| Capitolo XX | - Prigioniero

45 10 43
                                    

* LORENZO *

Non mi avevano legato, ma non avevo modo di andare molto lontano. Avevano avuto la gentilezza di scavare per me una profonda buca, dalle lisce pareti in pietra.

Gli Aesir dovevano aver formato un accampamento tutto intorno.
Sentivo le loro voci, ascoltavo i loro discorsi distorti dall'eco e dal vento.

Non che avessi altro da fare o avessi anche solo tentato l'impresa di Sisifo di arrampicarmi: un Aesir mi sorvegliava costantemente dall'alto. Dall'aspetto ricordava in modo impressionante La Cosa dei "Fantastici Quattro", con la differenza di avere tre occhi.

Tamburellai sul mio cellulare nascosto nella tasca della giacca, chiedendomi se seriamente la dea bendata mi avesse maledetto. Non una tacca, in quel dannato buco... E dubitavo che gli spiriti della terra avessero una remota idea di cosa un telefono fosse.

Avevo inviato messaggi a manetta, testuali e non, sperando in un miracolo, un ramingo segnale elettromagnetico che riuscisse ad attraversare la roccia.

Una nuova ombra si stagliò tra me e il cielo della sera: la mezzosangue fanatica era tornata.
"Fame, umano?"

Non risposi. Il risolino che accompagnò la sua voce mi lasciava scarse speranze di ricevere un panino.
Con mio indicibile sollievo e sorpresa, qualcosa fu davvero lanciato nel buco: un bitorzoluto sacco nero.
Fui abbastanza lesto da scansarmi, ma esso esplose sul pavimento, distribuendo ovunque vecchie bottiglie di plastica e immondizia.
"Abbiamo trovato questa roba nel bosco... Deve averla persa un mortale!" Soggiunse serenamente, a mo' di spiegazione "Non è bello vedersela lanciare addosso eh?"

Strinsi i pugni, sforzandomi di controllare la lingua... Ma che diavolo? Che avevo da perdere, dopotutto?

"Lanceresti schifezze anche a tua madre? Lo sai, no, quella umana?" Ci riflettei "... Quella con cui tuo padre deve aver trascorso diverse ore piacevoli."
Era una scena che, dopo averlo visto, preferivo non immaginare, ma qualsiasi cosa pur di irritare la pazza.

Seguí un'istante di incredulo silenzio, giacché la ragazza impiegó un'istante a mettere a punto con una risposta.
"Cosa hai detto, sacco di carne!?" proruppe la ragazza "Vuoi morire, per caso?"

Riflettei in fretta. La sua era una minaccia vuota, ma c'era molto che poteva farmi senza uccidermi. Dovevo prestare attenzione alle mie parole.

"No, vorrei che avessi il coraggio di scendere giú e guardarmi negli occhi. Cosí potrai spiegarmi meglio quale viaggio mentale ti ha convinta di essere migliore di me."

La-Cosa-con-tre-occhi scoppió in una rauca risata.
"Ha già capito come prenderti. Rianne, ferma! Intendi seriamente assecondarlo?"

"Hai cinque minuti di pausa dalla guardia, Trekka."
La creatura non si fece pregare, scomparendo alla mia vista. I suoi passi fecero tremare la terra e provarono una lieve pioggia di terriccio, ma nulla in confronto a quando la pazza saltò nel buco. Preparando il telefono nella mia mano, dentro la manica, mi appiattii contro il muro.

Andiamo, l'hai già fatto altre volte, dissi a me stesso, Hai un fratello cleptomane. Tu restituisci un terzo delle sue refurtive da anni. Hai infilato centinaia di volte oggetti nella borsa di qualcuno, tra cui un mazzo di chiavi alla preside.

Già, ma mai il mio telefono nelle tasche striminzite dei jeans di una donna... o meglio, una ragazza di pietra in grado di fracassarmi la gabbia toracica con un pugno.
Quelle di dietro erano la mia unica speranza...

La pazza mi atterró agilmente davanti in frastuono di pietra su pietra e bottiglie di plastica rotte. Tutta la mia determinazione si afflosciò.

"Dicevi? L'eco potrebbe aver ingannato le mie orecchie." Mi scherní, inclinando il capo e focalizzando due minacciosi occhi verdi sui miei.

Dal profondoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora