1. Luxury

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Nikita

Le luci si spensero, sentii i mormorii eccitati degli uomini sulle poltrone, ma durarono un attimo, poi tutto si fece silenzioso: attendevano la mia comparsa come se fossi un Dio da venerare, perché loro sapevano che, finalmente, era giunto il mio turno, sarei salita su quel palco e avrei ballato come solo io ero capace. Nessuna delle altre ragazze riempiva il locale come facevo io; erano persino stranieri, quelli che cercavano di comprare un biglietto per vedermi ballare, anche solo per un minuto. Nessuno rimaneva insoddisfatto. Nessuno.

Il locale, anche quella sera, era stracolmo, mi aspettavo che Dimitri, il proprietario, mi desse una paga maggiore rispetto al solito, considerati gli esorbitanti guadagni che portava a casa per merito mio.

Mi mossi con lentezza, quasi a voler dimostrare che non avevo alcuna fretta, che tutta quella platea di uomini era sotto il mio stretto controllo: io potevo decidere quando entrare o sparire dietro le quinte, quanta porzione di pelle esporre, come muovere il mio corpo, come strusciarmi su quel palo liscio. Tutto dipendeva da me ed era questo che faceva impazzire tutti, sapere di non avere il controllo su nulla.

Quegli uomini arroganti, potenti ma bigotti, nella loro vita avevano il controllo su qualsiasi cosa; la maggior parte erano uomini d'affari, politici e milionari, ai quali bastavano poche parole per ottenere tutto quello che desideravano, eppure, quando entravano nella zona privata del Luxury, perdevano ogni autorità ed ero io a gestire ogni cosa. Questo li faceva impazzire: non avere il controllo su una donna.

I miei spettacoli erano tutti diversi, non indossavo mai completi uguali a quelli precedenti, non mi truccavo allo stesso modo, c'era il giorno in cui ballavo sul palo per più tempo e quello in cui ci restavo davvero poco; mi soddisfava di più sapere che ero io a decidere tutto. Ero imprevedibile ed era per quello che divenivo così desiderata.

Quando salii sul palco si sentì solo il rimbombo leggero dei miei tacchi che picchiavano il parquet, nessuno osò applaudire, strillare o interrompere in qualche maniera la mia entrata gloriosa. Fu solo quando mi posizionai esattamente al centro, con la mano premuta sul fianco e un sorrisetto sul viso, che le luci si incominciarono ad accendere, rivelando la mia siluette. La musica ebbe inizio e, con estenuante calma, feci scivolare via la mia vestaglia di velo bianco.

Quel giorno volevo appagare il mio pubblico vestendo il colore della purezza. Un'espressione innocente stampata sul volto, gli occhi ghiaccio velati di un filo di mascara, le labbra rosee come le mie guance, le ciocche nere arricciate in morbide onde e il corpo nudo, fatta eccezione per un body bianco in pizzo, il quale avvolgeva la curva del mio fondoschiena, stringendosi sempre di più in un filo quasi invisibile, il mio addome piatto e il mio seno piccolo erano coperti. La stoffa era così sottile che era possibile intravedere i capezzoli.

Mi guardai attorno, con espressione innocente, quasi come se mi sentissi persa, dopo essere scappata via dal Paradiso ed essere atterrata in quel covo di persone losche e lussuriose. Volevo che credessero fossi pura, ma non spaventata, desideravo notassero quanto fossi incline al peccato, nonostante fossi un piccolo angioletto, quanto mi incuriosiva quella situazione.

La mia mano delicata si appoggiò sul palo e la gamba lo circondò in contemporanea. Mi leccai le labbra, strusciai i seni sulla superficie fredda e gettai la testa indietro, come se stessi davvero traendo piacere. Giocavo, ovviamente, mi piaceva immedesimarmi totalmente nelle messe in scena che offrivo al mio pubblico di uomini.

Iniziai a ballare veramente e, in un solo istante, tutti scomparvero dalla mia vista: esistevo io e la mia danza. Nessuno applaudiva, urlava o lanciava denaro ai miei piedi, lo avevo severamente proibito, i bodyguard ai piedi del palco erano attenti a far sì che le mie richieste venissero eseguite. L'approvazione del pubblico doveva manifestarsi solo alla fine, nessuno doveva interrompermi, mentre mi facevo travolgere dalla musica. Presuntuoso da parte mia, certo, ma, in fondo, io ero fatta così, peccavo di superbia, dunque, non avevo bisogno che qualcuno mi dimostrasse, tramite battiti di mani, che fossi la migliore, io sapevo di esserlo e mi bastava ciò.

La regina di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora