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Niccolò's pov

L'avevo ritrovata, ripescata in un oceano freddissimo, luogo di cui lei non ne faceva parte, luogo troppo buio per le acque mediterranee che si meritava. Ed io l'avevo risalvata, di nuovo, sempre dopo averla persa. Noi ci staccavamo, noi ci urlavamo in faccia e ci lanciavamo occhiate di rabbia assurda, rabbia menefreghista e prepotente, rabbia da carnefice e sguardo di sanguisuga. Ci nutrivamo entrambi del nostro dolore, lei per salvarsi ed io per poter vivere, per potermi saziare senza lasciare il mondo via, dietro di me. Ma la cosa assurda non era tanto il poco tempo che passava prima che ci ritrovassimo, di nuovo, negli stessi luoghi, con le stesse labbra e gli stessi tocchi azzardati, ma quanto in questa rabbia non si celasse una minima parte di odio, come lei mi costringeva a volerle bene, bene che mai avevo voluto e che sempre avevo rifiutato. Era semplice, una di quelle ragazze normali, che si arricciava i capelli quando era in imbarazzo e che sorrideva a stento ma quando lo faceva, mostrava la parte più bella di se facendo trasparire la luce che aveva in se, ma che ancora non conosceva. La guardavo, mi trovavo sempre a guardarla ovunque, nelle foto, nei video, con le stesse iridi che la guardavano anche a pochi centimetri di distanza, e più la guardavo più mi sentivo un bambino con il fiore più delicato e colorato del mondo. Uno di quelli che corri a mettere in un vaso, che annaffi per non far appassire e che proteggi dai troppi raggi solari, solo che poi capita di scordarsene, e bisogna ricominciare da capo...
"Come stai quindi?"
"Meglio" rispose ancora con gli occhi rossi, gonfi e delicati. Sguardo da bambina innocente con faccino piccolino.
"Dove ti fa male?" Domandai mentre una punta di preoccupazione mi spuntò negli occhi.
"Tranquillo"
"Dimmi dove ti fa male"
"Qui" indicò lei con il dito, dito che indossava sempre un anello, che aveva sempre portato e che stava cercando di far crescere un unghia.
"Viè qua" le presi il volto tra le mani che sembravano troppo grandi per il suo viso troppo piccolo, che quasi la macchiavano dalla sua purezza, che quasi mi vergognavo a toccarla, per come l'avevo trattata, per come non riuscivo a calmarmi. Le lasciai un bacio delicato sul punto dolorante, poi ci passai il pollice sopra e tornai al suo sguardo luminoso.
"Sei bellissima lo sai?" Le sussurrai sfiorando il mio naso con il suo ancora arrossato sulla punta, punta all'insù che mi faceva impazzire come, d'altronde, tutto il suo corpo. Mi portava in un'altra dimensione. Lei arrosì abbassando lo sguardo per poter scappare dal mio sguardo che la imbarazzava ancor di più. Questa volta non aveva la risposta da presuntuosa e stronzetta come sempre, questa volta si stava facendo coccolare dal mio io lirico che poche volte fuoriusciva, che si nascondeva sempre dietro la rabbia che prevaleva su tutto come un uomo altissimo e impenetrabile. Adesso si lasciava toccare le guance, mi guardava non riuscendo a mantenere lo sguardo per troppo tempo, mi sfiorava le mani in modo delicato come se non avesse paura.
"Non hai la risposta pronta?!" Le alzai il viso con un dito per far sì che tornasse a guardarmi negli occhi, per poter vedere il suo sguardo mentre la mia parte da bastardo provocatorio stava tornando in scena. "Wow Noemi, così mi deludi però" le lasciai la mano e indietreggia leggermente, per poi portare le mani al petto come fa un genitore pronto a rimproverare la propria piccola. Feci delle smorfie di disapprovazione mentre il mio sfottio la stava pervadendo facendole spalancare leggermente la bocca, quasi allibita dal mio comportamento. Ma io ero così, mi divertiva provocarla, mi piaceva vederla incazzata come un nanetto.
"Quasi quasi io torno da Fed-"
"AO MORICONI" non mi fece terminare la frase, propio come avevo immaginato. Non voleva sentire il suo nome, la mandava in bestia, ed io invece più sentivo il suo nome più pensavo a Noemi. Ricordavo a quel giorno, quella scena straziante che le feci vivere, vedere me indietreggiare e andare via da un'altra. Le sue lacrime sul viso che qualche ora dopo sarebbero state le mie, se solo potesse veramente sapere perché..potrei togliermi uno di quei pesi immenso sul cuore..non dover fare sempre la scena del traditore e poterle spiegare tutto quanto, come sta tutto. Lei si avvicinò a me a passo accelerato, per limitare la nostra distanza a minuscoli centimetri.
"Gelosa Trilli?" Le domandai.
"No Peter, io tanto ho Andr-"
"Non dirlo" la bloccai tappandogli la bocca, non avrei voluto più sentire quel nome per tutta la mia vita, non avrei più voluto vedere quella persona per sempre. Non sapevo come fosse finita tra lui e Noemi, non volevo saperlo, mi bastava sapere che ora lui era fuori e lontano dalla sua vita. Quello stronzo, manipolatore, se solo l'avesse sfiorata l'avrei lasciato incosciente, mi sarei occupato io di lui facendolo pentire.
Lei distolse la mia mano "Geloso Peter?!" Disse ridendosela, propio come una bambina.
"Si" non mi importò la questione che stavo facendo trasparire la mia gelosia, anzi, volevo farle capire quanto io effettivamente tenessi a lei, quanto fosse fondamentale.
"Moriconi" sentii qualcuno chiamarmi al di fuori della stanza, qualcuno con una voce piuttosto conosciuta, porca troia la professoressa di italiano.
"Cazzo" la guardai per poi riguardare la porta, particolarmente nervoso.
"Vai Niccolò" mi rispose lei sorridendo.
"Ma io voglio stare con te"
"Ci vediamo dopo, te lo prometto" mi raccolse le mani, lasciandoci un bacio asciutto come solo lei sapeva fare, come piacevano a me, con il cui odore, sulla parte esposta. "Ti amo" terminò. Ebbi un collasso al cuore, aria pesante lo circondava rendendolo nocivo. Cercai di non far notare quanto quello due parole mi avessero toccato, quanto fossero pesanti per uno come me, quanto mi facessero male anche se romantiche e sdolcinate. Sorrisi e le lasciai un bacio veloce sulle labbra, poi sparii dalla stanza che ci aveva riuniti. Io le volevo bene, la desideravo, ma non riuscivo ad amarla.

Il moro dell'elementariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora