Capitolo 8.

3.4K 90 10
                                    

Gioia

Cavolo, non pensavo che sarei riuscita a raccontare almeno una parte della mia storia a Carmine.

Sarò molto sincera, ho paura che adesso lui la usi contro di me, ma nel momento in cui lui mi ha raccontato la sua di storia io mi sono sentita libera di potergli parlare di tutto.

Anche della piccola parte che ho raccontato solo al comandante l'altro giorno.

Ma comunque non l'ho fatto, ho paura che lui inizi a provare pena per me.

E non lo posso permettere.

Però posso immaginare tutto il dolore che ha provato Carmine...perdere la moglie il giorno del loro matrimonio.

Deve essere stato straziante per lui, e io che inizialmente non potevo nemmeno vederlo.

Ora invece ho paura di vederlo, ho paura che inizi a pensare che sono una stupida.

Alla fine Carmine è un bel ragazzo, e quando mi ha stretto tra le sue braccia mi sono anche sentita, per prima volta, protetta.

Si, protetta.

Protetta da tutte quelle sofferenze che da un anno a questa parte fanno parte di me.

Protetta dalle urla di dolore mia madre.

Protetta dalle parole di mio padre.

Protetta dal suo amico che piano piano lo ha portato via da me.

E soprattutto, protetta da me stessa, dal dolore che in fondo mi causo da sola.

Può, un solo abbraccio, fare tutto questo?

Forse si, forse no, non lo so.

So solo che mentre penso a questo, e al momento vissuto più o meno un'ora fa, in sala comune qualcuno si diede di fronte a me e mi porge il mio raccoglitore.

Alzo lo sguardo e Carmine mi sorride.

"Tieni bella addormentata." ride lui prendendomi in giro.

"Grazie." gli sorrido di rimando io.

Oddio...il raccoglitore!

"Lo hai letto?" urlo spaventata.

"No...sinceramente ho pensato di farlo, ma non sono affari miei, quindi tranquilla."

Tito un sospiro di sollievo; dentro questo raccoglitore c'è la mia intera vita.

"Grazie." mi alzo e faccio per andarmene ma lui si alza e mi blocca.

"Dove vai?" mi chiede aggrottando le sopracciglia.

"Non posso andare molto lontano," ridacchio io "stavo solo tornando in cella."

"E perché? Tra poc c sta a cen, c vaij a fa." mi domanda lui.

"Io...non ho fame." gli rispondo balbettando.

"Ma come fai a non avere fame...ci sediamo insieme."

"No...davvero."

Me ne vado ma lui mi rincorre e mi ferma sulle scale dove non c'è nessun altro.

"È perché non vuoi mangiare, non perché non hai fame. È così?" mi domanda avvicinandosi pericolosamente al mio viso.

Io così non ce la faccio, un conto è avere un dialogo, conoscere le nostre storie, e un conto è volermi salvare la vita.

"Carmine ma che pensi, eh? Che adesso che mi sono minimamente esposta a te, tu possa aiutarmi in qualche modo? Se la pensi così, sappi che ti sbagli di grosso, nessuno può aiutarmi. Se sto male, se non voglio mangiare, se voglio stare da sola in cella, non sono assolutamente affari tuoi. Io e te non siamo amici, né ora, né mai. Fattene una ragione."

Carmine

"...Fattene una ragione."

Gioia se ne va, lasciandomi da solo sulle scale.

Ma perché fa così?

Oggi pomeriggio piangeva e tremava tra le mie braccia e adesso mi tratta in questa maniera.

Non so per quale motivo, ma io sento il bisogno di aiutare questa ragazza.

Prenderò molte porte sbattute in faccia, perché non è minimamente intenzionata a farsi aiutare, ma io ci proverò lo stesso.

Non importa quanto mi farò male.

Una vita gialla, insieme. -Carmine Di SalvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora