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LEONOR

Lo fisso a lungo con un'espressione inebetita. Un privilegio. È ciò che Gareth mi ha concesso: il privilegio di essere io a poter, anzi no, a dover mietere la sua vita. Io soltanto, nessun altro.

  Malgrado la sua aria da sentenza, e nonostante tra la decisione del suo sguardo vi abbia scorto anche della supplica, sono incerta se affidarmi completamente alle sue parole. Non devo dimenticarmi chi e cos'è. Un principe meschino e bugiardo, e una Bestia. Torno di fronte a lui, il pugnale retto da entrambe le mani. Sto per ringraziarlo, ma il mio cuore galoppa in petto quando lui fa scivolare la sua mano lungo tutto il mio braccio, tirando su la manica a sbalzo della camicia. Dei brividi ricoprono subito la mia pelle, tradiscono la mia compostezza al di sotto delle scie di sangue che lui lascia.

   Lo vedo osservare quelle tracce rossastre che le sue dita lasciano su di me e aggrottare le sopracciglia. Mi chiedo se sia confuso o non gli piaccia l'idea di avermi sporcata. Tuttavia ogni pensiero si disfa presto in tante piccole nubi fatte di cenere. E rimane solo il suo fiato, a contatto con le mie labbra. È vicino, troppo. Assorto in pensieri tanto incomprensibili quanto irraggiungibili per me.

   Desidero capire cosa gli offuschi la vista, cosa renda quei suoi occhi dorati simili a due pietre d'ambra. Ma non me ne dà l'opportunità. Mi priva di ogni centimetro, bloccando entrambe le mie braccia.

   «Questo succede, se concedo una tregua a me stesso» sussurra e le sue labbra premono contro le mie, delicate e febbrili.

   Mi bacia.

   All'improvviso il pugnale che mi ha restituito diventa troppo pesante da reggere, o forse semplicemente superfluo, e lascio che cada. Il metallo strepita sui gradini, scendendone uno ad uno con lentezza disarmante fino a risuonare in un eco trillante. Sbatte su ogni parete, colonna e finestra e torna indietro. Indietro come fanno le labbra di Gareth. Ha... paura.

   Si stacca da me quel poco che gli consenta di sfiorare a malapena le mie labbra, io sento lo stomaco ribaltarsi. Una sensazione travolgente, strana e insensata, perché provocata da lui.

   «Rimani» sussurra e io cado prigioniera del suo tocco, di quel formicolio che mi ha fatta rivoltare dal dolore nella foresta, quando ha rapito Trevor. «Rimani qua con me.» È ipnotico, il suo sguardo, il suo tocco. La sua voce.

   Resto, con te. Non voglio dirlo ad alta voce, né in nessun altro modo che preveda l'essere ascoltata. Anche solo un sibilo mi tradirebbe, rischierei di cadere ancora di più nella sua trappola. E non voglio. Tuttavia, penso non gli serva altro per comprendere cosa io stia pensando, se non le mie labbra che cercano le sue e le mie mani che si giungono sulla sua nuca. Da come mi stringe capisco che deve aver intuito la risposta alla sua supplica. Il sapore del vino è forte nella sua bocca, segno che il mio intuito ha avuto ragione ancora una volta. Invece di darsi una pulita, Gareth ha preferito annebbiare la mente bevendo.

   «Nor» mugugna mentre lo bacio e mi porto sopra di lui. Le sue labbra mi hanno rapita. «Nor.»

   Un basso richiamo. Un suono bellissimo.

   Ho sempre odiato come il mio nome danzasse sulla sua bocca, quando mi beffeggiava, quando era chiaro lo facesse per testare i miei servi e vedermi impotente senza una singola arma da brandire. Ma adesso... Potrebbe essere colpa di quel vino pestilenziale che gli rende le labbra dolciastre e appiccicose, tanto forte da annebbiare pure a me la vista. Tanto forte da farlo solamente tramite il suo sentore... Ma adoro come suona, come la sua gola vibra e i suoi occhi mi fissano.

   Affondo le dita tra i suoi capelli e lui sembra sul punto di spezzarsi. Quasi fossi il suo unico mezzo affinché i pezzi rimangano insieme, si aggrappa a me, ai miei fianchi, necessitando di più. Chiedendo di più. E io rispondo con altrettante richieste sperando che lui sappia come soddisfarle. Dischiudo le labbra, cerco la sua lingua e lui la mia, in un ballo dai ritmi lenti e decisi.

Sangue e Petali d'ArdesiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora