| Capitolo II | - Anonima

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La ragazzina senza nome non aveva più riaperto gli occhi sul mondo.

Papà ci spiegò che l'impatto con il nostro fuoristrada le aveva rotto una gamba e due costole, oltre ad averle causato un forte trauma cranico.

Che fosse sopravvissuta sino all'arrivo dell'elicottero dei paramedici aveva dell'incredibile. La scena della lettiga calata dall'elicottero, assieme a due infermieri in giubbotti catarifrangenti, si dispiegava ancora in un loop nelle mie retine. Più ripensavo all'impatto, più mi convincevo che il balzo della ragazzina fosse stato quasi troppo fulmineo, troppo scattante... innaturale? La cosa più fica che avessi mai visto, parola mia! Sempre se lei si fosse rimessa, certo...

"É stata graziata." Aveva commentato la mamma, travolta dal sollievo, non appena il nostro avvocato era riuscito a scoprire che le condizioni della piccola erano stabili.
Papà, pur non condividendo la fede di mamma, che era ebrea professante, per una volta si era addirittura astenuto dal roteare gli occhi. Ero certo che si stesse tormentando nel pensare a cosa avrebbe potuto fare diversamente.

Nessuno aveva potuto avvicinarsi prima che la nube si ritirasse (il che sarebbe equivalso a un suicidio). Ciò era accaduto in tempo perché la maggioranza dei centri abitati fosse risparmiata dalla cottura istantanea.

I media non parlavano d'altro che di quell'evento fenomenale (e, ah già, della tragedia di centinaia di morti, feriti e sfollati)... mentre io non riuscivo a smettere di pensare a quell'incredibile ragazzina. Si sarebbe ripresa, ma non era chiaro a quale prezzo.

"Se l'avessi vista prima..." mormorai, studiando accuratamente le piastrelle al di sotto delle mie All Star.
Diego mi affibbiò l'ennesimo spintone scherzoso. "Lore, se non avessi gridato, papà non avrebbe fatto in tempo a rallentare! Sarebbe morta sul colpo!"
Seppur scuro in viso, papà annuì, abbozzando un sorriso.
"Hai salvato una vita, Lore. Sono... davvero fiero di te."

Avevo tante insicurezze da riempire un catalogo (è su Amazon, se interessa a qualcuno), ma le parole di mio padre e mio fratello mi tranquillizzavano. Per una volta, lui aveva addirittura evitato di insultarmi.
Quanto ai miei... non si davano pace per quanto avevano involontariamente fatto a quella sconosciuta. L'incidente, in aggiunta al trauma dell'eruzione vulcanica, avevaimpattato più sulla mamma che non su di me. La sera precedente l'avevo sentita piangere nella stanza adiacente della suite in albergo, mentre papà le sussurrava parole inudibili per consolarla.
Né io né Diego, completamente svegli nei reciproci letti, ne avevamo fatto parola. Lui si era limitato a spostarsi sul divanetto e ad accendere un film in streaming su un sito pirata con il volume al minimo; io mi ero aggregato a lui, sino alle tre passate.

"Pa'..." riprese Diego, riportandomi bruscamente al presente "Hai poi scoperto chi è? So che hai aizzato il Segugio!"
Segugio era un nome da noi coniato per l'avvocato napoletano di papà. A parer mio, gli si addiceva assai più di quello di battesimo.
"No, per ora nulla, ma vedrai che presto scoprirà qualcosa. Lo fa sempre!"

Già, il Segugio era un uomo dalle mille risorse, con la soluzione in mano, eppure... aveva mai fronteggiato una situazione simile, mi chiedevo?

Mentre papà rispondeva, adocchiò il gesticolare di mamma, immersa in una discussione con un medico appena oltre la curva del corridoio. Era orario di visite, ma i non-famigliari non erano ammessi. Un peccato che non ci fosse nessuno lì con lei.

"Ma qualcuno la starà cercando!" obiettai, sorpreso.

Papà si lisciò le maniche dell'elegante giacca da uomo d'affari, apprestandosi a dare manforte a mamma. Al tempo stesso, non voleva lasciarci da soli.
"Non che si sappia, Lore. La polizia non sa neppure se sono..." si schiarì la gola. "Mhmm, vedrai, spunterà fuori qualcuno! Non può essere sola al mondo!"

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