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LEONOR

Magia chiama altra magia.
Sangue chiama altro sangue.
E dove vi sono entrambi, la morte regna.

   Quando il padre di Cassian e Trevor mi ripeteva queste parole forse ometteva sempre di dirmi, che in fondo, lui sapeva che qualcosa in me non andava. Probabilmente ha avuto il sospetto fin dalla prima volta che mi ha vista: l'unica sopravvissuta a un massacro. Il dubbio che ne fossi responsabile si deve essere subito radicato in lui con una certa preoccupazione. E come potrei ora contraddirlo? Dopotutto è vero: io porto morte e non nel modo in cui vorrei. Non nel modo in cui mi hanno insegnato alla congrega. La porto in un modo pericoloso, senza controllo. Attiro la morte come la luce fa con le falene, solo che queste falene non sono innocue e non sono loro a risentirne. No, queste falene sono mostri assetati di sangue. Sono le creature per cui mi sono prodigata tutta la vita a imparare a uccidere, per cui ho annientato le mie emozioni. Sono gli esseri che ho odiato con tutta me stessa, sbagliando; addossando loro colpe di cui non sono realmente responsabili. E io sono la luce che le richiama, come un faro nella notte.

   Ho la magia che mi scorre nelle vene, non sono umana. Forse questo spiega tutti i miei numerosi errori: i bambini che mi traevano in inganno e quelle streghe per cui mi si è stretto il cuore numerose volte. Vederle trattate come oggetti al servizio dei loro padroni, in bordelli esotici o per predirre il futuro e creare pozioni dai risultati insoddisfacenti.

   Possiedo magia e sangue maledetto proprio come loro. Era quindi invitabile per me fuggire a questo calvario. Ripenso al pensiero fiorito non molto prima. Nessun altro avrebbe potuto portare i pesi che sto sopportando io. Nessun altro sarebbe sopravvissuto a Tabar. Nessuno eccetto me avrebbe potuto perché... è solo così che doveva andare.

   È stato il mio sangue a richiamare le Bestie.

   Il mio sangue ha acceso in loro la brama.

   Il mio sangue li ha condotti a Tabar.

   Io ho ucciso tutte quelle persone.

   All'improvviso ogni mia percezione svanisce, muri invisibili si sgretolano e i fantasmi del passato invadono lo spazio attorno a me. Come un fiume in piena mi sommergono. Non hanno volto ma le loro mani possenti e insistenti mi ghermiscono da ogni lato. Gridano. Supplicano. Sanguinano. Io sanguino. La ferita alla spalla mi fa un male tremendo. È aperta. La carne squarciata.

   Le mie gambe si muovono da sole. Sto... correndo? Mi sembra di essere senza fiato mentre il fumo si innalza, copre la mia visuale e qualcuno mi strattona indietro. Cerca di prendermi. Vuole cibarsi di me. Io grido, ma il mio urlo si perde nella cacofonia generata da altre migliaia di grida.

   Non so come, ma riesco a fuggire alla presa del mostro.

   Un sorriso brucia contro la mia schiena, sento i suoi occhi puntare la mia pelle, le sue zanne cercare la mia carne. Ma io corro. Corro finché trovo rifugio in una casetta e tremo finché questa mi crolla addosso...

   «Facciamo vivere questo maleficio in eterno, insieme.» Lioniel torna padrone della mia vista. I fantasmi svaniscono liquefacendosi in spirali catramose.

   La morsa che prima premeva attorno alla mia gola, adesso è scesa. Si è ammorbidita, ma brucia con la forza di mille spilli arroventati.

   Scorre sulla mia clavicola e prosegue per la spalla fino a tracciare i contorni delle mie cicatrici. Le dita di Lioniel combaciano con ogni segno. La pressione che esercita in quel punto mi fa venire il voltastomaco. Lui sorride, come se sapesse l'effetto che mi provoca. Come se fossi completamente alla sua mercé, un pugno di argilla in attesa che lui lo modelli per dargli significato. Per dare un senso e uno obiettivo alla mia esistenza. Uno vero. Uno che si confà alla mia natura, perché non sono più Leonor la cacciatrice e la Sopravvissuta. Sono Leonor... la strega.

Sangue e Petali d'ArdesiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora