21 - niente è facile

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"Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l'occasione per comprendere

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"Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l'occasione per comprendere."

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D a l e

C'è una situazione strana da due giorni. O meglio, più che strana, è qualcosa a cui non riesco a dare un vero significato.

Sarei ipocrita a dire che, far trovare ad Harper una margherita nella sua stanza, non mirasse a far sì che lei mi perdonasse e tornasse quantomeno a considerarmi. Lo ammetto, ci ho sperato, e ammetto anche che l'ho fatto seguendo il consiglio di una bambina di sette anni: ho fatto qualcosa per lei, qualcosa che sapevo avrebbe apprezzato.

Non nego che persino il ricordo di come sia nato il soprannome "Margherita" per lei, ad oggi che tra noi è finita da un po', faccia un po' male. Ma non importa. Per Harper la margherita è sempre stata la luce e, di conseguenza, ecco perché io ho sempre chiamato così Harper. Perché lei, invece, è sempre stata la mia luce.

Lo sa. Ma volevo che lo sapesse ancora. L'ho scritto in quel biglietto. E le ho chiesto scusa, a modo mio, se non riesco ad essere lo stesso per lei. Ad oggi, almeno, non lo sono più. Ma non mento quando dico che vorrei che questo cambiasse. E per far sì che ciò cambi, devo essere io per primo a non fare lo stronzo ogni volta in cui ne ho l'occasione. Adesso lo so.

Speravo che vedere quel fiore la convincesse a rivolgermi la parola, solo perché non parlare con lei sta diventando peggio di una tortura? Sì. Ci ho sperato con tutto me stesso.

Ma non è successo.

Quel giorno, Harper si è chiusa in camera sua fino a tarda sera. Non ha neanche mangiato quel che avevo lasciato per lei a pranzo. La sera è uscita dalla sua stanza solo per preparare qualcosa di veloce ai bambini, ed anche per me solo per il principio di non volermi lasciare morto di fame. Lo ha fatto di sua spontanea volontà, anche se avrei potuto arrangiarmi. Nonostante questo, lei avrà dato sì e no due morsi ad una fetta di pane. Poi è ritornata a chiudersi in camera.

Sarei potuto andare da lei, certo. Ed è quello che Emma, col suo solito modo di fare da impicciona e chiacchierona, mi ha spinto a fare. Ma non l'ho fatto. Non volevo esagerare. Soprattutto perché sentivo, e sento ancora, che il suo voler stare da sola c'entrasse con quel fiore e l'effetto che potrebbe aver avuto su di lei. È stato un azzardo.

Ma non me ne pento. Perché so che quel gesto è qualcosa che rappresenti non solo il nostro desiderio di avere una vita migliore, ma rappresenta anche noi. Io e lei. Da sempre.

Il giorno dopo, però, qualcosa è cambiato. Harper ha continuato a non parlarmi, ma ha smesso di evitare il più possibile di incrociarmi durante la giornata. Negli ultimi due giorni Harper non è più uscita di casa quando era sicura che io non la vedessi, al contrario, due giorni fa prima di uscire per accompagnare i bambini a scuola mi ha guardato. Di proposito. E a me è mancato il respiro per qualche secondo. Ed anche quando siamo a casa tutti e quattro, sebbene eviti ancora di parlarmi o guardarmi troppo a lungo, non si priva più di passare più di dieci minuti nella stessa stanza con me. È un buon segno, presumo.

Weakness. Fino alla fine.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora