7: Free again

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"CARCERATI! SIAMO TORNATI!"

La voce di Dehya interruppe il discorso di Zhongli e Childe quando, effettivamente, ce n'era più bisogno.

Childe aveva proposto un accordo a Zhongli, accordo che reputava difficile, ma piuttosto ragionevole. Era disposto a credergli di essere amato da lui, ma aveva bisogno di capire quali fossero le motivazioni che, un anno prima, lo avevano fatto trasferire improvvisamente in Canada. Zhongli doveva confessare tutto prima della fine dell'estate.

Childe ormai non dubitava più che Zhongli fosse ancora innamorato di lui: non aveva motivo di mentirgli su quello, soprattutto se, dopo un anno, era tornato da lui con la stessa convinzione. Non ci avrebbe guadagnato niente, a dire una bugia.

A Childe, però, non piacevano i segreti. Aveva già sofferto abbastanza, vedendosi abbandonato sulla soglia di casa, senza alcun preavviso. Se Zhongli aveva una buona giustificazione per spiegare quel comportamento, avrebbe fatto bene a comunicargliela, perché Childe non avrebbe più retto una bugia del genere.

Forse avrebbe voluto essere più maturo, a quel tempo, o almeno, più reattivo. Invece era rimasto fermo sulla porta di casa, tremante di rabbia e disperazione, mentre guardava Zhongli scendere le scale.

Quelle che Zhongli gli aveva dato gli erano sembrate soltanto stupide scuse: la borsa di studio, il nasconderlo per non ferirlo, l'idea di fare tutto per il suo bene. Gli stava nascondendo qualcosa, e Childe non lo sopportava.

Non sopportava più, in generale, sentirsi dire che la gente faceva le cose per il suo bene, per poi lasciarlo indietro.

Per un attimo, si era sentito di nuovo lo stesso ragazzo di dieci anni prima, quello che era stato spedito su un aereo e aveva guardato i suoi genitori restare fermi dietro il confine dell'imbarco. Lo stesso ragazzo che fissava, impotente, le persone che si allontanavano da lui, lasciando che se la cavasse da solo.

Sua zia Nadja, o come amava farsi chiamare lei, "La Tsaritsa", lo aveva tirato per mano con dolcezza, ma anche con fermezza, attenta a non fargli perdere il passaporto. Lo aveva aiutato a portare via la valigia, mentre Childe teneva fermo i piedi per terra,non volendo muoversi di un passo.

"Non voglio andarmene.", aveva ribadito Childe, mentre guardava il suo fratellino Teucer, ormai lontano, piangere, senza che neanche i due fratelli piùgrandi,Tonya  e Anton, riuscissero a consolarlo.

Non voleva andarsene dalla Russia, da Pietroburgo, da dov'era cresciuto. Non voleva lasciare gli amici con cui si vedeva da anni, la sua casa di campagna e quella di città, dove stava sempre con i suoi fratelli. Non voleva smettere di prendere lezioni di recitazione, nè incominciare a imparare una nuova lingua da capo, in un posto dove nessuno lo conosceva.

E,soprattutto, non era convinto di meritarselo. Non aveva fatto niente di male. Eppure, gli avevano detto che era stato fortunato a scamparsela, e che non era il caso che attirasse ancora l'attenzione.

Childe era infuriato più che mai, a quell'idea.

Attirare l'attenzione? Era stato semplicemente sé stesso. Aveva cercato di proteggere quelli come lui. Sè stesso e i suoi amici. Nient'altro. Forse avevano fatto le cose in maniera ingenua e sconsiderata, lui, Dottore, Pantalone e Arlecchino ma le loro azioni erano davvero così terribili? Così incomprensibili da doverlo cacciare via dalla Russia pochi giorni dopo?

"I tuoi genitori lo hanno fatto per il tuo bene, tesoro. Uno come te starà meglio, in un altro posto.",gli aveva detto la Tsaritsa, sforzandosi di sorridergli. "Persone come quelle non potranno più farti del male, se andrai lontano. Lo capisci, vero?"

"Forse. Non lo so.",aveva ammesso Childe, stringendosi nelle spalle. "Io...volevo soltanto restare a casa. Non capisco perché devo pagarla io, solo perché alla gente non vado bene. E non capisco perché i miei li appoggino. Così, stanno facendo solo il loro gioco."

Rain of Stone (Gossip In The Woods)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora