12. Nuova casa

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Nikita

Era passata una settimana esatta da quando Ares aveva annunciato il nostro fidanzamento ed era arrivato il momento di trasferirmi permanentemente a villa Volkov. L'organizzazione del trasferimento non fu molto faticosa; si era occupata di tutto una ditta ingaggiata dal mio nuovo fidanzato, affinché i dipendenti portassero tutti i nostri effetti personali negli appartamenti che erano stati rispettivamente assegnati a me e Nastya. Quest'ultima, infatti, non si era opposta a quella novità, mi era bastato dirle che, se non avesse voluto trasferirsi con me, saremmo rimaste entrambe nella casa che avevo comprato, così che avessi potuto controllare le sue condizioni di salute ed esserle vicino se, disgraziatamente, la malattia si fosse aggravata. La mia dolce mamma, però, credendo di farmi felice, aveva acconsentito al trasferimento.

«Fiocco di neve, lo sai che per te mi adatterei a qualunque cosa.» Mi aveva rassicurata, accarezzandomi la gota e sorridendomi teneramente. Mi si era stretto il cuore davanti a quelle parole, poiché anch'io provavo gli stessi intensi sentimenti e lo stavo dimostrando soffocando la mia libertà e sposando Ares Volkov, per proteggerla da ogni minaccia.

All'arrivo, trovammo ad accoglierci Ares, affiancato dalla governata e dalla schiera di inservienti che si occupavano della gestione della villa. Mia madre si mostrò cordiale e ben disposta nei confronti del mio futuro sposo, non mostrando alcuna reticenza nell'abitare con persone appena conosciute e in una casa che non sentiva sua. Ares, dopo aver adeguatamente salutato sua suocera, concentrò tutta la sua attenzione su di me.

«Ciao, piccolo angelo, finalmente sei qui.» Mormorò anche se non troppo discretamente, quel tanto che bastava per essere sentito da mia madre e non farle sospettare nulla.

«Ciao, amore.» Gli risposi, lasciandomi stringere dalle sue braccia, come se le ritenessi casa. In risposta mi sorrise, mi stampò un delicato bacio sulla fronte e intrecciò le nostre dita, poi, da bravo padrone di casa, ci fece strada, permettendoci di entrare nella sua immensa villa, la stessa nella quale ero già stata due volte: il giorno del mio rapimento e quello della cena con i suoi fratelli. Nadya, che avevo presentato come semplice infermiera di mia madre, per non inserire anche lei tra le leve di cui Ares avrebbe potuto far uso, ci seguì silenziosamente lungo i corridoi ampi e luminosi, mentre camminavamo per raggiungere i primi appartamenti che ci voleva mostrare, quelli di Nastya.

«Eccoci qui. Sono al piano terra, così non è necessario salire o scendere le scale troppe volte, evitando sforzi inutili.» Mia madre gli rivolse un cenno di gratitudine ed anch'io quasi tirai un sospiro di sollievo. Aprì la porta e rivelò un salottino dotato di camino e di una splendida portafinestra che si affacciava sul giardino curato e innevato. «A destra c'è la tua stanza, Nastya, mentre a sinistra c'è quella di Nadya, così che siate sempre vicine, nel caso dovessi avere bisogno di aiuto in qualsiasi cosa.» Chiarì rivolgendosi ancora a Nastya. La chiamò con il suo vero nome, poiché, come le avevo già spiegato, non sarebbe più stato necessario celare la nostra vera identità. L'avevo rassicurata, dicendole che Ares aveva il potere di sistemare le cose con le autorità, che ancora credevano fossimo morte, e di proteggerci da eventuali pericoli. Mi aveva chiesto come potesse impedire alla mafia di tornare a prenderci, tuttavia non mi ero addentrata troppo nella questione, limitandomi a dirle che il mio futuro marito possedeva numerose conoscenze e che, essendo un uomo conosciuto a livello mondiale, aveva già provveduto ad ingaggiare una squadra di protezione. In quella maniera, aveva estirpato ogni possibile dubbio sugli uomini che presidiavano i cancelli della villa o che vagavano nel perimetro del giardino, controllando che fosse tutto in ordine. Del resto sapeva che il potere ti costringeva ad adottare delle misure di sicurezza dure e ben organizzate, in quanto l'aveva vissuto in prima persona quando ancora vivevamo nella villa principale di Vladimir, sorvegliata giorno e notte.

Le sue misure di sicurezza, però, non erano riuscite a salvargli la vita, poiché aveva sottovalutato quello che lui definiva l'anello debole della catena, pensai.

«I vostri oggetti personali sono già stati sistemati dal personale della casa, per qualsiasi domanda non esitate a chiedere alla mia governante. Adesso, vi lascio ambientarvi, nel frattempo accompagno Nikita verso i nostri appartamenti.» Annunciò Ares, ottenendo l'approvazione implicita di mia madre, la quale sorrise e annuì, facendomi poi un discreto occhiolino.

Quando finalmente rimanemmo soli, le mie labbra tornarono a formare una linea dritta, senza mostrare più alcun cenno di felicità.

«Quando entusiasmo, Nikita.» Commentò ironicamente Ares, ghignando davanti al mio comportamento.

«Avevamo concordato che dovessimo recitare solo davanti a Nastya, pertanto, quando lei non c'è, posso evitare di fingere che tutta questa situazione sia di mio gradimento.» Gli rivolsi un sorriso affilato e ironico.

«È la stessa in cui ti ha fatta finire tuo padre.»

Fui sul punto di dirgli che quello non era mio padre ormai da molto tempo, tuttavia mi morsi la lingua ed evitai di mostrargli una parte di me che avrebbe potuto usare a suo vantaggio.

«Lo so e ho accettato il mio destino.» Mi limitai a dire e in parte era la verità, poiché sì, mi teneva sotto scacco, ma confidavo che, quella situazione, non sarebbe durata per sempre, e che, presto o tardi, sarei tornata ad essere libera.

«Una martire, il mio piccolo angelo, non è vero?» Si fermò nel bel mezzo del corridoio e iniziò ad avvicinarsi. Rimasi ferma, mentre incominciavo a studiare quelle iridi verdognole, alla ricerca della sua prossima mossa.

Il mio corpo, andando contro ogni pensiero razionale, fremette nell'istante in cui le sue lunghe dita mi ingabbiarono il mento. Il suo pollice mi accarezzò il labbro inferiore, poi lo tirò con violenza, strappandomi un leggero gemito di sorpresa. Mi trattenni davanti all'impulso incontrollato di serrare le cosce davanti all'inaspettato calore che prese a crescere nella mia intimità; Ares, d'altro canto, non fu così discreto, poiché non ebbe alcun pudore, quando premette la sua erezione sul mio ventre.

Il mio ego sfrigolò, respirò soddisfatto davanti a quell'ammissione del potere che esercitavo nei suoi confronti e, al tempo stesso, avvertii anche la mia eccitazione crescere e le mutandine bagnarsi sempre di più.

«Se ti comporterai bene,» la sua voce roca fu una dolce carezza per i miei sensi «ti dimostrerò che questo matrimonio fornirà anche a te dei benefici.» Mi strinse di più la mascella. «Altrimenti, sarò il tuo peggiore tormento e tu non vuoi questo, vero, piccolo angelo?» Non risposi, mi limitai a serrare i denti e a restringere gli occhi in un cenno di sfida. Invece di mostrarsi irritato, davanti alla mia mancata sottomissione, gli angoli della sua bocca si alzarono in un sogghigno.

«Inizierai tenendo fede al patto stipulato: tua madre è a casa mia ed è al sicuro, ora mi aspetto che tu muova quel corpo grazioso per me. Hai una settimana di tempo per preparare qualcosa che sia in grado di stupirmi.»

E niente, siamo pronti per vederne delle belle tra questi due. Io vi dico solo di prepararvi perché il prossimo capitolo sarà MOLTOO spicy🤭🥵

Io vi mando un bacio e, come sempre, vi invito a lasciare un commento e una stellina. 

Alla prossima, 

la vostra Ilaria♠️❤️

La regina di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora