𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟻

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Il silenzio occupava quello spazio che sembrava una distanza di kilometri e kilometri, ma che era solamente di una decina di centimetri

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Il silenzio occupava quello spazio che sembrava una distanza di kilometri e kilometri, ma che era solamente di una decina di centimetri.
Katsuki aveva accettato quella passeggiata, volendo riuscire a chiudere quella giornata estremamente pesante che si stavano portando tutti dietro.

Non aveva propriamente accettato, come suo solito, aveva fatto schioccare la lingua, poi un cenno della testa e si era allontanato. Shouto era rimasto immobile, non avendo colto quel suo modo, ma si sollevò immediatamente quando gli occhi carichi di fastidio e quell'odore piccante che gli pungolò le narici si andarono a scontrare sulla sua figura, così lo seguì.

In silenzio.

E rimasero silenziosi anche quando raggiunsero i giardini interni del grande palazzo reale. Gli occhi bicromatici scorsero ogni parete, ogni colonna, ogni infisso, osservarono con attenzione ogni opera d'arte che caratterizzava quel luogo, lasciò scivolare con leggerezza i polpastrelli sulle lunghe e decorate tende in lino che erano appese ai portici assaporando con il tatto quei tessuti che nella sua corte non erano presenti.
Suo padre era una persona molto tradizionale... ciò che andava oltre il suo sangue e la sua civiltà non era benvenuto... ecco perché il suo spirito da conquistatore lo annegava, volendo a tutti i costi recidere ogni radice dei Bakugou per poter dare vita alla grande e potente dinastia Todoroki.

Shouto era una persona molto più semplice. Certo, dei caratteri erano stati presi dalla linea di sangue di suo padre, soprattutto la freddezza nel relazionarsi, ma per colpa di tutti gli addestramenti eseguiti e le torture a cui tutti i suoi fratelli e lui erano stati sottoposti, non aveva avuto modo di poter imparare dalle persone esterne.

Ed in quel momento... era emozionato.

Seduto sul bordo di una grande fontana, ad osservare la superficie limpida dell'acqua, di fianco al principe Bakugou Katsuki, lui era emozionato.
Non sapeva cosa dire, non sapeva che discorso intavolare per poter iniziare una conversazione con quel ragazzo che non faceva altro che rilasciare quell'aroma pungente che gli faceva prudere il naso, ma mai sollevò un dito per poter soddisfare quel desiderio di grattarsi. Gli sarebbe piaciuto, no? Quell'aroma...

Le iridi spaiate si risollevarono, osservando quel corpo che sembrava essere stato scolpito sul granito. Quella pelle così pallida lo attirava, era luminosa e sembrava così liscia al tatto, delineata da muscoli disegnati con lo scalpello, e quegli abiti così delicati, candidi, gli donavano. 

"Sei... bellissimo". Con noncuranza lasciò uscire quelle parole dalle sue labbra, non riuscendo a non guardarlo, perché lo era davvero. Sembrava un dipinto, disegnato dai migliori artisti e reso reale dai migliori scultori.

Le iridi rosse si incatenarono di scatto a quelle bicromatiche, mentre si sollevò dalla sua postazione con un'espressione indecifrabile stampata sul volto. 

Sei bellissimo.

Sollevò il labbro inferiore, mostrando i canini, mentre un ringhio di sottofondo iniziò a fargli vibrare la gola.
Nella sua mente solamente una domanda, o meglio, un'affermazione rimbombava nelle pareti del suo cranio: come osava?
Un rilascio improvviso dei suoi ormoni infastiditi fecero sollevare le sopracciglia all'Alpha, che si alzò immediatamente dalla sua postazione, portando le mani in avanti come per calmare l'animale che si stava risvegliando.

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