Nikita
La riunione con il consiglio degli anziani non era stata un totale fallimento, come invece avevo previsto, non perché avessi messo in dubbio le mie capacità, ma poiché ero a conoscenza, tramite vie segrete, dell'aria aspra che si respirava tra i membri della Bratva Volkov. Pensavo che ci sarebbe stata una lunga discussione tra il pachan e gli anziani, invece, Ares era riuscito a gestire al meglio la situazione, contrattaccando duramente per stemperare l'arroganza di Anton Melnikov. Io, d'altronde, avevo fatto strategicamente spiccare la mia figura, in modo da evidenziare la mia autorità davanti a quei maschilisti bigotti. Avevo imparato, a causa di Vladimir Lipovsky, che le donne, considerate inferiori, dovessero combattere più di quanto facessero gli uomini, per essere considerate anche solo alla pari nel mondo della Bratva; i poveretti, però, troppo impegnati a pavoneggiarsi e a gongolare pieni di stima per sé stessi, non avrebbero mai visto il piccolo serpente che strisciava alle loro spalle, quello più silenzioso e discreto, eppure lo stesso stratega che li avrebbe uccisi.
Mi legai i capelli in una crocchia disordinata ed uscii dal bagno annesso alla camera. Mi accorsi subito che una delle cameriere era stata nella stanza, a causa della scia di profumo che aveva lasciato; puntai il mio sguardo sul letto, su cui giaceva un vestito dorato, affiancato da un pezzo di carta. Mi avvicinai cautamente, immaginando da chi provenisse quel dono, presi il bigliettino in mano e lessi quello che aveva scritto.
Vestiti, ti porto in un luogo che sono certo ti piacerà. Consideralo il tuo premio per aver superato la prova.
Recitava la calligrafia ordinata di Ares. Socchiusi gli occhi e fui tentata di lanciare il foglietto nel fuoco, solo per oppormi agli ordini del mio futuro marito.
«Non sembri aver accettato il mio regalo, angioletto.» L'avevo sentito entrare, perciò la sua voce non mi fece sobbalzare.
«Non voglio andare da nessuna parte con te.» Incrociai le braccia al petto e lo guardai aspramente.
«Non era una proposta, Nikita, dobbiamo mantenere le apparenze, è importante che agli occhi dei nostri nemici appariamo uniti e forti. Persino gli anziani hanno bisogno di questo, l'hai visto tu stessa. Se trovassero una sola falla nella nostra recita, ci attaccherebbero ancora e le persone che ami sarebbero in pericolo.»
«Non tentare di manipolarmi, Ares, non funzionerà. Hai giurato che avresti protetto mia madre, è un tuo maledetto compito, da quando mi hai rapita e hai preteso che ti sposassi.» Sibilai gelidamente, con le mani che fremevano dalla voglia di colpirlo.
«Non romperò il mio giuramento, quello che è accaduto non si ripeterà, tuttavia sai bene che ogni pezzo del puzzle deve combaciare perfettamente, che nessuna pedina può essere scoperta. Questa partita, da quando i nostri padri hanno firmato quel contratto, è stata orientata verso un gioco a squadre e tu fai parte della mia.» La sua mano mi arpionò la gola e mi costrinse ad alzare lo sguardo verso di lui. «Se uno dei due non collabora, tutto va a puttane, lo sai vero?» Digrignai i denti e annuii, perché, nonostante odiassi dirlo, aveva ragione. La Bratva doveva essere forte e noi, che eravamo al vertice di tutto, dovevamo sostenere il peso degli altri e, per farlo, dovevamo collaborare.
Menti, indossa la maschera e menti ancora.
«Bene, vesti l'abito, sono sicuro che ti starà un incanto.»
****
L'autista, Valter, aprì lo sportello e, a capo chino, attese pazientemente che entrassimo nella berlina nera.
«Posso sapere dove stiamo andando?» Domandai impaziente, quando fummo soli nell'abitacolo.
«Oggi c'è la prima del Lago dei cigni al Bolshoi, ho pensato che ti sarebbe piaciuto andare.»
Il mondo smise di girare per un istante, le luci della città fuori dal finestrino si fecero indistinte, il fiato mi uscì dai polmoni, come se qualcuno mi avesse tirato un pugno nello stomaco, e i suoni si fecero ovattati.
Risentii la melodia di Tchaikovsky, la drammaticità della scena finale del balletto classico, la stessa che risuonava nello stereo di quella stanza piena di specchi in quella notte macabra.
Specchi. Specchi ovunque. Il mio riflesso oscuro. Le mie mani insanguinate. La pistola stretta tra le dita. Occhi vitrei. Suppliche, lacrime.
Ti prego.
Ti prego.
Ti prego.
«Nikita.» Ares mi diede uno scossone e mi sembrò di prendere il respiro dopo essere stata in apnea. Sbattei le palpebre, gli occhi secchi di chi si era persa a fissare qualcosa di lontano, senza vederla realmente. «Che hai, stai bene?»
Dobbiamo fingere che siamo una coppia felice, dobbiamo mostrarci insieme, andare in posti dove i paparazzi ci possa riprendere e, inconsapevolmente, fare il nostro gioco. Devi fartelo andare bene, Nikita, puoi farcela, il teatro non è un problema. Per tenere Nastya al sicuro puoi farlo. Pensai, mentre cercavo di scacciare via le immagini dalla mia testa.
«Nikita, cosa c'è che non va?» Ares mi richiamò nuovamente al presente, toccandomi il mento.
Mi sottrassi bruscamente dal suo tocco e tirai le labbra in un sorriso.
«Sto bene, non è niente.» Non sembrai convincerlo, ma non ebbe tempo di insistere, poiché l'autista fermò l'auto davanti all'imponente fontana posta all'entrata di uno dei teatri più famosi del mondo. Mi avvolsi stretta nel pellicciotto che indossavo e mi lasciai condurre dal mio fiancè, il quale aveva avvolto un braccio attorno alla mia schiena.
Quando entrammo nella struttura elegante, il direttore ci accolse calorosamente, stringendo la mano di Ares, che mi aveva anticipato essere uno dei benefattori del teatro, e baciando delicatamente e rispettosamente la mia. Ci elogiò, complimentandosi con noi per il fidanzamento avvenuto alla festa dei Volkov, dove il don mi aveva fatto la proposta, e augurandoci ogni bene. Se non fossi stata così tesa, alla sola idea di aver messo nuovamente piede in un teatro, avrei apprezzato la sincerità e la bontà del signor Stanislav.
Fu lui stesso ad accompagnarci fino al palco reale, riservato esclusivamente a noi per quella sera, sotto specifica richiesta di Ares. Ci fece portare una bottiglia del miglior champagne in circolazione e ci augurò una buona visione.
Strinsi le dita attorno al calice di cristallo, mentre le luci si spegnevano; nelle mie narici continuava ad entrare quell'odore tipico dei teatri, il profumo dei tendoni del sipario, quello del legno e dei costumi di scena. Mi sentivo a casa, eppure al tempo stesso non riuscivo a smettere di sudare e di intervallare brevi e affannosi respiri. I ricordi, che avevo ingenuamente creduto di poter gestire, affollavano la mia mente, mentre io combattevo per spingerli via. Ero conscia che quello era solo l'inizio, che il peggio sarebbe avvenuto non appena i ballerini sarebbero saliti sul palco e l'orchestra avrebbe iniziato a suonare, quando saremmo arrivati all'atto finale e io avrei ascoltato nuovamente la melodia che infestava i miei incubi peggiori.
Lo spettacolo iniziò e un applauso si levò dal pubblico. Mi costrinsi a concentrarmi sul fragore dovuto al battito delle mani, più che sui terribili ricordi, e, per un certo tempo funzionò, poi, però, caddi nel baratro e seppi che nessuno sarebbe riuscito a salvarmi.
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La regina di picche
Romanzi rosa / ChickLitPrimo vol. Mafia Series Nessuno sa cosa successe quella notte, quale fu la causa di quell'incendio che spazzò tutto via. Gli inquirenti non seppero darsi una spiegazione, forse, però, nemmeno la cercarono davvero, perché quello che importava era la...