Capitolo 1.

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"Gioia..."

Mia madre mi chiama con la voce rotta dal pianto.

La dolce voce di mamma mi sta chiamando, ma io la sento così ovattata.

"Gioia amore, non è colpa tua..."

Lei mi parla, ma io non la sento.

Sono troppo concentrata a guardare quel corpo steso per terra e le mie mani insanguinate.

Ma che ho fatto?

Il corpo di mio padre è steso lì per terra con un coltello da cucina conficcato nella schiena.

E sono stata io a conficcarglielo.

Ma come ho potuto?

Ho ucciso un uomo, per di più mio padre.

Le buone ragioni le avevo, ma ciò non giustifica che sono un'assassina.

Io, Gioia Rinaldi, ho appena colorato tutta la mia vita di rosso.

Proprio come la vita di Munch, già.

Munch aveva visto per tutta la sua infanzia e la sua giovinezza il sangue, il sangue che ogni giorno la madre e la sorella sputavano a causa della tubercolosi, e per questo lui fu perseguitato dal rosso.

Ma come si fa?

La mia vita è sempre stata colorata di giallo.

Anche se ultimamente era più nera, nera come l'inchiostro di quelle penne che ogni giorno consumavo a decine.

Ma adesso che la mia vita è rossa, cosa faccio?

"Gioia...sono stata io...okay?"

Mia madre si lancia praticamente addosso e io non avendo la forza lascio cadere entrambi i nostri corpi per terra mentre dai miei occhi iniziano a scendere lacrime incontrollate.

"N...no" scuoto la testa io.

"Gioia...perfavore."

Il dialogo tra me e mia madre viene interrotto dal continuo suono del campanello di casa.

Mia madre a fatica si alza da terra e va ad aprire.

"Buonasera...dei vostri vicini hanno segnalato delle urla violente, siamo venuti a controllare che sia tutto okay."

"Si...è tutto okay"

Ma che fa?

Vuole nascondere un cadavere?

Non posso permetterlo.

Con la poca forza rimasta mi alzo e avanzo verso l'ingresso. Mia madre sta per richiudere la porta.

"No!" urlo andando verso i poliziotti "Non è tutto okay...c'è..." mia madre mi fissa scuotendo la testa in senso di negazione "... c'è un uomo morto in cucina...l'ho ucciso io."

Subito i poliziotti riaprono la porta con forza e corrono in cucina. Dopo qualche momento un poliziotto ritorna da noi.

"Signorina...è vero quello che dice?"

"Si...l'ho fatto per...per difendermi." balbetto con difficoltà.

"Okay...venite entrambe con noi in commissariato."

Ci portano giù, nella macchina della polizia.

Mamma non fiata.

Non voleva mi prendessi le colpe ma è giusto così.

Ho ucciso papà ed è giusto che sia io a pagarne le conseguenze.

Mamma ha sofferto fino ad ora e non penso che la sua situazione possa migliorare in una cella.

Sono minorenne e la pena che dovrò scontare sarà di certo minore e meno straziante.

"Mamma..."

"Gioia..."

"Mi dispiace...per tutto."

"Non è colpa tua...mi hai salvato la vita e... e te ne sarò per sempre grata...ma ad un prezzo così alto..." dice singhiozzando.

Ma come siamo arrivati a questo?

Eravamo una famiglia così felice.

E ora, improvvisamente, sono in una macchina della polizia con mia madre perché ho ucciso mio padre.

Dai miei occhi continuano ad uscire lacrime silenziose e non so come fermarli.

E ho paura.

Ho tanta paura.

Una vita gialla, insieme. -Carmine Di SalvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora