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LEONOR

  Le prime luci dell'alba rischiarano il cielo a levante. La strada che percorriamo – ora a passo moderato – non è battuta da tempo. Siamo costeggiati da grosse betulle verdi e umide, l'erba ci sfiora i piedi bagnata dalla rugiada del mattino e un odore di sottobosco arriva alle nostre narici.

Ringrazio Cassian per aver preso più di una coperta perché ho mani e naso arrossati dal freddo, dall'aria gelida che ho accolto sul mio corpo durante le ore da poco trascorse.

   «Eccola,» esclamo con un amaro desiderio che prende forma in me, «la roccaforte dei Rodmane.» Svetta sopra le nostre teste con le sue imponenti mura abbracciate da rovi spinosi che s'intrecciano in un groviglio convulso. Tre gigantesche torri spuntano dalla cinta muraria, sono tre torri nere e appuntite. Sembrano punte di frecce intinte nel veleno e pronte a essere scoccate dritte in cielo.

   Cas ed io fissiamo la roccaforte inebetiti mentre Zefiro e Dalila rallentano e ancheggiano riprendendo fiato.

   Il rossore dell'alba rende la fortezza ancora più imponente, gioca con le insenature della roccia viva e bruna che gli fa da basamento.

   «Non eravamo mai arrivati così vicini...» E adesso ne capisco il motivo. Solo dei pazzi si spingerebbero oltre Damash. Questa zona trasuda un putrescente alone di morte ma anche tanta nostalgia, del tipo che si insinua nelle ossa come un parassita morboso.

   Noi però non siamo pazzi. Siamo disperati. Ci stiamo per buttare volontariamente tra le fauci di un intero branco...

   Deglutisco. È probabile che sia un grosso branco. Dalle dimensioni della fortezza, il più grande che si sia mai visto.

   Stringo a me le briglie sentendo il peso di ogni singola freccia che ho nella faretra, al di sotto della coperta di lana grezza che mi tiene al caldo, e qualcosa di gelido mi afferra le viscere.

   All'improvviso un tonfo richiama la mia concentrazione.
Scatto voltandomi alle mie spalle e lì trovo Cassian in piedi: è smontato da cavallo e sta trascinando la sua coperta ruvida giù da Zefiro.

   «Vuoi entrare subito nella roccaforte?» domanda, credo di aver già compreso le sue intenzioni. E non mi piacciono.

   «Devo entrare, Trevor si trova là dentro.»

   Cassian annuisce, la sua aria neutrale mi irrita particolarmente. «Allora riposiamoci, non gli saremo d'aiuto se crolliamo dal sonno» dice.

   «Come fai a essere così tranquillo?» Dopotutto si tratta di suo fratello, lo ha detto lui stesso.

   «Non lo sono.» Vedo le sue mani stringere il corno in cuoio della sella con una forza tale da avvertire degli scricchiolii provenire da essa. «Aspetta che abbia una di quelle Bestie tra le mani e vedrai quanto poco tranquillo io sia. Avranno paura di avvicinarsi a me.»

   Con un colpo di reni ordino a Dalila di tornare indietro di qualche metro.

   «Attaccarli di giorno, mi sembra un'idea migliore.» E lo è, in fondo la notte è il terreno di caccia che loro prediligono. Ma io non bagliore perdere tempo.

   Cassian mi restituisce un'occhiata che non saprei decifrare. È fermamente ostinato a riposarsi. «Solo qualche ora, Nor. Riposiamoci solo qualche ora. Abbiamo cavalcato tutta la notte e il giorno è appena iniziato.»

   «Davvero un cacciatore in gamba come te ha bisogno di un po' di riposo?» Sono sinceramente sorpresa. Cassian ha strategia, astuzia, agilità e forza dalla sua parte. Il meglio di ognuna di loro, direi. È tutto ciò a cui aspira un cacciatore.
Allora perché indugiare proprio adesso?

Sangue e Petali d'ArdesiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora