Capitolo 22

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"P-Piet

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"P-Piet... Pietà...".

Misero.

Un uomo misero e frivolo, senza anima, senza cuore... Un uomo che voleva solamente fare del male agli altri, solo per i suoi tornaconti.
Figli trattati come animali da macello, cresciuti con l'idea malsana che la violenza era la strada giusta e corretta, per ottenere ogni cosa. Omicidi, stupri, loro erano cresciuti in quel modo, con quella violenza contorta.
Li obbligava a provare affetto nei suoi confronti, crescendoli con la sola forza bruta. Non un abbraccio, non una carezza, utilizzava solamente la paura.
Il minimo errore veniva punito, e le punizioni venivano scelte dal livello di rabbia repressa che aveva quell'uomo. Nei suoi giorni felici, un pugno era più che sufficiente.

Eppure, entrambi i fratelli, minore e maggiore, posti a due lati differenti di quella scena, non mossero un dito. Non mossero un dito quando l'enorme uomo era in ginocchio, con fiotti di sangue che uscivano da ogni dove del suo corpo, e pregava con infimità per la propria vita, ad un ragazzino che un cuore lo aveva.

Un ragazzino che teneva la pistola puntata dritta nella fronte del grande Endeavor, il terrore di ogni proprietario terriero, il declino di ogni attività... Stupratore, uomo disgustoso...

I due figli, da sempre obbligati a portare rispetto all'uomo che stavano osservando, rimasero immobili, seri, impassibili.

Il più grande, Touya, ragionò su ogni cosa gli era stata posta ed ordinata, usato come immagine nelle azioni più depravate e folli, cresciuto con l'ideale di non provare affetto. Mai una lacrima doveva essere versata, perché se anche solo una goccia di quell'acqua salata osava uscire da uno dei suoi occhi, il dolore aumentava ancora di più.
E provare emozioni era totalmente sbagliato, non doveva avere legami con nessuno... e fu ciò che fece, pensando che forse era la strada giusta.

Il folle Dabi, colui che doveva occuparsi di tutto il lavoro sporco...

Allontanato dalla sua stessa famiglia, perché non abbastanza bravo per determinati lavori. 

E Shoto, cresciuto come il gioiello della famiglia, intoccabile, superiore. Come se fosse una sorta di divinità, ma lui non aveva mai voluto essere così.
Gli sarebbe tanto piaciuto essere normale, un ragazzo bravo e buono, un ragazzo con le proprie esperienze da tenere ben custodite dentro al proprio cuore.

E invece era cresciuto non provando mai l'ebrezza del vivere. Non provando mai cosa volesse dire venire abbracciati da qualcuno, da un amico, da un familiare, da... un fratello.

E tutto quello, per colpa di un uomo...

Quell'uomo inginocchiato.

E non mossero un muscolo, non un passo fu fatto, mentre bastava un leggero movimento di indice da parte del ragazzino dai capelli verdi e tutto quello sarebbe finito.

Cosa ne sarebbe stato dei Todoroki? Sarebbe stata una buona mossa?

O magari, l'era del terrore sarebbe finalmente finita...

"Pietà... - La voce di Izuku era glaciale, mentre premeva la canna della pistola al centro della fronte di Endeavor - Tu... Tu non meriti pietà... tu meriti il dolore che hai sparpagliato ovunque tu hai messo piede... meriti di soffrire, di piangere, di... di avere il cuore spezzato. Tu non sei un uomo... tu sei feccia... E non... non puoi neanche redimerti... perché... sei un mostro".

La voce del ragazzo tremò, mentre gli occhi si riempirono di lacrime. Tutto ciò che aveva incanalato, tutto il dolore che aveva trattenuto come un macigno dentro al suo petto, era lì pronto ad uscire fuori, furioso... E crollò con le lacrime, mentre il cuore gli faceva dannatamente male.

Lui... aveva perso tutto.

Aveva perso qualsiasi cosa, e se avesse premuto il grilletto, avrebbe perso perfino sé stesso.

Ma doveva farlo... voleva.

"T-Ti... p-prego... - Un rantolo uscì dalla bocca dell'uomo in ginocchio, mentre provò ad avvicinarsi al ragazzino che continuava a far uscire copiose lacrime dai suoi occhi - N-non puoi ucc-idermi... N-non sporcarti l-le mani d-di sangue...".

"Non ti avvicinare!". Gridò, facendo un balzo indietro, ripuntando la pistola alla sua testa. 

Strinse i denti, stringendo anche la presa sulla pistola, mentre un profondo respiro entrò dentro ai suoi polmoni, cercando di gonfiarsi e prendere sicurezza.

La vita di un uomo era ad un grilletto dalla morte, e quel grilletto, lo stava proprio toccando lui.

E non si accorse di niente... di assolutamente niente, talmente la sua mente era annebbiata.

Preparò il colpo, stringendo i denti.

Ma bastò quell'attimo di esitazione, quel millisecondo ed uno sparo partì.

I suoi occhi verdi si spalancarono totalmente, nel vedere la testa del suo grande nemico, colui che fin dal principio avrebbe voluto vendicare, disintegrarsi di fronte ai suoi occhi.
Disgustoso sangue caldo gli arrivò in viso, insieme ad altre sostanze che preferiva non conoscere, mentre il grosso corpo di quell'incubo si afflosciava al suolo, con un tonfo, immergendosi nella neve ed iniziando a colorare quel bianco candido di uno schifoso rosso cremisi.

Il suo respiro era mozzato, mentre lentamente riabbassava la mano, tenendo lo sguardo sul corpo ormai morto di Enji Todoroki...

Ed iniziò a piangere, crollando sulle proprie ginocchia. L'adrenalina che aveva avuto in corpo, sciamò da dentro di sé, obbligandolo a lasciare andare tutte le sue energie.

Lo aveva abbattuto... Aveva abbattuto il pericoloso Endeavor, l'uomo che aveva distrutto il suo Ranch e la sua vita... colui che aveva strappato il respiro a Katsuki...

E sapeva, che doveva tornare da lui, ma aveva paura... paura di non trovare i suoi occhi rossi pieni di vita, o il suo sorriso strafottente... le sue braccia forti, pronto ad accoglierlo...

Singhiozzò, fu un pianto che durò un'infinità di tempo, mentre la disperazione lo annegava, lasciandolo quasi senza respiro.
Ma in quel dolore, uno sprizzo di lucidità gli fece accendere una sorta di lampadina dentro alla testa, facendogli sbattere le palpebre ripetutamente, alla ricerca della sua pistola.

Un colpo era stato sparato... Ma...

Si strofinò il naso con la manica della giacca, mentre con le mani tremanti si rigirava tra di esse la pistola, aprendola...

Aggrottò le sopracciglia, contando svariate volte i proiettili e controllando gli spazi vuoti, ma erano stati intoccati. Non un colpo aveva lasciato quell'arma.

Non un colpo aveva abbandonato la canna, per schiantarsi contro il suo avversario. Quindi nessuno dei suoi proiettili aveva scavato nelle cervella di Endeavor...

Si asciugò frettolosamente le lacrime, gemendo infastidito e confuso, mentre ricontrollò un'altra volta le pallottole.

No... lui non aveva sparato nessuno colpo.

I suoi occhi, come se fossero attratti da qualcosa, lentamente iniziarono a sollevarsi, richiamati da una forza invisibile... Una forza che gli fece ricominciare a battere il cuore.

 Una forza che gli fece ricominciare a battere il cuore

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𝙶𝚞𝚗𝚜 & 𝙻𝚘𝚟𝚎 - 𝚁𝚎𝚟𝚎𝚗𝚐𝚎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora