Prologo

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Negli ultimi due anni sono stato un disastro - e non mi sto riferendo alla scuola. Quella tutto sommato mi è andata bene. Non riesco ad elencare ogni momento che ho passato perché tutto sembra scomparire così velocemente, ma ricordo la gelosia che provai nel vederla insieme a qualcuno che non fossi io. Ne ero servo, tanto che a un certo punto mi ha portato a isolarmi e chiudermi in me stesso e a perdermi in immagini astratte. Così lontane dalla realtà da sembrare appartenenti a una dimensione parallela in cui io e lei stavamo insieme senza il muro -issato da me- a separarci. L'ho fatto pensando che avrei potuto risistemare le cose, ma anche reprime quello che sento quando le sto accanto. Un vortice, letteralmente, di emozioni contrastanti. Mi fanno perdere il controllo e non è un bene perché quando succede non ragiono lucidamente e rischio di dire o fare cose sbagliate...come è già successo in più di un'occasione, purtroppo.

Mi sono sentito un vero idiota per il modo in cui l'ho trattata. Lei non lo meritava. Dopo il nostro bacio sul treno avrei solo voluto continuare ad accarezzare la sua labbra, avevano un sapore dolce come il miele, dato dal suo burro-cacao all'albicocca. Ma siamo stati interrotti e poi rendendomi conto di aver toccato il frutto proibito -la sorella del mio migliore amico che ucciderebbe chiunque le si avvicini troppo- mi sono comportato come se non fosse successo niente, respingendola ripetutamente e ferendola profondamente.

L'ho sentita piangere e puntualmente dentro me si formava un nodo in gola. Il senso di colpa mi divorava e in quei momenti avrei tanto andare dritto da lei per consolarla, ma sapevo che mi avrebbe cacciato -giustamente- e quindi restavo dov'ero. Ma ad ogni modo, il fatto è questo: anche nel caso fossimo destinati, se anche lei prova lo stesso...io non posso fare questo a Harry. Sua sorella è la cosa più preziosa che ha e io non posso portargliela via come se nulla fosse per un "capriccio".

Non posso dirlo con certezza, ma credo di aver iniziato la mia vita quando lei bussò alla mia porta, prima non avevo molto per cui valesse la pena lottare oltre alla mia famiglia. Dentro me ha azionato qualcosa che non osavo nemmeno immaginare. Ora invece credo nei fiori sulla luna, sempre se esistano, luminosi e meravigliosi come lei. Quando la guardo mi sembra di annegare in una marea dorata come le pagliuzze che le luccicano negli occhi quando è felice. Quando la osservo da lontano, nell'ombra in modo che non mi veda, quelli sono gli istanti che preferisco. Nessuno mi nota e io posso rimanere a guardarla fin quando voglio. Ho sempre saputo che fosse speciale, fin dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti, ma non credevo che una ragazza così gentile e allo stesso tempo distratta e ritardataria come me, mi sarebbe entrata nel cuore in questa maniera. Togliendomi il fiato ogni volta che i nostri occhi si incrociano.

Quando ho capito di provare qualcosa nei suoi confronti? Un giorno d'autunno del secondo anno.

La scuola era iniziata da poco e lei stava correndo così in fretta -probabilmente perché in ritardo a qualche corso- che è caduta delle scale principali della scuola, quelle che portano alla Sala Grande. Per fortuna ero nelle vicinanze e l'ho afferrata prima che battesse la testa. Le ho dato una mano a riprendere l'equilibrio, con un sorriso divertito sulla labbra. Era diventata rossa come un peperone e aveva un'aria così adorabile. E fu lì che catturò il mio fato. Se prima di allora, non aveva capito cos'era quel pensiero fisso su di lei, in quel momento mi venne chiaro: mi stavo innamorando.
Per qualche istante i miei occhi non videro più altro che lei. Respiravo con difficoltà e mi resi conto che se mi immergevo troppo in profondità in quelle sue iridi così simili alle mie, avrei rischiato di annegare.

«Grazie Ron. Sei la mia salvezza.»  disse lasciando la mia mano, riportandomi sulla terra. Mi ripresi, ma non seppi cosa risponderle quindi mi limitai ad annuire. Lei ricambiò il gesto e se ne andò.
La guardai fino a quando fu fuori dalla mia visuale e poi cominciai a tornarmene in sala comune. Una volta arrivato, dissi la parola d'ordine ed entrai per poi chiudermi la porta della mia stanza alle spalle e mi misi sul letto a studiare un po' per il compito in classe che avrei dovuto sostenere del giorno dopo confidando nella mia fortuna di cavarmela con poco.
Purtroppo però non servì a distrarmi, la mia mente continuava a riportarmi da lei.

La mia Est. La mia stellina. La ragazza che senza rendersene conto oramai ha preso ogni potere su di me. Potrebbe costringermi a fare qualunque cosa, perché anche nei momenti di difficoltà, tira fuori il meglio di me.

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