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26 gennaio 2023,
Fiamma

«... Io ho paura di andarmene.» Quelle parole pronunciate da Samu a poca distanza da lei le spezzarono il cuore. Già di per se, dette da chiunque, sarebbero state distruttive, ma sentirle pronunciare dalla persona che più amava e odiava allo stesso tempo, era un'altro tipo di dolore. Si alzò inseguito da Paky, chiudendosi in camera. Lei lo conosceva meglio di chiunque altro lì dentro, sapeva di cosa aveva bisogno, cosa avrebbe detto o pensato.

Strinse i pugni sulle cosce, dentro di se qualcosa la stava spingendo a seguirlo a sua volta, ma il suo cervello fin troppo razionale la lasciava inchiodata al pavimento.

«Seguilo.» La spinse Megan, che era seduta accanto a lei. Bloom avrebbe voluto, davvero, ma qualcosa la fermò e la costrinse a scuotere la testa e, invece, alzarsi per uscire fuori.

«Che stai combinando?» Ramon la guardò, posato al muro.

«Mhh... mi siedo?» Lo guardò confusa, mentre prendeva posto sul divanetto e si copriva con la coperta che qualcuno ci aveva lasciato sopra.

«No, idiota, sto parlando di lui.» La fissò intensamente e Bloom ebbe paura che potesse leggerle dentro. «Perché sei qui e non da lui?»

«A cosa servirebbe? Perché dovrei farlo?» Alzò le spalle.

«Perché tu gli servi.» La colpì dritta al centro dello stomaco. «E lui serve a te.» Un altro colpo stavolta dritto al suo cuore. «Siete fatti della stessa materia.» Quelle parole non potevano che convincere anche il suo cervello, stupido quanto intelligente, sciolto da quella frase.

Samu stava in sala relax a ripassare la coreografia della sfida, un paio di cuffie nelle orecchie e la canzone ripetuta a palla. Quando sbagliò l'ennesimo passo, per colpa dell'ansia e della paura, si colpì il petto con rabbia.

«Ti farai male.» Quelle parole lo spaventarono. Non tanto perché non si aspettava che ci fosse qualcun altro nella stanza, più che altro perché quella voce sembrava quella di un fantasma. Non sentiva la voce di bloom rivolta verso di se da quel terribile 31 dicembre che gli aveva rovinato la vita. Un mese era passato e stava iniziando a dimenticare come la sua voce lo faceva tremare. «Come va?». Samu sbatté le palpebre, prima di darsi un pizzicotto sulla guancia. Non gli sembrava vero, forse stava sognando tutto. Bloom aggrottò le sopracciglia. «Sono qui davvero, Samuele.»

Stava quasi iniziando a spazientirsi, perché da quando era entrata il ballerino non aveva più aperto bocca, a stento respirava ancora.

«Sto bene.»

«Non sembra.»

«Già.»

Un veloce scambio di fredde battute, prima che si sedessero entrambi sul pavimento ghiacciato per stare zitti a guardarsi negli occhi.

«Penso che vincerai la sfida.»

«Lo spero, ma-»

«La vincerai.» Lo bloccò. «Se non lo sapessi non lo direi.»

«Lo so.» Samu sospirò. «Ma lui è davvero forte.»

«Tu lo sei di più.» Lo interruppe di nuovo. «Fammi vedere la coreografia.»

Si sedette spalle al vetro, appoggiandocisi. Samu sistemò tutto per la musica prima di farla partire e iniziare a ballare. Bloom sentì le braccia e la schiena ricoprirsi di brividi, così si coprì con la felpa, non volendo farglielo notare. Qualcosa dentro di lei bruciava guardandolo ballare, era come se potesse vedere la sua anima muoversi insieme a lui. Le faceva venire voglia di alzarsi e cantare, o ballare, o urlare. La faceva sentire viva.

Averla lì aveva su di lui lo stesso effetto. Per la prima volta dopo giorni, settimane forse, ballò a mente libera, come aveva sempre fatto prima di quell'evento disastroso. Eseguì per la prima volta la coreografia dall'inizio alla fine senza intoppi.

«È perfetta.» Non gli sorrise, ma avrebbe voluto farlo.

«Perché eri qui.» Lei non gli rispose, ne sorrise, ne fece niente. Sussultò impercettibilmente a quelle parole, senza farsi notare da lui. Samu attese qualche secondo che lei dicesse qualcosa, ma non lo fece, anzi si alzò pronta ad andarsene. «Sofi, per quella storia di capo-»

«Sono qui perché sono umana e non mi piace vedere gli altri stare male, non perché mi importi o ti abbia perdonato.» lo interruppe, e spurò fuori quelle parole senza guardarlo, per non vacillare, prima di scappare via.

Quelle parole fecero più male a lei che a lui, che uscì ricacciando indietro le lacrime che si erano formate ai lati dei suoi occhi. La distrussero perché erano grandi, enormi, bugie. A lei di lui importava, e anche tanto, e per quanto non volesse dentro di se l'aveva già perdonato. L'aveva perdonato la prima volta che le aveva chiesto scusa, la prima volta che qualcuno le aveva raccontato di cosa diceva di lei e di come i suoi occhi brillavano. Lo odiava, ma dentro di sei era già tornata ad amarlo.

🂱

Breve ma intenso, suppongo.

Flame | samusegretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora