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LEONOR

    Uno dei primi nati... Gareth è uno dei primi nati!

Il Capo mi ha parlato spesso di loro: figure avvolte da un manto di nebbia come antiche leggende da narrare o spettri a cui dare la colpa di ogni cosa. Non che si possa fare molto altro a quanto ho capito. Per primi questi hanno battuto caccia e mietuto vittime; si sono serviti di zanne e artigli, spinti da una incontrollata sete di sangue. Sono stati i primi a dare inizio al grande ammorbamento che – oggi – noi cacciatori cerchiamo con tutte le forze di estirpare.

   E Gareth è uno di loro, mi ripeto come se la cosa in qualche modo possa acquisire un senso.

   «Sei troppo presuntuosa, a mio avviso.» Lo squadro da capo a piedi.
Me li ero immaginati diversi, questi primi nati, più potenti e avvolti da un'aurea putrescente di morte. Un fetore denso come grumosi torrenti cremisi...  «La fortuna è stata tua amica una volta, non puoi sperare che lo sia di nuovo.»

   Su questo non posso obbiettare. Le sue parole mi scivolano addosso, c'è ben altro ad affollare la mia mente: Gareth era presente al massacro di Tabar.
Lui sa cosa è successo, ha visto e ha preso parte a quel putiferio. Lui, o meglio, i suoi artigli potrebbero combaciare con le cicatrici che mi porto appresso. È un pensiero talmente rovente che invade ogni centimetro della mia mente.

   Se fosse vero, vorrebbe dire che alla fine di tutta questa assurda storia porterò a termine il mio lavoro e assaporerò il sollievo della soddisfazione in un sol colpo.

   Splendido, sarà decisamente appagante ucciderlo. Però... Come una scheggia di vetro il dubbio s'insinua in me. Una scheggia fastidiosa e difficile da togliere. Una di quelle schegge conficcate in profondità e pronte a diffondere un'infezione che può solo portare dolore.

   Come può essere uno di loro? Mi domando mentre la paura torna a circolare nel sangue e mi pervade come farebbe con una sciocca ragazzina alle prime armi. Come un serpente che avvolge la sua vittima, conscia della fine che l'attende aspetta di sentire le ossa spezzarsi e il fiato spirare.

   Traggo un lungo respiro riavvicinando le dita all'impugnatura della lama. Devo restare lucida. Presto il tempo delle chiacchere terminerà e allora dovrò farmi trovare pronta. Paura o no, sono una cacciatrice, e questo è il mio compito: essere pronta per respingere le Bestie, in qualunque momento. Questa volta non deve fare eccezione. Ho solo preso tempo per studiare... l'insolita situazione.

   Gareth non perde la concentrazione, mi guarda quasi fossi l'unica cosa d'interesse dell'intero palazzo. O forse, mi guarda soltanto perché equivalgo a una novità, un giocattolo difficile da maneggiare ma con cui non vede l'ora di divertirsi.

   Ma non è lui il gatto che deve divertirsi. Ricordo a me stessa.

Se non fosse per quel dubbio che preme nella mia carne non avrei esitato un singolo istante: mi sarei scagliata contro di lui, affondando la lama fino a intingere il marchio della congrega nel suo sangue per poi estrarlo e piantarlo, ancora e ancora, nelle sue piaghe cremisi.

   «Leonor,» Gareth schiocca la lingua. È un tic, quello, che odio. «Sei brava, te lo concedo. Ma non cambiare discorso. Hai paura di me, non devi nasconderlo. Non c'è bisogno di sforzarsi tanto, perché lo avverto.»

   Dilata le narici e le sue palpebre fremono sotto l'influsso di una fragranza Quella della mia paura.

   «Sei un primo nato» mi obbligo a pronunciare, ma la voce pare più un rantolo. Gareth annuisce. «Ma questo non può essere vero. Quanti anni avresti, cinquecento?»

   «Cinquecento ventisette, per l'esattezza.»

   Il cuore mi balza in gola.

   No, forse non è il cuore.

Sangue e Petali d'ArdesiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora