| Capitolo XIX | - Improbabili alleanze

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* NAAY *

Freddo sibilo d'anima
Antro cavo di cui vento
è voce.
Vendetta, cela la lacrima
Incendia il mio tormento
atroce.

Mio fratello era un ostaggio affinché, per salvarlo, io scegliessi di condannare il resto dell'umanità. Non aveva il minimo senso! Non riuscivo a capacitarmi che stesse accadendo!

A quanto ne sapevano i suoi simili, Irsas si era offerto volontario per comunicarmi i termini dell'accordo che mi offrivano: la vita di Lore, che sarebbe rimasto sotto la loro "custodia", per la mia collaborazione.

Irsas si dichiarò contrario all'idea e, a detta sua, era dalla nostra parte. Apparentemente, mi aveva trovato grazie al marchio, che poteva fungere da ago puntato nella mia direzione... la fonte del suo potere. Un potere enorme, apparentemente.

Imprecando, Cail si affrettò ad estrarre un pendaglio identico dalla maglietta e mi chiese il mio, mormorandovi sopra una sorta di incantesimo. I pochi istanti che trascorsi in assenza della mia pietra parvero un'eternità. La mia forma Aesir tentava di affiorare, il mio corpo tendeva a surriscaldarsi.

Non appena mi infilai il monile al collo, mi sentii una persona nuova e il sollievo si dipinse anche sul volto di Cail. Parte del potere che mi scorreva nelle vene era in lui e parte del suo in me. D'improvviso ero più forte e concentrata di quanto non fossi stata... Da molto tempo.

"Che cosa hai fatto?"

Mi rivolse un sorriso triste. "Ma certo, non ricordi il rituale... ho riequilibrato i nostri medaglioni, così che non ci possano più trovare. Il caldo e il freddo si controbilanciano, celandoci alla loro vista. Inoltre, la cosa ci consente di rimanere in forma umana più a lungo."

Per quanto non avessero alcun senso, ma decisi di prendere per buone le sue parole, per ora. Cail incrociò le braccia e con rinnovata sicurezza si rivolse a Irsas:

"Ho una domanda che forse potrebbe evidenziare l'ovvio..." roteò gli occhi di ghiaccio "Per quale dannata ragione dovremmo fidarci di te?"

L'Aesir della Crosta era uscito dalla vegetazione, ma manteneva prudentemente il fiume di mezzo. Non ero certa di quale vantaggio tattico gli avrebbe dato. Evidentemente era spaventato da noi.

"Non dovreste, ma non avete scelta. Io... ritengo che il ragazzo non meriti di morire." disse, scoccandomi un fugace sguardo. "E a differenza dei miei fratelli e sorelle, so cosa comporterebbe una guerra tra questo mondo e i suoi abitanti mortali: distruzione totale. Loro non hanno mai percepito la vera distruzione."

I miei pugni serrati si distesero per un istante. Nonostante l'avvertimento silenzioso di Cail, mi avvicinai al fiume finché le mie scarpe sfiorarono l'acqua. Lo stesso fece Irsas, con riluttanza.

"Lo so. Ho visto... cosa è successo alla tua casa. Per la seconda volta." realizzai di colpo. "Dev'essere stato tremendo."

Irsas annuì cupamente. "So che gli Aesir del Mantello hanno poco controllo sui fenomeni vulcanici in larga scala. Ho sempre convissuto con la certezza che sarebbe successo di nuovo... ti udii, Atride. Ti udii quando chiedesti a tua madre di placare la sua furia e risparmiare almeno parte della mia casa."

Mi sforzai di richiudere la bocca, prima che notasse il mio shock. Non ricordavo neppure ciò di cui stava parlando, ma dubitavo fortemente di averlo fatto per lui... più probabilmente, per gli umani attorno a me. Ad ogni modo, non si sputava su un'ascia di guerra sul punto d'essere sepolta.

Annuii, realizzando di non aver bisogno di mentire. Pensai alla mia madre umana, al tono di voce con cui mi calmava quando ero appena uscita dall'ospedale e l'infinità di cose che non conoscevo mi spaventava.

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