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Rimasi in silenzio per una decina di minuti, continuai a guardarla per attimi infiniti, la toccavo facendole percepire la mia presenza senza ostacolare il suo stato d'animo. La stringevo come se fosse la cosa a me più cara, come se sulla mia pelle sentissi una responsabilità immane. Il suo sapore di vaniglia misto fragola che si mischiava debolmente con la mia menta che lo sovrastava, lasciandogli comunque lo spazio per respirare. Le scaldavo il corpo, le chiudevo il cuore tra le mani rendendolo mio accorgendomi di non volerne accettare le conseguenze. Lei si era innamorata di me, e questo era inevitabile ma non era quello che volevo. Desideravo proteggerla sin dalla tenera età, pensavo che lei fosse scesa dal cielo come compito che avrei dovuto rispettare portandolo alla conclusione.
"Mi scaldi?" Sussurrò lei con le labbra tremolanti, con il fiato caldo che scongelava la gelida aria di mare nella fredda metà di novembre. Non risposi, mi limitai a sorriderle e ad asciugarle le lacrime salate con il pollice. Lei mi fa andare fuori, perché è così, perché è imperfetta.
"Sei la piccola stella che porto...."
"Nei momenti in cui non ho luce" continuò alzando lo sguardo, occhi da cerbiatto stanchi dalle maledette lacrime che le potevano rovinare solo il viso, che la spegnevano del sole che conteneva. La nostra canzone era sempre stata questa, scritta per lei immaginandola seduta, sopra il mio pianoforte. Lei che ci era disegnata su quei fogli, che adesso era disegnata dentro di me.
"Brava Trilli, vedo che l'hai imparata" le spostai delicatamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre la stuzzicavo con le mie parole calme e decise, sussurrate per farle provare la pelle d'oca sulla pelle. In una cosa aveva sbagliato, non doveva farmi scoprire il suo punto debole, perché sarebbe diventato il mio punto di forza. Gli avrei sussurrato sempre parole, anche le meno delicate, perché la sua pelle d'oca che si combinava con il suo sguardo addolcito mi faceva andare fuori di testa, faceva prendere spazio nel mio corpo al mio orgoglio maschile.
"Dalla prima volta che me l'hai fatta leggere"
Le presi il viso e la baciai, baci che non più erano delicati, che andavano dove portava il vento, che si facevano strada da soli pronti a scoprire tutto quel corpo, decisi su quello che volevano "Ma io come faccio a stare fermo se mi guardi così" continuai a baciarla, non permettendogli di replicare, permettendogli di farsi trasportare da quello che era il nostro momento.
"Eh so di essere irresistibile" mi spinse mettendomi le mani sulle spalle, per poter riprendere fiato lasciandomi con l'amaro in bocca. Poi fece la linguaccia scompigliandomi i capelli, mentre la mia bocca era rimasta asciutta.
"Che stronza, sai anche tu di esserti innamorata della mia estrema bellezza"
"Ti piacerebbe signorino" indietreggiò lei spostandosi i capelli, guardandomi come un dannato angioletto, che mi colmava il cuore di passi limpidi.
"Nono, a te piacerebbe" risposi mettendomi in posa, toccandomi il ciuffo e facendo le mie facce più stronze, quelle da duro che difficilmente mi riuscivano con lei. Non sarei mai riuscito a farle del male fisico, pensavo di riuscire a controllare anche i miei attacchi di rabbia d'avanti ad un esserino cosi piccino ed indifeso.
"Devi sentirti onorato Moriconi" citò il mio nome ponendosi sullo scoglio più alto, rischiando di cadere, dandomi le spalle minute e affacciandosi verso l'immenso specchio d'acqua che con la sua brezza le spazzolava i capelli, le schiariva la pelle e le illuminava gli occhi. Era vero tutto ciò che diceva, io ero un semplice bambino che cercava di negare l'evidenza, cosa che avrei continuato a fare perché poi, quando vivi troppo insieme qualcosa se ne va. Io sapevo che le cose non sarebbero andate bene, desideravano solo proteggerla nascondendo il mio cuore tra mille spartiti. Poi nel nostro rapporto non si celava solo verità, a me piacciono le bugie illegali.
"Sei bellissima" dissi nel misto del silenzio più assordante mentre le nostre orecchie erano occupate esclusivamente dal rumore forte delle onde del mare quasi in tempesta, mentre nuvoloni scuri si aggiravano sopra le nostre teste. Lei sorpresa si girò, non era abituata a ricevere complimenti da nessuno e si accontentava anche delle minime cose, delle minime parole e dei minimi gesti, a lei interessava esclusivamente essere capita, ascoltata, ed amata per come era. Sorrise, uno dei sorrisi più semplici e sinceri, poi si avvicinò con fare disinvolto a me, avevo capito le sue intenzioni da subito, ma sarei rimasto immobile pronto a farmi assalire come se fossi la sua preda.
"Anche tu Peter Pan" ammise rubandomi un bacio, portandosene via anche altri due, tre, quattro fino a perdere il conto. Non fui io a prendere le iniziative e ciò mi coinvolse ancora di più. La presi così che lei non potesse andare via, così che potesse rimanere con me per la vita, anche quando poi saremo stanchi. Fummo immersi nel piacere, nell'attrazione che si accendeva nei nostri cuori come delle calamite non accorgendoci delle prime goccioline sul volto, sul corpo. Fu solo lei a fermarsi, io non feci nulla, desideravo anche semplicemente udire la sua voce, il regalo più grande che mi si potesse fare. "Sta piovendo" disse ridendo.
"E noi balliamo sotto la pioggia" la tirai verso di me, poi intonai melodie indefinite e non esistenti, ma che ballavamo come se fosse la volta più importante, come se fosse l'ultima. "Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché.."
"Di notte chi la guarda possa pensare a te" Terminò lei.

Alla fine ci riparammo sotto uno di quegli alberi pieni di rami, con tante foglie che ci faceva d'ombrello. Eravamo lì da ore, i nostri telefoni li avevamo dimenticati negli zaini, non ci interessava di nessuno, il mondo esterno non ci apparteneva, ci bastava essere vicini per essere completi.
"Però così non vale" dissi rimanendo seduto, poggiato al tronco dell'albero alto e robusto con lei tra le braccia che, udendo la mia esclamazione, girò il volto come in cerca di spiegazioni a questa mia uscita da film.
"Si, è ingiusto, c'è guardami" esclamai guardandola per qualche secondo pronto a riportare lo sguardo su un punto fisso ed indefinito nel cielo nuvoloso "io sono quello stronzo e cattivo, io non posso essere dolce, basta con romanticherie del cazzo che mi fanno venire il voltastomaco" dissi con volto disgustato, riportando i miei occhi scuri nei suoi, che sempre scuri sono ma che brillavano in modo ben differente, che emanavano vita. Lei si mise a ridere e si sdraiò con il volto sulle mie gambe, la stronza che sapeva di cosa ero ben capace che tentava ancora di provocarmi, non aveva ancora imparato la lezione. La lasciai fare, non la guardai nemmeno mentre qualcosa in me moriva dalla voglia di sentirla mia, mi sorrideva in faccia come una bambina innocente e giocherellava con il lacciò dei miei pantaloni. Io potevo provare a controllarmi, ma non sapevo fino a quando sarei resistito.
"Tu non sai di cosa sono capace"
"Lo immagino"
"Non puoi, io sono quello cattivo della storia"
"Lo so, anche Peter era quello cattivo" esclamò lei lasciandomi senza parole, con il fiato sospeso ed in cerca di spiegazioni. "E si Niccolò, Peter era un vero e propio stronzo." Si alzò dalle mie gambe e fu li che tornai a respirare normalmente.
"Continuo a non capirti"
"Daiii, stava per uccidere Uncino e poi.." non disse più nulla, abbassò solo lo sguardo e ranicchiò le mani dentro le maniche che strinse al petto.
"Ao che c'hai?" Le chiesi con la mia delicatezza inconfondibile, a volte so quello stronzo che vorresti ammazzare, che vorresti buttare sotto al Tevere per le stronzate che fa, ma questo è Niccolò, io so fatto così.
"Nulla"
"No no, te n'hai capito, t'ho chiesto cosa c'hai?" Esclamai quasi innervosito dal suo silenzio, prendendole la mano ed avvicinandomi al suo corpo che si stava raccogliendo dal freddo. Le alzai il volto con il pollice per poterla guardare negli occhi che cercarono di evitare in tutti i modi un mio contatto, come se si stesse sentendo in colpa.
"Allora, te prego parlami"
"Peter ha scelto Wendy" esclamò guardandomi di nuovo, mentre una lacrima di insicurezze le rigava la guancia, mentre si mordeva il labbro inferiore per la paura alla risposta inaspettata. Io rimasi in silenzio, qualcosa mi scostò in modo non indifferente, poi capii che era solo una delle sue mille paranoie, come tutte quelle cose che la complessavano quotidianamente.
"Io infatti mi chiamo Niccolò" risposi in successione al silenzio
"Però io non sono Wendy, io non sono Federica"
"Tu sei Noemi, Noemi Scorcia" risposi facendo spallucce, ovvio per la mia semplice e coincisa risposta.
"Tu non devi stare con me Niccolò" ancor più seria esclamò, non pretendendo una replica alla sua esclamazione, che a me risultò assurda.
"Non sono obbligato da nessuno"
"Infatti, io non sono lei" rispose alzando il volto consumato dalle lacrime che la stavano spegnendo, di nuovo.
"Infatti tu sei bella come il sole, e a me piace così."
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LI AMOOO 🥹

VVB💗

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