𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟷𝟷

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"Forza, muoviti

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"Forza, muoviti...". Ringhiò scocciato il rosso mentre strattonò nuovamente la corda che era ben legata ai polsi del biondo, e il povero principe crollò nuovamente a terra, sbilanciato dalla tirata e dai dolori sempre presenti ai suoi piedi.

Eijirou Kirishima era un costante moto di caparbietà, e soprattutto... Lui era buono.
Ha sempre tentato di vedere il bene in ognuno, ha sempre dato una seconda chance a chiunque. Lui era una persona generosa, talmente tanto che spesso aveva rischiato di rimanere senza pasto o senza acqua solamente perché dei bambini ne avevano più bisogno di lui.

Un animo puro, insomma.

Eppure, in quel momento... Era irriconoscibile.
I suoi occhi erano furiosi, le sue gesta meccanizzate mostravano un lato di sé che non si addiceva proprio al suo essere.

Ma Katsuki non lo sapeva, per il principe quel bandito  era colui che lo aveva prelevato dalla sua terrazza, era colui che lo aveva lasciato a camminare kilometri sotto il sole cocente strattonato da una parte e l'altra, colui che avrebbe lasciato che quel mostro ormai defunto potesse terminare quel lavoro atroce...

Ed il principe ringhiò in risposta alla strattonata, puntando i suoi occhi fiammeggianti in quelli dell'Alpha visibilmente scocciato.

"È inutile ringhiare, torna a cuccia... - Sibilò Eijirou, puntandogli un dito contro a distanza - Non sei nelle condizioni di poter fare richieste. È già tanto che io ti stia trasportando vicino alle tende... Che schifo, puzzi di carogna".

"E di chi è la colpa, ah?!". Sbraitò il biondo, risollevandosi da terra e guardandosi le mani, colorate dal sangue secco delle ferite ai polsi e anche di nuovo, visto che il continuo sfregare non dava possibilità alla pelle aperta di richiudersi.

"Ti ho già detto che non devi osare rivolgerti a me... Soffri di perdita di memoria?". L'Alpha si gonfiò, riprendendo a camminare, lasciando uscire quel prepotente odore di cannella che fece trattenere il respiro all'Omega dietro di lui.

I due rubini osservarono quella figura a torso nudo, osservò quelle spalle larghe, decorate da guizzanti muscoli definiti.
Ogni nervo era scoperto, la tensione era disegnata. Se non lo avesse trovato così odioso e manesco, lo avrebbe potuto definire attraente.

I suoi occhi risalirono la spina dorsale, arrivando ad osservare il collo importante, i tendini erano visibili, ogni nervo tirato, eppure...

Ghignò, sollevando il mento e mostrando i canini: "Capisco il tuo caratteraccio ora... Dovresti proprio trovarti un compagno".

Bastò il tempo di terminare quella frase, che il suo corpo era nuovamente riverso a terra, piegato su sé stesso dal dolore appena arrivato.
Un pugno si era andato a schiantare sul suo addome, bloccandogli il respiro per colpa del contraccolpo.

Quella era un'esperienza a lui sconosciuta... Nessuno aveva mai osato sollevare un dito contro di lui, se non sua madre, figuriamoci fare a botte con qualcuno...

AmalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora