flame: 24

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(Non mentirò dicendo che questo capitolo sarà allegro, perché non lo sarà per niente)

25.11.2022,
Fiamma

Stava seduta sul letto, la schiena appoggiata al muro dietro di lei e le gambe stese sul materasso. La sua testa era rivolta in su, verso il soffitto, che le sembrava così interessante tutto ad un tratto. Aveva indossato le cuffiette, attaccate all' MP3, e la musica in quel momento era l'unica arma che aveva contro il rumore della casetta. Dopo il suo discorso, avevano parlato tutti insieme ancora per mezz'ora, e lei si era sentita veramente capita. Le erano stati accanto, non l'avevano trattata con compassione, anzi. Ma aveva interrotto il momento, mandando tutti a cenare, mentre lei si era rifugiata in camera. Ora, mentre lei era assorta nei suoi pensieri e nei ricordi che lentamente si facevano strada nella sua testa, in cucina i suoi compagni ridevano e chiacchieravano, e lei non poteva certo biasimarli. Il suo dolore, era solamente suo. Loro cercavano di capirla, le stavano accanto, e le volevano davvero molto bene. Ma non avrebbero mai potuto capire e, per quanto volessero, non potevano prendere il suo dolore e farla stare bene tutto d'un tratto.

«Ehi» La porta che si era premurata di accostare si aprì, costringendola a staccare lo sguardo dal soffitto per puntarlo sulla persona appena entrata. «Possiamo parlare?»

Probabilmente si aspettava di vedere tante persone, insomma chiunque con cui avesse un minimato di rapporto. Sicuramente però non si aspettava che sarebbe stata Maddalena la prima che avrebbe varcato quella soglia, non dopo tutto quello che era successo. Annuì, indicandole il quadrato vuoto e libero alla fine del suo letto. Posto che la bionda occupò in fretta, sedendosi a gambe incrociate davanti a lei.

«Mi dispiace della sfuriata dell'altro giorno... Mi dispiace davvero tanto. Ho superato il limite, e ho detto cose orribili e che non ti meritavi» Prese un respiro profondo, e si sentiva già più libera. «Mi avevi raccontato cose che non avevi detto a nessuno oltre tua sorella, dei tuoi problemi a fidarti e del dolore immenso che ti porti dietro. Io però l'ho usato contro di te, e di questo non riesco a perdonarmi.»

«Io sì.» sospirò. «Io riesco a perdonarti, oggi più di ogni altro giorno ho capito quanto essere arrabbiati sia inutile e quanto io voglia avere vicine le persone a cui tengo.»

«Io voglio starti vicino, davvero»

«ti sei allontanata tu, stavolta non sono stata io a non fidarmi». La accusò leggermente, perché per la prima volta credeva di aver trovato un'amica vera e da un momento all'altro lei le aveva voltato le spalle.

«Sono così dispiaciuta, non volevo allontanarmi davvero.» Si passò le mani nei capelli biondi, nervosa. «Ho iniziato a passare sempre più tempo con Matty, e poi tu ti sei chiusa a riccio e non volevi parlare nemmeno con Samu, così ti ho lasciato allontanare mentre dovevo impedirti di farlo... mi dispiace». Ripetè, per l'ennesima volta.

«Dispiace anche a me, non sei l'unica ad aver sbagliato». Il primo sorriso le pitturò la faccia, e di conseguenza subito anche Maddalena non poté fare a meno di fare lo stesso.

«Ti voglio bene». Confessò, contenta.

«Te ne voglio anch'io». Si sporse verso la più piccola per abbracciarla stretta a se.

«Tutto come prima?» Azzardò la ballerina.

«no» scosse la testa, confondendola. «molto meglio di prima» Ridacchiarono, abbracciandosi ancora.

I pezzetti lentamente stavano tornando al loro posto, e come un piccolo puzzle stava ricostruendo la sua vita, passo per passo.

🂱

La luce era spenta, nonostante fossero ancora le nove. Maddalena era andata via dopo una lunga chiacchierata sulle ultime settimane in cui erano state lontane, e di nuovo si era trovata da sola con il mostro dentro la sua testa. I pensieri la attaccavano, il dolore le attanagliava lo stomaco e credeva di non potersene liberare. Si era sdraiata, stringendo sleepy fra le sue braccia, e aveva chiuso gli occhi cercando di zittire quelle voci insopportabili. Voleva dormire, svegliarsi il giorno dopo e realizzare che quella giornata orribile era finalmente passata come ogni anno, per poi tornare a vivere. Non che dimenticasse i suoi genitori nel resto dell'anno, ma normalmente per lei erano un ricordo che portava nel cuore piena di malinconia, ma senza dolore estremo o rabbia, in dieci anni aveva imparato che chiudersi in se stessa non serviva a niente e che loro l'avrebbero voluta felice. Più che imparato, era stata luce ad insegnarglielo. Eppure non sembrava riuscire a prendere sonno, nonostante la stanza fosse nel buio completo e lei si sentisse davvero stanca. Una mano bussò piano alla sua porta, e anche se lei non poteva sapere chi fosse, iniziava già a immaginarlo. Si stava chiedendo, fra quanto sarebbe arrivato.

«Si può?» Samu entrò timidamente e con cautela dentro la camera, come se non fosse anche sua, e solo quando ottenne un cenno dalla rossa si mise a sedere sul suo letto, davanti a lei. «Come si chiama?» Le indico il peluche rovinato che stringeva con forza al suo petto.

«Sleepy». Sorrise, passandoglielo. «Me l'hanno regalato i miei genitori quando sono nata, non me ne sono mai separata. Era in casa quella notte, l'avevo dimenticato. È sopravvissuto alle fiamme anche se è distrutto, è l'unica cosa rimasta, è tutto ciò che ho di più caro.» Gli occhi le si inumidirono notevolmente, mentre lui la guardava e ascoltava attentamene e con interesse ogni singola parola.

«Ciao sleepy, io sono Samu.» strinse la mano del picccolo koala, rubandole una risatina. «Ti sei preso cura di lei da solo per tutto questo tempo, non è vero?» Mosse la testolina del peluche come ad annuire, rispondendosi da solo. «Ma ora ci sono anch'io. Le voglio molto bene, lo sai?»

Un sorriso enorme le alpeggiava sulla faccia, eppure le lacrime che quella frase le avevano causato la tradivano, rigando il suo volto e bagnando il cuscino. Sorridendo, Samu posò sleepy e sì infilo sotto le coperte accanto a lei, sdraiato su un fianco, la guardava in faccia. Posò una mano sulla sua guancia, e accarezzandola asciugò le lacrime con dolcezza.

«Ci sono io, nana». Ripetè, come a volerla convincerla, come se volesse che davvero lei capisse quello che le stava dicendo. Era stata sola per tutta la vita, ma ora non lo era più, lui era lì con lei e non voleva andarsene.

Nascose il viso sul suo petto, stringendo tra i pugni la stoffa della sua maglietta. Samu strinse le braccia intorno a lei, accarezzandole la schiena. Pianse per dei minuti interi, consapevole che lui non l'avrebbe mai giudicata. Si chiese come era potuta stare settimane senza rivolgergli la parola, ora che si rendeva conto quanto lui le facesse bene. Pianse, e con le lacrime scivolarono via anche tutte le preoccupazioni che si portava dietro. Pianse, e poi finalmente, riuscì a dormire.

Flame | samusegretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora