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LEONOR

   Si è leccato le dita con sopra il mio sangue. Gareth ha leccato il mio sangue. Era quello il suo intento: assaggiarmi. Pregustare il momento in cui il predatore sopraffà la sua preda. E lo ha fatto con occhi lucidi. Uno sguardo, il suo, che non ho mai visto. Era pieno di... desiderio. Se per il piacere provocato dal mio sangue o da altro non so. Anche se non sarebbe difficile da immaginare: cos'altro può bramare una bestia come lui? Morte. Morte e sangue si chiamano a vicenda.

   Ho il cuore in fibrillazione. Perché mai mi batte tanto veloce ripensando alle sue labbra? Alla sua... lingua. Maledizione non riesco proprio a capirlo: Gareth è una bestia, e una bestia non ragiona, non parla, non è attraente. Una bestia uccide e basta. Per questo devo ucciderlo a mia volta, prima che affondi troppo i suoi artigli in me.

   Traggo un lungo respiro immersa in questi pensieri così caotici e altalenanti.
Detesto essere continuamente indecisa, tornare sui miei passi, rimangiarmi promesse e ripetermi. E lo sto facendo: mi sto ripetendo. In modo nervoso, disarmante, senza senso.

   'Devo ucciderlo.'
   'Devo scappare.'
   'Uccidilo Leonor, e poi tornerai a Lut'helm.' Poi tornerò da Trevor e Cassian, tra le braccia di Petunia e alla solita routine fatta di missioni, birra e partite a carte contro Thoth, impegnata a schivare i suoi pugni e i suoi insulti. La solita routine secondo la quale mi immergo tra morte e paura, dove sento il letto di Cassian sbattere al muro quando non riesco a prendere sonno; quella in cui Petunia mi rimprovera per i miei atteggiamenti poco aggraziati e Trevor mi rimbecca ogni qual volta esagero con la violenza. Una monotonia dove predico prudenza, quando io per prima di prudenza non ne ho mai avuta. Una monotonia che mi soffoca.

   Sbuffo, be' anche questa situazione mi soffoca. Non è solo il corsetto che strappo all'istante e getto in un angolo della camera, ma il non sapere cosa fare e l'essere alla mercé di chi ne sa più di me. E si vanta di saperne di più! Osservo, storcendo la bocca e corrugando la fronte.

   Guardo le stecche d'osso e la rigida stoffa del corsetto ripiegata su se stessa, al di sotto delle tende pesanti e inspiro profondamente, libera.

   Gareth ha detto che mi dovevo rivestire, dare una lavata e tornare in sala per l'ora di pranzo. «E non farmelo ripetere» ha precisato con i denti non più bianchissimi, ma sporchi del mio sangue. Allora mi sono mossa come una bambola incantata dalla sua voce.

   Serro i pugni mentre lo specchio riflette la mia immagine pallida tra macchie d'umidità e crepe a ragnatela, spesse e taglienti. Un dettaglio, questo, che non ho notato l'ultima volta, semplicemente perché non c'era. Era uno specchio intonso, come intonsa era la camera. E invece, adesso, una tempesta pare aver dato il meglio di sé in queste quattro mura, con tuoni, lampi e saette. L'armadio è stato ribaltato, le ante spezzate giacciono tra cataste di abiti pomposi e pizzo.

   Faccio un passo indietro e ammiro nella sua totalità il letto a baldacchino su cui mi sono risvegliata non molte ore fa. Il materasso in primis: una matassa di piume fa capolino tra tagli netti, mentre alcuni abiti sono distesi alla rinfusa. Gli unici tessuti non lacerati sono pantaloni di seta blu oltremare, camiciole leggere con colletti e maniche a sbuffo, simili a quelle che ho fregato negli alloggi di Gareth, assieme a un paio di abili eleganti tra cui scegliere. Le colonne portanti del baldacchino hanno nuove decorazioni, rozze: profondi tagli dividono in quattro sezioni il rododendro che si avviluppa dalla base fino all'apice.

   Niente è come lo avevo lasciato, e non solamente qua dentro. Giungendo dal giardino segreto, ho notato innumerevoli graffi, schegge e tende sgualcite. Come se qualcuno avesse intenzionalmente fatto il giro del palazzo per distruggere quel poco che rimaneva intatto, cancellando ricordi e superfici.

Sangue e Petali d'ArdesiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora