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LEONOR

Infilata la camicia color avorio e dai ricami in oro nei pantaloni, la stringo in vita con una vecchia cintura dal cuoio rovinato e sono pronta per tornare a mappare il palazzo. Riprendo il candelabro che avevo lasciato a terra, nel svestirmi l'ho ricoperto con l'abito portatimi da Gareth. Questo lo lascerò qua, penso guardandolo con una smorfia disgustata, così nessuno lo troverà. D'altronde, chi mai entrerebbe in una stanza del genere? O addirittura, chi mai userebbe una stanza come questa? Fredda e sporca com'è, tanto meglio dormire in corridoio come i servi e ripararsi dal vento con le tende. Non che a quei lupi serva una coperta, il loro pelo è più che sufficiente. Non li ho mai visti patire il freddo, persino nelle missioni più a nord che ho fatto erano presenti sotto spessi strati di neve e ghiaccio. All'apice dell'inverno, loro si muovevano agili scavando solchi tra metri e metri di neve.

   Chiudo la porta dietro di me ripensando a quanto il sangue balzasse all'occhio in quelle lande bianche e candite, sotto gli abeti e le querce dai rami appesantiti e lungo i ruscelli congelati.

  Un cigolio sinistro riverbera nell'intero ambiente quando faccio il primo passo verso le scie di sangue rappreso. Sento il tessuto dei pantaloni sfiorare le mie gambe e aggrapparsi allo strato di sporco sul pavimento sotto le piante dei piedi.

   La luna è ancora chiara in cielo, un cielo scuro, privo di nubi e pieno di stelle. Mi affaccio alla prima finestra che mi ritrovo sulla sinistra e decido di far forza sugli avambracci per sedermi sul balcone. L'aria è fresca, solletica le mie guance riempiendomi i polmoni di una dolce nota floreale, ma anche di un odore ferroso.

Aguzzo la vista per vedere oltre le ombre della notte e noto degli schizzi che ricoprono l'erba umida. Mi concentro metri più in avanti, sui fiori che colorano le mura perimetrali, pure là il rosso arpiona sia i cespugli che i massi delle mura.

   Gareth ha detto di aver ucciso il Lupo che mi ha attaccata, ma una singola Bestia non può perdere tutto questo sangue. A meno che lui non lo abbia maciullato come il più inesperto dei macellai, privo di attenzione e senso estetico.

   Scrollo il capo togliendomi di testa quelle macabre immagini che fanno riaffiorare dai ricordi un tanfo indescrivibile e scene da volta stomaco.

   «Deve aver fatto fuori anche gli altri» sussurro reggendomi alla parete, «Meglio, ci sarà meno lavoro per me.» Avevo detto che non mi sarei intromessa negli affari del branco di Gareth.

   Traggo un lungo sospiro, poi qualcosa mi balza agli occhi. Tra le varietà di petali colorati e pieni, ce n'è una che riflette la cupezza della notte.

Facendo attenzione a non compromettere la ferita, scivolo in basso fino ad atterrare tra l'erba umida. Mi solletica le dita dei piedi e le caviglie mentre mi trascino al centro del giardino, fino a un angolo dove accanto a rose rosse dai bordi scuri e rose violette, trovo dei petali insoliti. Mi accovaccio tendendo le mani fino a toccare le foglie ruvide e seghettate e i petali. Sono totalmente neri, il pistillo di questi fiori è acceso, come un fuoco che divampa nel loro cuore.

   Questi fiori, io, li ho già visti...

   Sono i fiori che erano su quella tomba a Damash! Dei gigli neri.

   «Non stessi sanguinando ti avrei scambiata per un intruso.»

   I miei polpastrelli si piantano nei petali, lasciandovi le impronte.

   Sussulto per la sorpresa. Come ha fatto Gareth a raggiungermi? Non l'ho sentito arrivare.

   «Che fine ha fatto l'abito che ti ho portato?» chiede dopo un lungo attimo in cui io non ho detto niente. Al che mi stacco immediatamente dal cespuglio.

Sangue e Petali d'ArdesiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora