3 - la missione che non ti aspetti

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"Non si è mai grandi abbastanza per capire quanto sia preziosa la vita"

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"Non si è mai grandi abbastanza per capire quanto sia preziosa la vita"

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H a r p e r

Quando Dale ed io usciamo dall'ufficio, chiudendoci la porta alle spalle, ci incamminiamo verso il piano superiore in religioso silenzio. Io non guardo lui e lui non guarda me. E posso dire che, in questo momento, sento un particolare disagio invadermi da capo a piedi. Non cerco per forza un dialogo con lui, dato che non ci parliamo da un mese, però questo silenzio oserei dire che è quasi imbarazzante. O forse sono solo io a sentirmi in imbarazzo, mentre lui sembra indifferente alla cosa. Ci sono o non ci sono, non gli importa. Direi che è giusto.

Una parte di me sa che il mio disagio proviene già da quando l'ho visto comparire all'interno dell'ufficio e, soprattutto, da quando ho visto la sua espressione palesemente fin troppo seria. O incazzata. Non lo so, non riesco a decifrarlo, e questo silenzio di certo non mi aiuta a capirlo.

Poi mi sforzo giusto un po' e lo guardo, con la coda dell'occhio, e riesco a percepire di nuovo quello sguardo serio. Non ho idea di cosa stia pensando, vorrei credere davvero che sia solo teso per l'imminente riunione con Jordan. Sa anche lui che da quell'uomo possiamo aspettarci di tutto, che ogni sua parola non è mai prevedibile, come d'altronde sa anche che l'averci mandati a chiamare insieme potrebbe voler dire un nuovo incarico assegnato ad entrambi. In cuor mio, spero non sia così. Non voglio intrecciare vita personale e lavoro, so bene che sono due cose distinte e separate, ma in questo momento l'idea di lavorare di nuovo con Dale non mi entusiasma. E data la situazione, sono certa che non entusiasma nemmeno lui.

Altra prova ben evidente che, finire a far sesso un mese fa dopo una sfuriata da parte di entrambi, sia stato uno sbaglio.

Tuttavia, però, ho comunque un pensiero che mi tormenta. E più ci avviciniamo all'ascensore, più ci penso e più sento lo stomaco ingarbugliarsi. Ed avere Dale vicino non mi aiuta sicuramente, visto che ancora una volta è colpa sua se mi sento così tesa e colma di domande.

Arriviamo davanti all'ascensore e lui, per primo, spinge sul bottone per richiamarlo. E per fortuna, troviamo l'ascensore già al nostro piano tanto che le ante si aprono permettendoci l'accesso. Lui resta fermo, non mi guarda, ma fa comunque passare me per prima. Ed io, tirando le labbra in una linea sottile, non obbietto ed entro poggiandomi alle pareti all'interno dell'ascensore. Dale fa lo stesso, posizionandosi di fronte a me, ed è sempre lui che spinge per primo il pulsante che ci porti al piano superiore. Anche quando l'ascensore si chiude, ed inizia la sua salita, lui non mi guarda e tra noi c'è silenzio. L'unico rumore che vi è nell'aria, sono i soli rumori meccanici dell'ascensore che sale. Dovrei proporre a Jordan di installare una radio, almeno la musica sarebbe di compagnia. Credo.

Alla fine, trovo il coraggio di guardare Dale per intero. Mi soffermo sulla sua figura per un po', stando attenta a non farglielo notare. La maglietta nera che indossa, pur essendo scura, mette in particolare risalto i bicipiti allenati ed il busto impostato, così come i jeans stretti lasciano ben vedere le sue gambe perfettamente mascoline. In linea generale, Dale ha un fisico quasi perfetto dovuto anche al continuo allenamento a cui tutti noi siamo sottoposti. Ma direi che, da un anno a questa parte, forse lui è quello che ha aumentato un po' di più gli allenamenti. E se lo conosco almeno un po', l'avrà fatto per distrarsi.

Weakness. Fino alla fine.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora