però ad arrivare e si precipitò subito nella mia camera. Non mi chiese cosa stesse succedendo, lo capì subito, si sedette accanto a me e mi sposto i capelli, ormai bagnati da lacrime salate, dal viso. Non volevo farmi più del male, volevo poter vivere come meritavo, come desideravo.
"Stai tranquilla, va tutto bene" disse lei cautamente, continuando ad accarezzarmi il viso arrossato, stanco da quello che continuavo a vivere da anni ormai "riuscirai a vincere".
"Io non c'è la farò mai" singhiozzai guardandola, odiandomi più di qualsiasi altra cosa "IO NON MI SOPPORTO" urlai battendo le mani sul letto, venendo accolta dalle lenzuola chiare che accoglievano il mio viso fradicio e in panico. Avrei voluto salvarlo con il cuore, ma non riuscivo neanche a salvare me stessa dalle iene che mi rendevano un inferno ogni azione che per altri poteva sembrare abituale. Più cercavo di stare bene più mi distruggevo, più gli stavo vicino più lo distruggevo. Non concepivo ancora come potesse Matilde essermi ancora vicina.
"Tu sei perfetta così, a tutti piaci così"
"Tutti chi?! Tu e?" Domandai.
"Io e Niccolò" disse lei sorridendo, rispondendo in modo quasi ovvio alla mia sciocca domanda. Io ci provai a cambiare quello che ero, io ce la stavo mettendo tutta, cercavo di riportare la bambina che era in me, pensavo di potercela fare avendo trovato il mio Peter Pan che stavo perdendo.
"Lui mi odia" dissi affondando la faccia nel cuscino, stringendolo come se fosse lui, come se potessi averlo davvero di fianco a me.
"Lui non potrà mai odiarti, dai guardalo bene, lo vedi come ti guarda?! Il ragazzo è perso di te"
"Anche se fosse vero ormai l'ho deluso"
"PERCHÉ DICI TANTE CAZZATE?!" Disse lei alterata dalle mille paranoie che mi facevo in modo costante, facendole ormai diventare parte della mia vita. Non riuscivo più a vivere.
"Non sono cazzate"
"Vaffanculo Noemi vado a farti una camomilla" alzai lo sguardo in cerca del suo per avere approvazione ma non la vidi più in camera, era andata veramente a farmi una camomilla.

Mi misi nel letto e mi rimboccai le coperte da sola come sin da sempre avevo imparato a fare. Perché rovinavo sempre io tutto?! Mi domandavo costantemente cosa ci fosse davvero sbagliato in me, cosa avrei dovuto cambiare per poter essere quello che avevo sempre desiderato, perché alla fine ero sempre io quella che rovinava sempre tutto sul finale, ed allontanava le persone. Una lacrima mi rigò nuovamente il viso, mi mancava per quell'ora che eravamo stati lontani, il pensiero che lui potesse odiarmi, di avergli fatto del male, l'odio nei miei confronti che da sola non ci riuscivo a stare mi devastava sempre di più. Neanche Matilde riusciva a colmare questa mancanza che mi affliggevo da sola ogni volta. Mi girai dando le spalle alla porta e fissai la finestra, la luce che la penetrava sperando di poterla rappresentare io, invece di dover rappresentare sempre il vaso rotto. Pensavo al peggio tremando e silenziando il più possibile il mio pianto, volevo soffrire sola per non far soffrire gli altri. Le lacrime che mi incendiavano il viso e mi facevano rimbombare la testa sempre più, facendomi sentire sempre più sola continuarono a scendere anche all'udito di qualcuno che bussava alla mia porta.
Non risposi, continuarono a bussare. Non ebbi le forze di voltarmi, anzi rimasi immobile nella mia posizione.
"Mati entra" singhiozzai.
"Non sono «mati» ma penso di andare bene lo stesso" non mi servì girarmi, riconobbi la voce immediatamente e rimasi immobile, tremolante come una foglia che cercava rifugio dalla tempesta. Lui mi aveva già vista fragile, ma non ebbi lo stesso il coraggio di voltarmi mostrandogli la mia auto distruzione che stava avvenendo.
"Scusa" riuscii solo a dire ciò, vergognandomi estremamente di me stessa, volendomi prendere a pizze in faccia come mai fatto.
"E di che campanellino?" Disse lui sedendosi sul mio letto mentre io continuavo a dargli costantemente le spalle. "Però adesso dimmi cosa hai" terminò stendendosi affianco a me, racchiudendomi tra le sue calde braccia. Sfiorò il mio fianco coperto dal lenzuolo ed ebbi nuovamente i brividi. Lo sentii vicino, vicinissimo tanto che potevo avvertire qualsiasi sua presenza poiché possedeva non solo il petto ma anche le gambe attaccate alle mie. Questa intimità che non c'era mai stata non mi dispiaceva, anzi, non la respinsi.
"Non parli? Vuoi che vada via?"
Mi girai immediatamente per bloccarlo ma lo ritrovai ad un centimetro di distanza da me, disteso al mio fianco, mentre si sistemava i capelli. Non dissi nulla, tutto andò nuovamente in fumo, maledetto effetto che mi faceva, balbettai parole incomprensibili. Lui rise, poi disse:"Non ho capito?!" tirandosela per la mia attrazione che si notava particolarmente nei suoi confronti.
"Rimani"
"Sempre campanellino" disse lasciandomi un bacio e accarezzandomi il fianco. Gli avrei voluto spiegare come stavo, ma mi ritrovai coccolata tra le sue braccia che decisi di rimandare i brutti pensieri. Mi sfiorava il viso, mi accarezzava come la sua bambina, mi ritrovai rannicchiata nel mio posto sicuro.
Lui era casa.

Il moro dell'elementariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora