37.

526 22 5
                                    

Riscopro i suoi occhi scuri, sinceri e bellissimi. La sua anima, i suoi stati d'umore riflessi in quelle pupille immense.
Il mio ossigeno, la mia fonte di vita, la mia via di scampo era lì, a pochi passi da me. Avrei voluto urlarle tutto quello che mi sta facendo provare, essere sincero con una donna per la prima volta, essere sincero con me dopo tanti anni, ma il mio essere menefreghista e strafottente mi frenava. Il mio non riuscire mai a dire scusa, il mio non voler mai chiedere scusa che mi aveva procurato immense sofferenze. Io che sbaglio sempre le parole, io che mando sempre via le persone che mi tengono in piedi a causa del mio carattere.
Ma ora ero lì, dovevo riprendermela a tutti i costi o non sarei più riuscito ad essere felice, o avrei convissuto per un tempo indefinito con un peso immenso sul cuore.
"Cosa ti turba?"
Tre parole, tre semplici parole che crearono un'atmosfera di tensione impressionante.
Io che finalmente mi ero fatto forza riuscendo a pronunciarle, facendo placare le mie ansie che mi mettevano una pressione pazzesca.
La colgo di sorpresa, con tono menefreghista, cercando di farmi vedere come il ragazzo forte, come il ragazzo che non tiene a nessuno, che non ama nessuno.
Io che stavo assumendo un carattere completamente differente a quello del me bambino, per non fare più del male alle persone e principalmente per non farmi più del male da solo.
Io che cercavo di non interessarmi più tanto alle persone, diventando una persona schiva e senza passioni, senza desideri per poter far si che il mio cuore non si lacerasse nuovamente pian piano.
Vedo lei alzare lo sguardo, come se avesse avuto un fortissimo soffio al cuore, rimanendo stupita nel vedermi li, difronte ai suoi occhioni stupendi, ai suoi capelli raccolti in una coda bassa e scompigliati.
So che avrebbe voluto urlare di gioia, venirmi in contro, abbracciarmi e baciarmi, riprendendo ciò che avevamo lasciato in sospeso circa una settimana fa.
Sapevo dei suoi desideri, sapevo che con il mio sguardo le tendevo una trappola che la faceva cadere ai miei occhi in neanche due secondi. Sapevo che era sottomessa dalle mie parole, dai miei movimenti e seguiva i miei lineamenti con sguardo perso tra i dettagli del mio corpo.
Sapevo che sarei riuscito a comandarla, a farle fare qualsiasi cosa le avessi chiesto, ma adesso la vedevo indifferente, assente.
Cosa cercava di fare?
Perché adesso era schiva e mi trattava come se fossi nulla, come se fossi stato sempre nulla?
Questa situazione incomincia ad irritarmi, adesso non conto più nulla per lei? Si è già dimenticata di me?
Il pensiero di averla persa mi fa andare fuori controllo, vorrei urlarmi contro, spaccarmi addosso qualcosa facendomi del male per non commetterlo a lei, a lei che avevo difronte.
Avevo sprecato tempo, avevo voglia di riaverla con me, a pochi centimetri di distanza.
Avrei voluto guardarla dormire, averla sopra di me per poter godere insieme, mentre i nostri respiri affannati dal momento si incrociano.

Vedo che cerca di andar via, cerca di scappare dai miei occhi ipnotici, ma la blocco prendendola di forza per il polso.
Lei posta difronte a me, con sguardo basso e silenzioso.
La guardo, la scruto dalla testa ai piedi, non riesco a farne a meno.
Il mio sguardo che cade sul suo toppino nero, troppo attillato da far intravedere il reggiseno piccolo bianco che mi fece agitare ancora di più. Devo guardarla, la voglia di toccarla illecitamente, toccarla di nascosto per provare sulla pelle il senso di nascosto, di preibito che mi stava facendo impazzire. Non riesco a starle lontana, lo capivo dai dettagli, dal mio sguardo, dal mio bisogno di contatto continuo, dal mio bisogno di sentirla mia, mia e solo mia.
Il reggiseno che stringe il seno piccolo ma stupendo, alto e che crea una incavità fra di essi. Si, era più piccolo da quello di Federica ma la voglia di scoprirlo mi attirava sempre di più, la voglia di vederla senza maschere, di vederla semplice e pura per come era.
Poi scesi con lo sguardo, incominciai a guardargli i fianchi, coperti da un pantaloncino bianco fin troppo attillato, fin troppo alto che incominciava a darmi fastidio. Continuavo a stringere la presa mentre il sol pensiero che qualcun altro di a me sconosciuto potesse guardarla, ammirarla in tutto il suo splendore. Incominciai a provare quella gelosia infrenabile, quella gelosia che assale il tuo essere e dalla quale non hai più via di scampo. Gelosia che ti porta a fare follie, a fare cose che non andrebbero fatte, cose proibite.
Quanto mi piace questa parola, <proibito>.
Solo sentirla mi eccita, la voglia di uscire dagli schemi per godere di più, provare la sensazione si bugia e di sbaglio che ti fa vivere il momento con più leggerezza e libertà, come se si fosse su una nuvola. Era questo che volevo con lei, poche verità, quasi tutte bugie pretendevo dal suo corpo. Volevo che lei fosse estremamente sincera con me, volevo che lei fosse solo per me, mentre io volevo essere bugiardo, mentirle continuando a giocare con i miei sentimenti. Volevo farli sparire, non volevo conviverci poiché consapevole che prima o poi mi avrebbero oltraggiato, facendomi perdere il lume della ragione. Io dovevo rimanere sveglio, non potevo permettermi di scivolare, adesso ero sul ciglio e qualsiasi errore sarebbe stato fatale.

Il moro dell'elementariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora