2 - capitolo chiuso

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"Chiunque abbia mai amato porta una cicatrice"

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"Chiunque abbia mai amato porta una cicatrice"

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H a r p e r

Dopo tanti anni in cui faccio parte di questo mondo, con il lavoro per l'FBI ed i servizi segreti, sono arrivata ad una certezza: odio lavorare in ufficio quando non ci sono missioni. Tutta la roba democratica, i rapporti scritti dopo ogni missione e le continue indagini interne, sarò sincera, mi annoiano. Credo che ciò dipenda più che altro da una questione d'abitudine, dato che i miei incarichi sono principalmente sul campo e non stando dietro ad una scrivania. So fare più o meno tutto, sia fuori che dentro l'ufficio, ma se dovessi scegliere tra starmene in ufficio e andare in azione preferirei di gran lunga la seconda opzione.

Mi piace rischiare, questo sì. E mi piace farlo fin dal primo giorno in cui sono entrata a far parte di questo mondo, a sedici anni, ma più che altro credo che sia sempre stata la consapevolezza di non avere nulla da perdere. Per questo, quando Jordan ed io ci siamo conosciuti diciassette anni fa, quando lui non era nemmeno il capo dell'FBI ma semplicemente il figlio del capo, non ho esitato dall'accettare una missione di cui conoscevo ben poco. Non mi importava se poteva essere qualcosa di rischioso perché, a quei tempi, io non avevo niente da perdere. Non avevo una famiglia, ricordo a stento gli amici che avevo in orfanotrofio. Ho rischiato e, nel rischio, ho costruito la mia vita.

Nemmeno adesso ho una famiglia, pur avendo quasi trentatré anni. Credo che avere una famiglia sia una grande responsabilità, bisogna avere la testa giusta per avercela. E se fino ad un anno fa credevo di poterla avere, di poter cominciare a pensare a come sarebbe avere una famiglia tutta mia, ad oggi non credo di essere dello stesso pensiero. Tutto può cambiare in un secondo, per questo credo che adesso non sia il momento giusto per avere una vita diversa da quella in cui sono adesso.

Non rincorro niente.
Sono convinta che, prima o poi, tutto arriverà quando sarà il momento giusto.

A volte, però, mi chiedo se anche la famiglia sia un rischio. E credo la risposta possa essere affermativa, lo dimostrano tutte quelle famiglie che non riescono a restare tali per sempre. Lo dimostra mia madre, che trent'anni fa ha partorito la figlia di un uomo che non ha mai voluto diventare padre, e che dopo sette anni non è più stata in grado di prendersene cura. E, sempre lei, lo ha dimostrato dicendo a quella bambina la bugia più grande che si possa mai dire: tornerò. Consapevole che, invece, non sarebbe mai tornata.

E quindi sì, la famiglia è un rischio.
Non tutti sono disposti a correre questo rischio.

Però, se ritornassi indietro, rifarei tutto quello che ho fatto fin'oggi. Rischierei di nuovo accettando quella missione sotto copertura, in cui fui costretta a fingermi la figlia di un padre single per smascherare il preside mafioso di un liceo, perché quella missione mi ha permesso di rinascere. Harper Young, la bambina entrata in quell'orfanotrofio a sette anni, è diventata adulta a tutti gli effetti. Ha iniziato a studiare, ad impegnarsi con dedizione, fin quando non è diventata un agente sotto copertura a tutti gli effetti.

Weakness. Fino alla fine.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora