14. Affari

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Ares

Ero sveglio dalle sei del mattino circa, nonostante quella notte avessi fatto tardi, poiché ero rimasto in ufficio a studiare le mie mosse seguenti nei confronti dei nuovi nemici: gli albanesi. Avevo fissato una riunione con il consiglio formato dai membri anziani della Bratva, così come mi avevano suggerito Hermes e nostro padre, anche se, forse per la prima volta nella mia intera vita, avrei voluto agire come suggeriva Dioniso, quindi gettando nel dimenticatoio le opinioni del consiglio e affrontando gli albanesi come meglio credevo. Avrei fatto così perché i membri anziani non erano persone affidabili, avevano dimostrato più volte il loro interesse solo nei confronti del denaro ed erano conosciuti per essere dei volta bandiera, inoltre, non tutti avevano accettato fin da subito la decisione di mio padre, il quale aveva lasciato prematuramente il ruolo di pachan e lo aveva posto nelle mie mani, che allora ero da poco ventiduenne. Era accaduto un anno dopo rispetto alla conclusione della guerra tra i Volkov e la famiglia di Nikita, i Lipovsky.

Il consiglio aveva, dunque, cercato in ogni modo di prevalere nei miei confronti, credendomi ancora un bambinetto ingenuo e facilmente manipolabile, ovviamente, non erano mai riusciti nei loro intenti, mi ero dimostrato sempre un passo avanti rispetto a loro. Inoltre, si erano maggiormente indispettiti nell'esatto istante in cui avevo nominato come Vor i miei fratelli, prima Athena e Hermes, poiché già maggiorenni, e poi, di recente, anche Dioniso; era tradizione, infatti, che i consiglieri ufficiali del pachan fossero scelti tra i membri del consiglio, tuttavia, avevo rotto gli schemi. Nessuno si era apertamente ribellato alle mie decisioni, ma nutrivo dei sospetti nei confronti di alcuni membri e stavo scavando a fondo per trovare delle prove che confermassero tutto, così da poter distruggere definitivamente il consiglio e liberarmi dei traditori.

Quell'ultima settimana era stata davvero impegnativa, visto l'annuncio del fidanzamento con una Lipovsky e tutto quello che ne derivava, ed era capitato, più spesso di quanto avrei voluto ammettere, che mi fossi addormentato nel mio ufficio. Talvolta mi era persino capitato di rimanere sveglio tutta la notte e di dormire qualche ora nel mio ufficio nei momenti morti della giornata, tuttavia, nonostante non mi fossi mai presentato nella camera da letto, che adesso condividevo con Nikita, quest'ultima non si era mai lamentata, anzi, ero ben consapevole che fosse molto compiaciuta per quella mia mancanza. Mi ripromisi che, tornato dal breve viaggio di affari in Polonia, per incontrare Salvatore Mancuso, avrei ripreso a dormire nella camera padronale e a tormentare la mia dolce fidanzata.

Dopo aver passato circa due ore nella palestra sotterranea della villa, assieme ad Hermes, da sempre un mio degno rivale, mi ero fatto una doccia, vestito con un completo grigio antracite e mi ero addentrato lungo i corridoi per raggiungere la mia stanza da letto.

Non era la prima volta che entravo di soppiatto in una stanza, mentre Nikita dormiva, perciò quella volta ero già preparato al modo in cui avrebbe agito, tuttavia la trovai in una condizione diversa a quella che mi ero immaginato. Il mio angioletto era steso sul letto e le coperte non coprivano poi molto del suo corpo nudo. Il seno destro spuntava fuori, permettendomi di scrutare il capezzolo roseo, che desiderai raggiungere e a cui sentii l'impulso di dare le giuste attenzioni, alternando morsi a leccate provocanti. Poi passai a guardare la gamba sinistra, anch'essa totalmente in balia delle temperature della stanza. Ne osservai il polpaccio grazioso e i muscoli allenati, fino all'inguine bianco latte. Mi leccai le labbra davanti a quella visione angelica, dei suoi capelli scuri sparsi sul cuscino, delle sue labbra dischiuse e del suo petto che si abbassava e si alzava ad un ritmo costante. Addormentata sembrava una piccola creatura fragile ed innocente; quella visione m'incendiò al punto da suscitarmi un'erezione.

«Sai, incomincio a pensare che, quella di guardarmi dormire, sia una tua perversione.» La voce roca e indispettita della mia fiancée riecheggiò nella stanza, mentre con lentezza sollevava le palpebre e rivelava quegli occhi stupendi che la natura le aveva regalato.

La regina di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora