12 - la nostra missione

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"Mi dai

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"Mi dai. Eppure non chiedo.
Ti proteggo. Eppure sembri così forte.
Forse funziona così, quello che chiamano Noi."

❀ ❀ ❀ 

H a r p e r

Quando rientriamo in casa, tutti e quattro, riesco a sentire il macigno nello stomaco alleggerirsi un po'. Portare avanti la recita fino al pianerottolo di casa è estenuante, ogni volta non vedo l'ora di rientrare in casa solo per poter tornare ad essere Harper e potermi muovere fluidamente. È come se, fuori da questa casa, io sia una macchina che si muove a comando. E chi tiene il comando è, contro ogni aspettativa, il mio capo che vive a Cleveland. In fondo, è lui che mi ha assegnato questa missione ed è lui ad averci dato le direttive su come comportarci.

Al mio lato, riesco a percepire Dale avere lo stesso pensiero. Mi lascia la mano, che ha mantenuto per tutto il tragitto, con uno scatto nervoso come se si fosse appena scottato. Non mi guarda, ed anche lui ha la tipica espressione di chi non vedeva l'ora di tornare nei suoi panni. Ma una cosa di cui mi accorgo, è che il suo sguardo è strano. Sembra teso, nervoso, come se avesse trattenuto la rabbia per tutto il tempo. Vorrei credere che sia solo la sua poca voglia di andare a quel comitato, eppure sento che c'è qualcosa in più.

Fino a poco fa ero io quella incazzata. Quando si sono invertiti i ruoli?

«Falli andare a dormire,» Tuona, allontanandosi verso le scale, riferendosi ai due gemelli. «E vieni di sopra.»

Questa volta sono le sue parole che potrebbero tranquillamente tradursi in "dobbiamo parlare", specialmente per il tono che usa quando lo dice. Credo di avere la conferma che sia arrabbiato per qualcosa, ma non ho idea di cosa possa essere successo. Non sa ancora di quello che ci siamo detti io e Douglas, quindi il mio cervello cerca rapidamente di mettere a fuoco tutta la serata pur di capire cosa possa averlo fatto arrabbiare all'improvviso. Ma, da un lato, riesco a dirmi che l'unico modo per scoprirlo è parlare con lui. E credo che sarà una lunga discussione ci farà andare a dormire più tardi del previsto. Questo è, ad oggi, un copione che conosco già a memoria.

Vedo Dale sparire velocemente verso il piano superiore, senza degnare me di uno sguardo né tantomento Henry ed Emma. Rimango per un attimo spiazzata dal modo brusco in cui si è allontanato, ma evito di soffermarmi troppo su ciò. Piuttosto, mi giro verso i due bambini che tengono anche loro lo sguardo rivolto verso le scale da cui è sparito Dale. Sono certa che anche loro si siano accorti del suo malumore improvviso.

«D'accordo» Sussurro, facendo un lungo e profondo sospiro. Poso le mani sulle spalle dei gemelli, ai miei lati, e li guardo. «È tardi, vi porto a letto.»

Henry si scansa all'istante, volendo togliere la mia mano dalla sua spalla. «Ci vado da solo.»

Lo guardo, e noto che anche lui sembrava non vedere l'ora di tornare alla sua vera identità. Il bambino dolce e sorridente sparisce, mostrandomi di nuovo l'Henry Cooper scontroso ed incazzato con il mondo. Continuo a ripetermi che dovrei abituarmi a questo, ma puntualmente il suo atteggiamento mi sfinisce. Tuttavia, però, non ho la voglia di mettermi a discutere con lui per stasera. Non solo perché sono stanca, ma perché so già che mi attende una possibile discussione con Dale. Per cui, controbattere ad un bambino di sette anni, in questo momento non è la mia priorità.

Weakness. Fino alla fine.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora